Capitolo quarto

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«CATACLISMA!»

    L'albero esplose in una pioggia di schegge e foglie che ricadde sull'area circostante. Non appena scemò, rese visibili nuovamente i due eroi di Parigi in assetto da battaglia; un po' ammaccati, forse, ma più determinati che mai ad avere la meglio sull'ennesima vittima di Papillon.

    «Mi sono stancato della tua immotivata gelosia, bestione!» esordì Chat Noir, sdoppiando il proprio bastone ed impugnandolo con entrambe le mani. Non poté aggiungere altro perché il suo miraculous emise un breve suono intermittente, segnalando che mancavano solo pochi minuti prima che l'effetto della trasformazione avesse fine.

    «Va'», gli suggerì Ladybug, rimanendo sulla difensiva e roteando a mezz'aria lo yo-yo, gli occhi ancora incollati sul mostro che aveva iniziato ad avanzare di nuovo nella loro direzione a lente ma pesanti falcate. «Lo terrò impegnato finché non sarai di ritorno.»

    «Sta' attenta», la pregò il giovane, e senza lasciarselo ripetere una seconda volta, scappò a cercare riparo nelle immediate vicinanze. «Plagg», chiamò quando fu certo di non essere visto da anima viva, «trasformami.» Una luce abbagliante lo percorse dalla punta dei piedi a quella dei capelli, rivelando di nuovo le sembianze di Adrien, pronto ad afferrare al volo il piccolo kwami prima che precipitasse al suolo. «Ehi! Tutto bene?» domandò con preoccupazione, notando la sua aria spossata.

    Plagg lo fissò da sotto le palpebre pesanti. «Ho fame», rantolò disperato. Il giovane sospirò e tirò fuori dalla tasca della camicia un pezzo di camembert. Il kwami parve resuscitare all'istante, quasi come se l'odore pungente di quel formaggio fosse stato un cordiale messo sotto al naso di una damigella d'altri tempi, venuta meno a causa del corsetto troppo stretto.

    «Sbrigati, abbiamo lasciato Ladybug da sola contro quel bestione.»

    «Non mettermi fretta, se mi ingozzo poi rutto e tu ti arrabbi con me.»

    Portandosi una mano alla fronte, Adrien si impose di portare pazienza. «Spero di cuore che almeno il kwami di Ladybug sia meno snervante.»

    «Tikki è talmente buona e perfetta da sembrare noiosa», gli fece sapere Plagg, la bocca piena per metà. «Un po' come te.»

    Ignorando a bella posta l'ultimo commento, il ragazzo inarcò le sopracciglia e sorrise. «Quindi si chiama Tikki. È un nome grazioso.»

    «Sei ancora deciso a scoprire chi si nasconde dietro la maschera della tua innamorata?»

    Adrien ci pensò su. «Sì», rispose dopo una manciata di secondi. Ogni volta che Ladybug gli era vicino, il suo cuore iniziava a battere come un tamburo e i suoi neuroni diventavano schegge impazzite, al punto che, se solo avesse potuto, avrebbe mandato alla malora ogni prudenza e si sarebbe precipitato a sfilarle il miraculous della Coccinella dalle orecchie solo per baciare il suo viso senza maschera. Eppure... Eppure quando incrociava il suo sguardo puro e sincero, ogni suo istinto veniva domato all'istante: non poteva tradire la sua fiducia, non se lo sarebbe mai perdonato. «Non oggi, però», si arrese a sospirare con un mesto sorriso sulle labbra, decidendo di aspettare ancora. Nel frattempo, avrebbe cercato almeno di convincere Ladybug della sincerità delle sue parole d'amore.

    «Sono pronto», gli fece sapere Plagg, che aveva finalmente ingollato l'ultimo boccone di camembert. «Torniamo pure dalla tua bella.»

    Un attimo dopo, Chat Noir era di nuovo sul campo di battaglia, pronto a dar manforte alla propria partner. Prima di raggiungerla, però, dall'alto di un cornicione scorse una figuretta accovacciata a terra e nascosta dietro ad un cartellone pubblicitario, che sbirciava in direzione dello scontro. Il giovane la riconobbe al volo e subito si precipitò verso di lei, ritenendola poco al sicuro così vicina alla scuola. «Cécile!»

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