Narses, stufo dei bisticci dei fratelli Grace e del fatto di non sentirsi affatto a proprio agio, si alzò dal divanetto e si incamminò dove la spiaggia non era stata adibita per ospitare una festa.
Forse fu maleducato, a lasciare i suoi amici lì senza dire nulla, ma tanto loro il giorno dopo neanche se lo sarebbero ricordato.
Gli piaceva il rumore dei suoi passi sulla sabbia, così come vedere l'impronta lasciata dal piede. In qualche modo, il mare gli dava sempre conforto e forza. Quella poi era una splendida serata, con le stelle che illuminavano la volta celeste e la luna che si rispecchiava sull'oceano calmissimo.
I rumori della festa in lontananza e i suoni della natura, come se fossero un'unica melodia. Più andava ad ovest e più la fauna si faceva sentire.
Decise di levarsi le scarpe, e così percepì meglio la forza Marina. La sensazione dei granelli freddi contro i piedi era stupenda, lo faceva sentire parte della natura stessa.
Improvvisamente però accadde una cosa alquanto strana, forse soltanto frutto della sua immaginazione.
Gli parve di vedere un barlume di luce verde verso la foresta meridionale.
Si soffermò a guardare meglio, ma non notò nulla di eccezionale.
Poi però arrivò un rumore veloce, quasi impercettibile, ma sicuramente uno scoppio.
Indugiò sulla sua posizione e guardò nuovamente nella stessa direzione, niente.
Tuttavia qualcosa, forse il suo inconscio, lo fece avvicinare al confine nord della spiaggia, dove iniziava la vegetazione.
Si sfilò le scarpe e si addentrò nella natura.
Dopo qualche graffio causato dalla presenza di arbusti, trovò finalmente un sentiero e lo percorse. Andava perlopiù a caso e non sapeva nemmeno perché, sentiva solo che doveva farlo.
Adesso voi direte "Ma questo è pazzo, cosa fai in una foresta nel bel mezzo della notte?"
Ma al volere degli dei non si comanda.
Prese un accendino e tentò di farsi un po' di luce, il tentativo tuttavia era praticamente vano.
Sentiva i rami degli alberi contro il suo corpo e percepiva che il sentiero si stava restringendo. Narses era però convinto di andare dalla parte giusta.
Forti odori cozzavano tra di loro, dall'odore di terra bagnata al profumo di erbe aromatiche. La terra diventava sempre più morbida mano a mano che si inoltrava nella foresta meridionale. Se la sua mente non lo ingannava, doveva trovarsi vicino a dove stavano i satiri.
Tuttavia, nessun gridolino di ninfa venne udito dal ragazzo.
Dato che non sentiva più i rami degli alberi contro la sua pelle e non percepiva più al tatto la presenza di tronchi, suppose che dovesse trovarsi in uno spazio.
Ed era convinto che doveva fermarsi proprio lì.
Tuttavia non riusciva a comprendere come un pezzo di terra, in mezzo ad una foresta terribile, potesse interessarlo a tal punto.
Improvvisamente dei rametti si spezzarono e Narses estrasse il pugnale, che portava sempre dietro.
Sentì dei lievi fruscii.
Lì c'era sicuramente qualcosa.
Qualcosa di vivo, che si muoveva.
Imprecò sottovoce perché non aveva le spalle coperte da qualche superficie e non riusciva a vedere oltre il suo naso.
Cercò di concentrarsi sull'udito.
I fruscii aumentarono, un insieme di foglie secche calpestate e di ramoscelli rotti.
I riflessi del ragazzo in massima all'erta.
Pugnale alla mano.
Poi iniziò ad udire il respiro, molto forte, sembrava quello di una persona stanca e senza fiato.
Qualcosa gli afferrò il braccio e la sua lama scattò.
Tuttavia non lacerò niente, dato che gli afferrò il pugnale prima che potesse arrivare al tessuto.
"Narses sono io" parlò una voce familiare, che sulle prima non riconobbe.
Fece un sospiro di sollievo.
Non si trattava di nessuna creatura feroce o intenta a dilaniarlo, semplicemente di una ragazza.
"Sei la ragazza di prima alla festa?" Domandò incerto, sicuro del fatto di aver fatto la figura del coglione. Perché è ovvio che, quando trovi una ragazza che neanche riesci a vedere in una foresta dimenticata dagli dei, la prima cosa da dire sia questa.
"Si, esatto" Aveva paura, si notava da come le tremava la voce. Qualcosa ululò o fece un verso simile a quello, mettendo i brividi pure a lui.
"Cosa ci fai qui?" La sensazione che aveva prima si era fatta fortissima e gli sembrava che stesse dimenticando di fare qualcosa, che dovesse assolutamente concentrarsi.
"Non lo so, io ero alla festa e poi bo, qualcosa mi ha portato qui. Era come se non riuscissi ad oppormi. Poi la mia mente si dimenava e più il mio corpo mi trascinava qui" Ascoltò le sue parole, rendendosi conto che erano le stesse situazione che aveva provato lui, solo molto più accentuate "Poi mi sono rintrovata in questa foresta inquietante e la cosa mi ha abbandonata qui. Ho girato intorno ovunque, ma sapevo che non potevo andarmene, perché qui doveva succedere qualcosa di importante.
Poi ho trovato questo"
Gli passò quello che doveva essere un foglio,a giudicare dalla consistenza. Purtroppo però non poteva leggerlo, per cause derivanti dalla rassicurante oscurità della foresta.
"Ehm, mi è alquanto inutile al momento" Disse sentendo che la ragazza era estremamente vicina a lui, sentiva il suo fiato sul collo.
Si levò una spiacevole brezza che gli fece gelare tutto il corpo; la cosa si faceva sempre più sinistra.
"Scusa, tieni" La ragazza gli passò un portachiavi con la torcia incorporata, come quelli che ti regalano ai distributori del benzina. L'accese ed una volta finito di leggere, rimase sbigottito.
Non aveva mai visto nulla di simile e nessuno l'ha mai visto.
Era un foglio di carta molto antico, completamente ingiallito, dove le parole erano scritte utilizzando le lettere ritagliate da giornali. Alcune di esse erano greche ed altre dell'alfabeto comune.
Essa citava
"NJ, AV, CH, AJ, AF e LL aiutaci e aiutatevi"
Lì per lì non capì il significato di quanto scritto, lo dovette aiutare la bella ragazza della quale ancora non conosceva il nome
"Io credo di aver capito, dovrebbero essere delle iniziai. Le nostre iniziali" L'ultima frase la pronuncio con tono grave, sottolineandola vocalmente. Poi sia schiarì la voce e finì di presentagli l'ipotesi "NJ sei tu, ossia Narses Jackson. LF sono io, Lavinia Fabbri e LL è sicuramente il figlio di Ecate, Leonardo Lucci. Sento che sia lui" Finalmente conobbe il suo nome, ma la circostanza in cui lo fece non gli piacque affatto, tutto questo gli puzzava di altri affari più grandi di loro, che avrebbero portato ad affari ancora più grossi.
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Whisper
FanfictionAdesso chiudete gli occhi e immaginate un mondo dove ogni cosa che avete imparato a scuola sugli dei dell'olimpo sia vera, cercando di ricreare con l'immaginazione la grandiosità di quelle storie. Immaginatevi l'aspetto di un eroe, quello tipico che...