[이] A casa, in bilico

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Nelle mattine d'inverno, con il sole che entrava pallido dalla finestra e si infrangeva sul piano bianco della cucina, ogni cosa pareva meno incasinata, compresa la sua testa. Niente era a posto da quando se ne era andata di casa, ma tutto era calmo, e a lei bastava.

Se n'era andata sbattendosi la porta alle spalle; suo padre aveva provato a rincorrerla, invano. Era scappata da Hyungwon, tra i palazzi e lo smog, dove era più facile nascondersi piuttosto che tra i fiori e il silenzio della periferia.

Quell'appartamento profumava di agrumi e di vapore. Era entrata con la malinconia degli smarriti, accolta con il calore di una cioccolata calda e di un silenzio amico e comprensivo; riusciva a viverci son la leggerezza e la discrezione di un ospite desiderato.

Il rumore della porta scorrevole la destò da quei pensieri che rischiavano di farle bruciare i pancake. Le colazioni erano così, in quell'appartamento alto e silenzioso di Yungsan: ginseng, i pancake di lei, il miele e i dolci di riso della madre di lui. La calma e l'intimità che ci si poteva permettere al decimo piano di un edificio circondato dai giardini, alle sei di mattina. Con quella sensazione nuova che ti lascia una lunga doccia e il sapone alla vaniglia, i vestiti puliti e la faccia struccata.

Il ragazzo dai capelli corvini ancora umidi si sedette al piccolo tavolo di legno, iniziando a mettere tanto miele sui suoi pancake, e poi anche su quelli della ragazza seduta davanti a lui.  Fin da piccoli facevano finta che quel miele fosse sciroppo d'acero, che a loro lo sciroppo d'acero non piaceva, a faceva americano - che loro dell'America non avevano sognato altro che lo sciroppo d'acero sui pancake, come nei film.

Jisoo osservava gli occhiali puliti che lui portava sul bordo del setto nasale; una gocciolina d'acqua se ne stava tremolante e indecisa tra la lente e la montatura.

Hyungwon appoggiò la tazza con il ginseng sul tavolo, le mani arrossate.
«Sei a casa, Ji » Le passò il piatto con i suoi pancake. «Puoi metterci tutto il miele che vuoi».


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I turni di mattina al locale erano diventati i suoi preferiti. Jisoo passava le prime ore del mattino a preparare bicchieri tazzine e bottiglie sulle mensole dei superalcolici, dietro al banco del bar, per poi imparare da Jimin la preparazione di qualche cocktail e infine dedicarsi alla sistemazione dei tavoli per i primi clienti.

A quell'ora qualcuno iniziava ad entrare per la prima colazione e dalla cucina cominciavano ad arrivare l'agrodolce di un kim'chi e il vapore delle zuppe.

Quella mattina aveva appena posato la prima tovaglietta quando dall'ufficio del capo vide uscire quella che doveva essere la nuova ragazza in prova: già vestita dell'uniforme color petrolio, ringraziava Hoga con un a stretta di mano e un sorriso a trentadue denti. Jimin, sentendone la risata, si sfilò di dosso il grembiule bagnato e sbucò dal banco bar appena la ragazza fece un passo nel locale.

cicatrici su tela [k.j.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora