Psiche dolcemente adagiata su un morbido prato, in un letto di rugiadosa erbetta sentì l'animo suo liberarsi di tutta l'angoscia e placidamente s'addormentò. Dopo aver riposato abbastanza si levò tranquilla e vide un boschetto fitto di alberi alti e frondosi e una sorgente d'acque cristalline e, proprio in mezzo al bosco, non lontana da quella fonte, vide una reggia, costruita non dalla mano dell'uomo ma per arte divina. Fin dalla soglia ci si accorgeva subito che si trattava della dimora splendida, fastosa di un dio. Il soffitto a cassettoni finemente intarsiati di cedro e d'avorio, era sostenuto da colonne d'oro, le pareti tutte rivestite da bassorilievi d'argento raffiguranti belve e altri animali nell'atto di balzare su chi entrava. Un uomo certamente straordinario, un semidio forse, anzi un dio di sicuro, chi aveva, con un'arte così magistrale, animato tutto quell'argento. Anche i pavimenti di preziosi mosaici spiccavano per la varietà delle composizioni. Beati, oh, sì, veramente beati quelli che avrebbero potuto camminare su quelle gemme e su quei gioielli. D'altronde, anche il resto della casa, in lungo e in largo era di valore inestimabile: i muri erano formati da blocchi d'oro e brillavano di luce propria, così che quel palazzo risplendeva di per sé anche senza la luce del sole, tanto sfolgoravano le stanze, i porticati, le stesse porte. Tutte le altre cose erano perfettamente intonate alla magnificenza regale di quella casa sì che veramente sembrava che quel divino palazzo fosse stato costruito per il sommo Giove come sua dimora terrena.
Attratta dall'incanto del luogo Psiche s'avanzò, poi fattasi coraggio varcò la soglia e , presa dalla curiosità di quella mirabile visione, si mise a osservare attentamente ogni cosa. Vide così, in un'altra ala del palazzo, loggiati dalla linea stupenda, pieni zeppi di tesori: c'era tutto quanto si potesse desiderare e immaginare. Ma la cosa straordinaria, più ancora di tutte quelle meraviglie, era che nessuna chiava, nessun cancello, nessun custode difendeva quelle ricchezze. Mentre con sommo piacere ella contemplava tutto questo, sentì una voce misteriosa che le disse:< Signora, perché stupisci di fronte a tanta ricchezza? Ciò che vedi è tuo. Entra in camera e lasciati andare sul letto e comanda per il bagno, come ti piace. Queste voci sono quelle delle tue ancelle, pronte a servirti, e quando avrai terminato di prenderti cura della tua persona, non dovrai attendere per un pranzo regale.>
Psiche comprese che tutta quella grazia era un segno della divina provvidenza e seguendo le indicazioni delle voci misteriose prima con il sonno poi con un bagno si liberò della stanchezza. Fu allora che vide, poco discosta, una tavola semicircolare già apparecchiata per il pranzo e pensando si trattasse del suo, volentieri si sedette. All'istante, senza che nessuno servisse, ma come spinti da un soffio, le vennero recati vini pregiati, svariate pietanze. Non riusciva a vedere nessuno, sentiva solo un rimbalzar di parole e aveva per ancelle soltanto le voci. Dopo quel pranzo squisito un essere invisibile entrò e cominciò a cantare e un altro ad accompagnarlo sulla cetra ma Psiche non riuscì a vedere nemmeno questa; poi le giunse all'orecchio un concerto di voci: si trattava di un coro, ma anche questa volta non vide nessuno.
Quando queste delizie cessarono, l'ora tarda invitò al sonno Psiche. Ma nel cuor della notte un rumore leggero le giunse all'orecchio. Ella era sola col suo pudore di vergine e trasalì, cominciò a tremare di paura, a temere l'ignoto che la circondava più che un pericolo reale. Ma era il suo sposo invisibile che veniva a lei che entrava nel suo letto e la possedeva, e che prima dell'alba s'era già dileguato. Questo si ripeté per molto tempo e come di solito accade l'abitudine finì col rendere piacevole a Psiche questa sua nuova esistenza e il suono di quelle voci misteriose, col consolare la sua solitudine. Nel frattempo i suoi genitori invecchiavano in un dolore e in un lutto inconsolabili. La fama di quanto era accaduto s'era sparsa in lungo e in largo e anche le sorelle maggiori erano venute a sapere ogni cosa. Tristi e angosciate, esse avevano lasciato le loro case e in fretta e furia erano corse a consolare i loro genitori.
Quella notte stessa lo sposo disse alla sua Psiche- infatti, benché invisibile, lei poteva udirlo e toccarlo come un marito in carne e ossa-:< Psiche, mai dolcissima e amata sposa, il destino crudele ti minaccia di un terribile pericolo, per cui ti prego di essere molto prudente. Le tue sorelle, angosciate dalla notizia della tua morte si sono messe sulle tue tracce e presto verranno a questa rupe; se tu sentissi i loro lamenti, per carità non rispondere, non farti vedere, perché a me daresti un grande dolore ma per te sarebbe addirittura la fine.> Assentì Psiche e promise che avrebbe fatto come il suo sposo diceva ma quando egli con la notte si dileguò, per tutto il giorno la poverina non fece che struggersi il lacrime :<Allora son proprio morta> si ripeteva tra i lamenti <prigioniera in questo carcere d'oro, senza poter corrispondere con esseri umani, senza nemmeno poter consolare le mie sorelle che mi piangono morta, senza neppure poterle vedere.> E quel giorno non fece il bagno, non toccò cibo, non si concesse alcun ristoro. A sera il sonno la vinse che ancora piangeva disperata.
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Amore e Psiche
RomancePsiche, una bellissima fanciulla che non riesce a trovare marito, diventa l'attrazione di tutti i popoli vicini che le offrono sacrifici e la chiamano Venere (o Afrodite). La divinità, saputa l'esistenza di Psiche, gelosa per il nome usurpatole, inv...