Venere e Psiche.

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Intanto Venere rinunciando a valersi per le sue ricerche di mezzi terreni decise di tornarsene in cielo e ordinò che le fosse allestito il cocchio che Vulcano, l'orafo insigne, le aveva fabbricato con arte raffinata per offrirgielo come dono di nozze alla vigilia della prima notte. era un carro bellissimo per lìopera sottile della lima che togliendo l'oro superfluo lo aveva ancora più impreziosito. Delle molte colombe che sostavano dinanzi alla camera della dea, quattro, bianchissime, vennero avanti e com graziosi passi, muovendo qua e là il collo iridato, si sottoposero al giogo tempestato di pietre preziose, attesero che la loro signora fosse salita e poi riprese il volo. In corteo, dietro il carro, folleggiavano i passeri in lieta gazzarra e gli altri uccelli con canti modulati e con dolci gorgheggi annnziavano il suo arrivo. Le nubi si ritrassero, il cielo si spalancò per ricevere sua figlia e l'altissimo etere gloriosamente accolse la dea, nè volo d'aquile o di rapaci sparvieri impauriva il canoro corteggio della grande Venere.

Ella si diresse difilato al gran palazzo di Giove e senza mezze misure chiese che, per un suo progetto, le fosse messo a disposizione Mercurio, il dio banditore. Il nero sopracciglio di Giove le disse di sì e Venere, tutta trionfante, lasciò il cielo rivolgendosi con gran premura  a Mercurio che la seguiva. <Fratello Arcade, tu sai che tua sorella Venere non ha mai fatto nulla senza l'aiuto di Mercurio e saprai da quanto tempo è che io non riesco a sapere dove si nasconda quella ragazze. Non mi rimane altro che annunciare pubblicamente attraverso un tuo bando che io darò un premio a chi la troverà. Fa, però, alla svelta e vedi di essere chiaro, di illustrare bene i suoi connotati, in modo che ognuno possa individarla e, se contro le leggi si sia reso colpevole di averle dato ospitalità, non abbia poi a trovare scuse di non sapere nulla.> Così dicendo gli porse un foglio dove era segnato il nome di Psiche e ogni altra indicazione. Poi se ne tornò subito a casa.

Mercurio obbedì all'istante. Si mise a correre per tutte le terre del mondo per eseguire l'incarico di banditore che gli era stato affidato: "Chiunque catturerà o indicherà il luogo dove si nasconde una figlia di re, schiava di Venere, datasi la fuga, di nome Psiche, si rechi dal banditore Mercurio dietro le colonne Murzie. A compenso della denunzia riceverà da Venere in persone sette dolcissimi baci e uno ancora più dolce a lingua in bocca." Un bando come questo, gridato da Mercurio, e il desiderio di guadagnarsi un premio simile eccitò ogni uomo e tutti gareggiarono in zelo e questo tolse a Psiche ogni ulteriore incertezza Mentre ella si avvicinava al palazzo di Venere l evenne incontro la Consuetudine, una delle schiave della dea che, con tutta la voce che aveva in corpo, cominciò e investirla:< Finalmente hai cominciato a capire che hai una padrona, serva d'una malora! Oppure con l atua solita impudenza ora fai anche finta di non sapere quanti fastidi ci hai dato per venirti a cercare? E sta bene, ora però mi sei capitata fra le mani e quindi sii pur certa che sei caduta nelle grinfie dell'Orco e quanto prima la pagherai, e come, questa tua insolenza.> E afferatala bruscamente per i capelli cominciò a strascinarla senza che quella poverette potesse minimamente reagire. Quando Venere se la vide portare davanti sbottò in una sonora sghignazzata e scuotendo la testa coem di solito  fa chi ribolle dalla rabbia a grattandosi l'orecchio destro:<Finalmente> le gridò <ti sei degnata di venire a salutare tua suocera! O forse sei venuta a far visista a tu amarito in pericolo per la ferita che gli hai procurato? Ma sta tranquilla, ti farò l'accoglienza che merita una brava nuora come te> e soggiunse:< Dove sono Angoscia e Tristezza, le mie ancelle?> e fattele entrare ad esse l'affidò perchè la torturassero; e quelle, esegendo a puntino l'ordine della padrona, cominciarono a lavorare di scudiscio sulla povera Psiche e a staziarla con torture di vario genere, poi gliela riportarono davanti. E Venere nuovamente scoppiò a ridere:< Sta a vedere che io adesso debbo commuovermi per quel suo ventre gravido che dovrebbe farmi nonna felice di una prole illustre. Sì, proprio felice: nel fiore degli anni essere  chiamata nonna e il figlio di una miserabile schiava passare per nipote di Venere. Ma stupida anch'io a chiamarlo figlio, che mica è valido il matrimonio fra persone di diversa condizione sociale celebrato, poi, così, in campagna, senza testimoni, senza il consenso del padre; perciò questo che nascerà sarà n bastardo, ammesso pure che io ti lasci portare a termie la gravidanza.>

Così dicendo le si precipitò addosso e cominciò a lacerarle i mille brandelli la veste, a strapparle i capelli, a scuoterla per il capo, a colpirla furiosamente.    

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