Capitolo 3

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Le parti scritte in corsivo, sono riflessioni della protagonista.
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Jonathan mi accarezza una guancia e mi guarda, fa scorrere la sua mano sotto il vestito. Al contatto con la sua pelle calda, il mio corpo freddo sobbalza, i miei muscoli si rilassano e la mia mente si libera di tutto. Probabilmente il mio corpo ha questa reazione solo per il fatto che ho bramato tanto un qualunque contatto fisico con lui, anche per vedere solo se le sue mani fossero morbide o ruvide.
Il suo viso così vicino al mio mi fa tremare e il suo fiato caldo mi porta in un sogno, un sogno che chiunque ha ma lo reprime con tutto se stesso. I sogni proibiti...

"Non posso, no, non posso. Sono uno sporco, lurido, ubriaco. Sono pazzo, troppo pazzo per te. Tu non meriti uno come me, dobbiamo sposarci ma non ti aspettare niente da parte mia." Dice per poi prendere la sua giacca e andare via.
Mi lascia ogni volta senza parole, il mio cuore va veloce, il mio corpo è in subbuglio ma tutto quello che mi circonda va a rallenty. Il mio corpo inizia a raffreddarsi, il sangue che scende dalle mie mani, i vestiti strappati, le urla, le mie urla. Buio, il buio totale. Il buio che tanto mi fa paura, può succedere di tutto al buio.

Una sensazione di scomodità e fastidio mi fa svegliare. Sono sul pavimento freddo di questa stanza, il buio della notte inizia a coprirla e l'ansia mi assale. Mi alzo e subito esco in giardino, sicuramente ora in testa si formerà un bel bernoccolo. La fortuna sta proprio nel fatto che il tavolo su cui ero seduta era basso.
Entro in casa e i signori Parker sono sul divano con i miei genitori a parlare e bere alcolici. Io, cercando di fare il meno rumore possibile, vado in cucina e prendo un sacchetto di ghiaccio. Salgo le scale e vado in camera mia, mi chiudo dentro e mi siedo sul letto poggiando il ghiaccio sulla testa.

Dopo una ventina di minuti mi alzo dal letto e vado a salutare i signori Parker.
"Mamma, papà io domani vado con Tecla a fare shopping." Dico chiudendo la porta.
"Noi domani ci dedichiamo al giardino. Tuo padre ha il giorno libero e Maria deve fare le pulizie grandi. Non vogliamo disturbarla e le diamo una mano con il giardino." Dice mia madre aiutando Maria a togliere le cose dal tavolino.
Io annuisco e mi congedo. Salgo le scale e vado subito a spogliarmi, metto i panni nel cesto della lavanderia.

La nostra famiglia, anche se molto ricca, ha scelto di dedicarsi sempre alla campagna. Io sono cresciuta qui e a scuola, infatti, avevo proprio il soprannome "ragazza di campagna". Non mi ha mai toccato questo soprannome perché io veramente amo abitare qui. Amo il verde, i fiori, i frutti raccolti dal nostro giardino, la nostra serra, leggere un libro sotto all'albero, amo tanto l'altalena che è stata legata, da mio padre, vicino a quell'albero. L'albero che io sto citando è un po' lontano da qui, vicino a un piccolo laghetto, io ogni volta che ho bisogno della mia tranquillità e serenità mi reco lì con il mio libro preferito.

Entro in camera e subito accendo la mia lampada, non posso dormire al buio...non stanotte. Una volta chiusa la porta mi metto a letto, amo sentire le lenzuola fresche sul mio corpo. Ho scoperto questa sensazione quando un giorno decisi di provare a dormire in intimo e da allora non ho più smesso. Prendo il mio libro e mi soffermo sulla frase da me sottolineata, il mio pensiero passa a Jonathan. Lui è così strano, quasi bipolare, ma chi sono io per disprezzare lui e la sua vita? Io che vivo la mia relazione fingendo, io che faccio una vita quasi simile alla sua.
Mi giro verso la finestra e sono tentata di scappare da questa vita, per sempre. I miei genitori mi mancherebbero però, secondo me, dopo un po' ricomincerebbero a vivere.

Mi alzo dal letto, guardo la sveglia e sono le tre di mattina, metto la vestaglia e decido di fare un giro in giardino. Morfeo come tutte le sere non vuole farmi visita, non prima che sorga il sole. Quando le tenebre e il buio saranno scomparsi io potrò dormire sogni tranquilli. Apro la porta sul retro e delicatamente la socchiudo, senza fare rumore. La veranda è illuminata dalla luce dei fari intorno casa, una luce calda, familiare. Apro la porta della veranda e accendo una sigaretta, i miei genitori non sanno di questo mio vizio, è come avere la morte in mano.

La ragazza di campagna Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora