Un passo indietro, parata. Un passo avanti, affondo.
Il modo in cui Adrien stava affrontando quel giorno la lezione di scherma non era propriamente serio. Si limitava soltanto a muoversi in modo meccanico, seguendo le posture base che gli erano state spiegate durante i primi insegnamenti da monsieur D'Argencourt. Il fatto era che la sua mente continuava a vorticare attorno ad un unico pensiero: in che modo avrebbe potuto scoprire la vera identità di Ladybug? Oltretutto, dopo la chiacchierata fatta al parco con Marinette il giorno prima, Plagg si era preso il disturbo di fargli notare che, se solo ci avesse provato, sarebbe andato contro i desideri dell'amata – che invece voleva celare a tutti i costi il segreto persino a Chat Noir, il suo più fido alleato.
«Ti ricordo che tempo fa avevi deciso di seguire il tuo cuore, rispettando così la sua volontà», gli aveva detto il piccolo kwami, fungendo almeno per una volta da grillo parlante. «Perché ora, di punto in bianco, hai deciso di cambiare idea? Solo per via di ciò che ti ha detto Marinette?»
No, non era solo quello a farlo vacillare. C'era in ballo molto di più: il suo cuore, ovvero ciò che, paradossalmente, lo aveva sempre spinto a lasciare in pace Ladybug. Se lei lo avesse rifiutato, o se si fosse rivelata una persona che nella quotidianità non riusciva ad incontrare la sua simpatia, cos'avrebbe fatto, lui? Ne sarebbe uscito deluso, amareggiato, spezzato. Aveva bisogno di sapere, aveva bisogno di conferme.
Ormai aveva deciso. La sua determinazione al riguardo si manifestò anche fisicamente, attraverso il duro affondo che inflisse all'avversario, colpendolo al fianco con il fioretto e facendogli persino perdere l'equilibrio in modo imbarazzante. Se ne rese conto solo quando lo sentì soffocare un'imprecazione. «Stai bene, Roland?» si affrettò allora a domandargli, sollevando la maschera da schermidore dal viso e tendendogli subito la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. «Mi dispiace, non credevo di averci messo tanta forza.»
L'altro accettò di malavoglia il suo invito e tornò in piedi stringendo le labbra in una smorfia di disappunto. «Sì, beh, fa' attenzione, la prossima volta», lo redarguì in tono infastidito. Roland era forse l'allievo più promettente di monsieur D'Agencourt, da sempre l'unico imbattuto negli scontri con i compagni; almeno fino a che Adrien Agreste non si era unito a loro. Non era la prima volta, quella, che lo metteva al tappeto, e per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, Roland non riusciva ad accettare l'idea di essergli inferiore.
Poco meno di mezz'ora dopo, la lezione ebbe termine e lui tirò un vago sospiro di sollievo. Certo era ancora nervoso per non essere riuscito a recuperare il punto segnato dal suo avversario, ma quel pomeriggio aveva deciso di non pensarci: sapeva che all'uscita di scuola avrebbe trovato la sua migliore amica ad aspettarlo. Cécile gli piaceva da diverso tempo, ormai, e sebbene non si fosse ancora fatto avanti con lei, era tuttavia riuscito ad ottenere un incontro per quel pomeriggio. Forse sarebbe stata l'occasione adatta per dirle ciò che provava. Anzi, sicuramente lo avrebbe fatto e quel pensiero, unito alla convinzione che lei avrebbe accettato di essere la sua ragazza, lo riempirono di ottimismo e di orgoglio, facendogli persino dimenticare la personale umiliazione subita durante la lezione di scherma.
Fu dunque con il sorriso sulle labbra che uscì dallo spogliatoio, orgoglioso di sfoggiare al braccio destro il polsino di pelle che l'amica gli aveva regalato due giorni prima, in occasione del suo compleanno. Si diresse verso l'uscita della scuola, bloccandosi però non appena il suo sguardo catturò una scena capace di paralizzarlo sul posto: Cécile, la sua amata Cécile, se ne stava avviticchiata al braccio di Adrien con espressione estasiata. Lo guardava come non aveva mai guardato nessun altro, in adorazione di quello che era l'idolo di molte adolescenti, immortalato da mesi sui cartelloni pubblicitari che tappezzavano la città o sulle copertine delle più importanti riviste di moda.
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Fiducia
FanfictionLe voci spaventate degli altri arrivavano ovattate alle sue orecchie, come se al momento lei stessa si trovasse in un'altra dimensione. Il fatto era che, presa com'era dal reprimere le proprie emozioni, Marinette non si era resa conto di essere sull...