Capitolo 6 - Il gioco delle domande

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-Comincio io- disse Stiles. Ci pensò un po' su. -Da dove vieni?-
-Ehm... Denver.- rispose Newt. Non era una bugia completa: in fondo era morto lì.

-Tocca a me.- disse Newt. Si finse pensoso per qualche attimo.
-Tu dove abiti?-
-È una vendetta questa?-
-Diciamo...-
Fu il turno di Stiles a scrivere su un foglietto il suo indirizzo.

-Okay, fammi pensare...- disse poi -Ti chiami veramente Newt? Cioè non è un soprannome o un diminutivo?-

-No. Mi chiamo Newt, davvero. Tu invece, perché ti fai chiamare Stiles?-

-È complicato. Era il soprannome che davano a mio nonno nell'esercito. È diventato di famiglia...-

Stiles si guardò intorno un attimo pensieroso, come per decidere se dire qualcosa o no.

-Perché tutti si ricordano di te e a me sembra di non averti mai visto?-
-Io non... non lo so.- balbettò Newt -Io... Sono sempre stato qui. Insomma...-
-Non è vero.-
-Perché dici così?-
-Se fossi veramente stato qui tutto il tempo, mi avresti corretto subito e determinato. Nessuno ama parlare, ma tutti amano contraddire.-
-Oh, grazie di questa perla, Sherlock.-
Stiles guardò il biondo, serio. -Che cosa sei?-
-Aspetta- Newt cercò di sviare la domanda -tocca a me.-
-Non dire caspiate, rispondi.-

Newt ammutolì.
-Che hai detto?-
-Ho detto che devi rispondere, sei sordo?-
-No, intendo prima.-
-"Che cosa sei?"-
-No, dopo.-
-Senti, amico, deciditi.-
-Tu hai detto "Non dire caspiate".-
-Caspiate? Ho detto "caspiate"?- Stiles guardò Newt interrogativo -Cosa sono le "caspiate"?-
-È un... eufemismo. Lo usavamo io e... alcuni miei amici.-

Stiles si portò le mani alla testa.
-Ahia, che male!-
-Che hai?-
-È come se un martello colpisse dall'interno il cranio.-
Stiles gemette di dolore. Si strinse i capelli fra le mani con tanta forza quasi da strapparli.

-Stiles- lo chiamò Newt.
L'amico non rispose. Continuava a gemere in preda al dolore sdraiato sul pavimento.
-Stiles! Stiles!-
Niente.

-THOMAS!-
Senza riflettere, senza badarci, Newt urlò quel nome.
Il moro smise di dimenarsi e tirò su la testa.

-Newt.- disse.
La voce era la sua, era di Thomas, Newt lo sapeva.
-Thomas.-
-Aiutami, Newt- Lacrime scendevano sul viso di Thomas -Aiutami. Per favore, Newt. Per favore.-
Il biondo toccò la mano di Thomas. Era fredda e tremava. Newt la strinse.

Thomas abbassò la testa, e quando la rialzò, non era più Thomas.
I capelli erano all'insù e quando parlò la voce era diversa.

-Cosa... Cosa è successo?- chiese -Cosa mi hai fatto?!-
-Thomas, io...-
-Chi è Thomas?!- sbottò -Io non sono Thomas, smettila di chiamarmi Thomas!-
Stiles tolse la mano dalla presa di Newt, si rialzò e indietreggiò.
-Cosa mi hai fatto?!-
-Niente. Te lo giuro, Stiles, non ho fatto niente.-

Stiles si asciugò le lacrime con la manica.
-Che cosa sei?-
-Sono un umano. Sono un semplice umano, come te. Forse un po' più... sfortunato. Ma sono umano.-

-No, no, no.- disse Stiles -È impossibile. Non ci credo.-
-Stiles...-
-Pochi minuti fa, qui, c'era un altro ragazzo, vero?-
Newt non rispose.
-Un ragazzo che tu conosci, un ragazzo che si chiama Thomas.-
Newt tacque.
-Di' qualcosa, per favore. Per favore, Newt, per favore.-

Il biondo non riusciva a dire una parola. La campanella suonò e Stiles uscì dall'aula.
Newt rimase solo, bloccato, immobile, mentre là fuori il mondo continuava a girare.

***

-Tu ci vai?-
-Dove?-
-Alla festa di Marge Glow, domani.-
-Scott, ma mi senti? Newt Harington non è normale!-
-Stiles, non capisco cosa ci sia di strano. Avete parlato, tu hai avuto una specie di attacco di panico e l'hai lasciato lì da solo, dopo che ti ha aiutato. Semmai tu non sei normale.-
-Oh, ma dai, Scott, sei serio? Hai intenzione di far finta di niente e spassartela ad una festa?-
-Stiles, puoi farmi il piacere di non pensare al paranormale per cinque minuti e venire con me a quella festa?-
Stiles alzò gli occhi al cielo e annuì.

Remember || NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora