Capitolo 6

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Era evidente che Chirone, forse per la prima volta, non sapeva come iniziare il discorso. Il salotto della Casa Grande profumava come al solito di tè e biscotti, mescolati all'aroma di vecchi mobili in legno. I divani erano disposti attorno al tavolincino da sala, dove vi erano i soliti dolcetti che tutti i semidei trovavano quando visitavano la Casa Grande.
Il centauro indugiava sul parquet e sembrava che volesse evitare gli sguardi degli eroi, osservandosi attentamente gli zoccoli.
Intanto Adriana, seduta a distanza di sicurezza da quello strambo ragazzo dai riccioli castani che mai aveva visto, realizzò che gruppo più strano non poteva esserci. Pareva che fossero messi lì senza criterio, perché i legami tra quei componenti erano alquanto singolari; alcuni fratelli e altri neanche si erano mai visti.
Adriana appoggiò il gomito sul bracciolo del vecchio divano e aspettò che qualcuno cominciasse a palare, sperando che si sbrigassero. Aveva lezione di scherma e moriva dalla voglia di suonarle ai figli di Demetra, che disprezzavano il lavoro di Efesto e dei suoi discendenti.
Una ragazza, dal tipico aspetto e portamento di una figlia della luce, si alzò e prese posto vicino al mentore. I suoi passi fecero scricchiolare l'antiquato pavimento, che doveva risalire più o meno all'epoca nella quale nacque il signor D.
Seymour, la testa di Leopardo attaccata alla parete, sembrava guardarli con fare diverito, come a dire "Perché questo strano branco di bocconcini semidivini? Andate via e datemi dei biscotti!"
Intanto, la giovane dai lunghi capelli castani si schiarì la voce e finalmente le cose iniziarono ad essere un po' meno imbarazzanti.
"Ciao ragazzi, mi dispiace avervi tolto dalle vostre attività, ma c'è una cosa molto importante di cui vi vorrei, anzi vi vorremmo parlare..." Si interruppe e posò lo sguardo verso Narses, seduto accanto alla sorella. Il ragazzo annuì e, esitando un attimo, andò vicino alla semidea che stava parlando.
"Per chi non mi conoscesse, io sono Lavinia Fabbri, figlia di Apollo. Magari non vi interessava saperlo, ma almeno comunicarvi il mio nome mi sembrava giusto, prima di iniziare un discorso di questo calibro"
La guardarono tutti in modo diffidente, come se a nessuno importasse di quello che voleva dire ma che contemporaneamente era temuto dai presenti. Chirone si era spostato verso il camino, per poter guardare negli occhi i due ragazzi che dominavano la scena.
Adriana si appoggiò allo schienale, cercando di comunicare in modo non verbale che l'interlocutrice aveva la sua attenzione. Il ragazzo ricciolo si girò verso la giovane hispanica, rivolgendole un lieve sorriso.
Adriana interpretò quel gesto come una sorta di presentazione, peccato però che lei non conosceva ancora quel nome.
Alyssa Jackson sembrava quella meno concentrata della sala, invece che guardare verso che colei che parlava, non la smetteva di posare lo sguardo sui fiorellini posti sul davanzale della finestra.
Ad Adriana parve strano, La figlia di Annabeth era solitamente una ragazza molto attenta, persino lei stessa, l'incarnazione dell'impulsività e della iperattività, era più interessata di lei.
"È difficile a dirsi, però non voglio girarci troppo intorno" Narses le passò un foglio un po' ingiallito e lei tornò nuovamente a parlare "Il giorno della festa io mi sono ritrovata improvvisamente nella foresta, senza neanche volerci arrivare.  Vengo investita da un'ondata di energia e, questo foglio di carta, mi cade tra le mani. " Cercò lo sguardo di Chirone, che le fece cenno di proseguire. Lei fece per parlare, ma Narses la precedette, dicendo la prima frase da quando era entrato.
"Anche io c'ero, una strana corrente mi ha condotto lì. Questo vecchio foglio di carta contiene le iniziali di tutti i nostri nomi. Non so se sia una coincidenza, ma invito tutti voi a leggerlo"
Lo passò alla sorella e nel giro di un minuto tutti i presenti avevano esaminato il suo contenuto.
Adriana rimase esterrefatta, perché quello sembrava la brutta copia di un messaggio scritto da un bambino delle elementari. Solo, molto più inquietante.
Anche Alyssa, quando lesse, cambiò espressione e si dimostrò estremamente coinvolta.
Adriana non era un'allarmista, ma dubitò che quelle lettere fossero una coincidenza.
Per quanto riguarda l'aiutatevi e l'aiutateci, tutto era molto meno chiaro, ma non per questo più convincente.
Adriana aveva un brutto presentimento.
Che tanto puzzava di profezia e impresa.
"Io ragazzi, non vorrei essere pessimista. Ma credo che sia una cosa importante..." Lavinia ci guardò a tutti, quasi volendosi scusare.
"Grazie ragazzi per aver detto ciò che dovevo essere io a dire. Adesso sta a me però. E vi comunico una cosa molto spiacevole, ma purtroppo dobbiamo essere realisti. In mattinata Narses andrà a parlare con l'oracolo."
Quando un eroe andava a cercare la saggezza di un oracolo, non era un buon segno, MAI.
***
Chirone congedò i ragazzi, obbligandoli a svolgere le attività quotidiane.
Chloe abbandonò la casa, lasciando dentro Alyssa. Voleva parlare con il fratello, era terrorizzata all'idea di quello che stava per fare.
Quando Chloe si espose nuovamente all'aria aperta, trovò la luce del sole estremamente forte e opprimente. Fu costretta a tapparsi gli occhi con il dorso della mando sinistra.
Era completamente sovrappensiero e si scordò che vi erano dei gradini sulla soglia della Casa Grande, così inciampò goffamente. Grazie agli dei non cadde, sarebbe stato imbarazzante davanti a tutta quella folla.
Perché si, vi era una grandissima massa di gente.
Semidei con l'armatura, altri muniti di arco e altri ancora vestiti normali, con la maglietta del campo.
Era ovvio che tutti volessero sapere quanto detto, nessuna persona normale sarebbe rimasta indifferente davanti ad una riunione voluta da Chirone.
Fortuna che nessuno la oppresse di domande, se la cavò sgattaiolando tra la folla. Dei ragazzi la squadrarono come per volersi avvicinare per chiederle qualcosa, ma dalla sua espressione capirono che era meglio lasciarla da sola.
Non sapeva come prendere quella notizia, negli anni della sua generazione non vi erano mai state grandi cose, soltanto delle imprese di poco conto; qualche mostro mitologico tornato e che creava problemi, recupero di oggetti perduti e voluti dagli dei, risoluzione di certe situazioni nel Labirinto, niente di che insomma.
Quel foglio era un segno pessimo e lei non era preparata psicologicamente ad affrontare un'evenienza del genere. Le sembrava che stesse prendendo vita uno dei racconti di sua madre: quelle si che erano cose terrorizzanti.
Mentre camminava in direzione del padiglione di tiro con l'arco, dove aveva lezione, tornò il flash dell'incidente che lo scorso luglio la fece tornare a casa.
Le fece accapponare la pelle.
Si strinse nella spalle e accelerò il passo.

Il padiglione di tiro con l'arco era già gremito di semidei, nonostante poco prima fossero radunati davanti alla casa grande. Riconobbe Jordan Cruz, Jonathan Fallon, Elysa Van Der Mark ed anche altri.
Elysa stava litigando con il suo arco, cercando di posizionare la freccia in modo corretto. La sua attitudine erano i Pegasi, di certo non l'arco. Non appena vide Chloe le rivolse uno sguardo urgente, che comunicava aiuto.
"Elysa, basta che... ecco!" Disse la ragazza fiera, cercando di atteggiarsi come una figlia di Apollo. Neanche lei era un asso nel tiro con l'arco, per questo era contenta di aver indovinato la presa al primo tentativo.
La figlia di Iride la guardò, rivolgendole un sorriso liberatorio "Ti ringrazio, io non ci capisco proprio nulla con questi affari. Siamo nemici"
"Neanche a me fa impazzire il tiro con l'arco, ma siamo qui per imparare, no?" Chloe era da anni che ripeteva questa frase, ma poco era migliorata da allora.
Intanto Maya Sun (Si, è una coincidenza) iniziò a tenere la lezione, spiegando le cose molto pazientemente. Durante l'ora qualche freccia colpì degli alberi, suscitando l'ira delle ninfe, ma per il resto andò bene.
La figlia di Apollo si aggirava tra i presenti, correggendo chi sbagliava. Più volte aveva aiutato Chloe, che non riusciva a posizionare bene i gomiti, ma comunque non si alterava mai e continuava le sue spiegazioni, intonate con una bellissima voce melodiosa.

"Complimenti Grace, menomale che Zeus è il dio dei fulmini e non delle frecce" Parlò una voce alle spalle di Chloe. Lei si stava dirigendo in armeria, a posare arco e faretra.
Quando si girò non si sorprese di vedere Leonardo Lucci, irritante e tagliente come al solito.
"E menomale che Ermes è il dio dei ladri e non delle provocazioni che portano a morte certa"La ragazza gli rivolse un sorrisetto furbo e continuò a camminare, senza aspettare il compagno.
Mentre passavano davanti all'arena di combattimento furono investiti dalle urla, probabilmente vi era uno scontro interessante. Forse Adriana Valdez si era presa con i figli di Demetra...
"Sicuramente mio padre ha senso dell'umorismo, a differenza tua" La sorpassò e iniziò a camminare all'indietro, rivolgendo la schiena verso la direzione delle fucine.
"Visto che mi trovi così sgradevole, perché mi aleggi sempre intorno come solo può fare il destino delle parche?" disse Chloe.
"Forse perché anche io devo posare delle cose in armeria" Rispose il ragazzo, scostandosi un ciuffo di ricci castani dalla faccia. Si ostinava a camminare così e per il volere degli dei riusciva a non urtare contro alberi o persone. Un paio di satiri lo guardarono confusamente.
"Ah sì?" Chloe non era convinta e voleva sentirsi dire che lui la cercava.
"Certo, mia signora"Erano arrivati e, con una mossa elegante, Leonardo aprì la porta del piccolo edificio alla ragazza. Quando entrarono, l'odore di muffa e metallo inondò le loro narici.
Cataste di spade, decine di tipologie di archi appesi alle pareti, innumerevoli pugnali e tante altre armi di ignota provenienza o utilità.
Chloe sistemò l'arco e la faretra.
"Molto bene, adesso fammi vedere cosa dovevi posare" Chloe incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla parete, aspettando che il compagno facesse l'azione.
Lui all'iniziò sembrò disorientato ma poi, da dentro i pantaloni, tirò fuori un coltello dalla lama ricurva, che venne gettato in uno scatole a caso. La ragazza non sapeva se essere schifata o riconoscente.
"Contenta?" Si avvicinò a lei, occupando uno spazio troppo vicino per i suoi gusti. I suoi passi riecheggiavano sul vecchio pavimento e, quando si fermò a pochi centimetri di distanza da lei, una nube di vapore si liberò nell'aria.
Aveva la schiena con il muro e ciò le impediva di indietreggiare. Non che questa situazione le dispiacesse, ma lui era pur sempre un mezzo sconosciuto.
Lui si chinò verso la ragazza e le posò una mano sulla guancia, per poi accostare le labbra al suo orecchio e dirle "Questo è il mio segreto"
Pronunciate queste parole si allontanò.
Le mostrò una dracma, che prima si trovava nella tasca dei jeans di Chloe.
La ragazza rimase con l'amaro in bocca, perché essere stata derubata non era esattamente la conclusione che si aspettava.
Lui sorrise e lanciò la moneta in aria, che lei afferrò prontamente.
"Come ci sei riuscito?"Domandò meravigliata, ma allo stesso tempo delusa.
"Te l'ho detto, è un segreto"
Detto ciò lui si appropinquò per uscire, attraversando la stanza buia e sporca. Quando arrivò davanti alla porta, si girò verso di lei, per rivolgerle un ultimo, accattivante, sorriso.
Già, in quel momento Chloe non ci aveva proprio pensato alle visioni e alla strana lettera...
Spazio autrice:
Salve ragazzi, ecco il capitolo. Cosa ne pensate? La storia vi piace? Leonardo vi attira come personaggio?
Fatemi sapere.
Baci❤️

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