...ti crollerà addosso.

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Jack fissava il sentiero che aveva percorso per allontanarsi dalla baita. Era ancora indeciso. Questa volta dipendeva unicamente da se stesso e non riusciva a decidere nulla. Né se tornare, né se proseguire e andare da Tom, né se sparire e farsi dare per disperso. Aveva un figlio bianco davanti a sé, ma non riusciva a riempirlo perché sapeva che una volta scritto, non avrebbe potuto cancellare nulla. Per questo voleva prendersi del tempo per analizzare la situazione, come faceva Rachel. Tuttavia il Sole sarebbe tramontato prima o poi e lui se ne sarebbe dovuto andare da lì. Il processo di suo padre sarebbe iniziato due giorni dopo. Poteva rimanere con Jenna o Alice? Anche se sospettava di lei? Tom lo avrebbe ospitato? Un hotel? Con che soldi?

Decise di continuare a camminare lungo un sentiero panoramico, convinto che il movimento potesse aiutare il cervello a concentrarsi in qualche modo. Rachel gli aveva raccontato di alcuni filosofi che camminavano mentre discutevano, chissà, magari avrebbe ragionato meglio anche lui.

Vagabondò nel bosco in completa solitudine per pochi minuti, prima di fermarsi su di un ponte di legno che, estendendosi sopra un fiume, lo avrebbe portato in una foresta di soli pini. L'acqua scorreva piuttosto velocemente e non mancava di riempire il silenzio con quel suo tipico ronzio di fondo. Voleva qualcuno con cui parlare, ma proprio come l'acqua, tutti erano spariti, volontariamente o no, sotto un ponte, che reggeva lui come mero osservatore. Decise che doveva trovare un modo per ristabilire l'ordine nella sua vita. Rientrò nella baita qualche ora dopo.

-Va meglio ora?- chiese Alice a Jack. Lui la fissò con occhi diffidenti.

-Perché hai detto a mio padre di essere un poliziotto che era stato sulla scena del crimine?-

-Io dovevo spiegargli perché avevo il cofanetto, ma non potevo dirgli nulla sulla mia identità-

-Perché?-

-É complicato-

-Dimmi perché-

-Ascolta, quello che ti dirò, non ti piacerà, ma ascoltami fino alla fine per favore-

-Sei in combutta con lui vero?-

-Non proprio-

A quel punto Jack mise una mano dentro la tasca della sua giacca. Lì dentro c'era una piccola pistola che aveva trovato poco prima nella baita. Infatti, nel momento in cui aveva deciso di ritornare lì, aveva anche capito di dover giocare d'anticipo. Se lei fosse stata una complice di Richard, lui lo avrebbe saputo presto o tardi, cercando tra le sue cose, in tutta la casa. Così era entrato dalla finestra di camera sua, l'unica aperta, e in religioso silenzio aveva esaminato tutte le stanze finché non l'aveva trovata. Quell'arma era la prova che gli serviva, la sua nuova difesa.

-Racconta- disse.

Chi era quel ragazzo? Dov'era il giovane balbuziente e timido che era arrivato lì appena due settimane prima? Non aveva alcun ribrezzo nel toccare un'arma, né nel pensare di usarla per difendersi. Senza sparare certo, ma chissà...magari non erano soli, magari anche lei era armata. Si sentiva come estraneo al suo corpo, come se la sua anima spaventata avesse deciso di abbandonarlo per lasciare spazio a un sé diverso, mai conosciuto prima. Forse c'era sempre stato ed era già venuto fuori in chissà quali situazioni, ma lui non lo aveva notato. Era stato quieto e ora reclamava il suo posto.

-Richard mi ha terrorizzata da quando ha sposato mia sorella- raccontò tutto. Del testamento, della sua vendetta, del fatto che Richard l'avesse contattata e che l'avesse minacciata più volte di morte. Ammise di essere stata lei a dargli in cofanetto e a consegnarlo a Jack anche se sapeva qual'era il vero scopo di Richard. Si dichiarò colpevole dell'omicidio di Derek e gli raccontò persino che Richard le aveva ordinato di sparare o a lui, o a suo padre durante il processo. Jack a quel punto era stato ad un passo dal tirare fuori la pistola per minacciarla di stargli lontana e fuggire, ma lei annunciò di avere un piano contro Richard.

-Non voglio uccidere nessuno, se ho una pistola, è solo per difesa personale. Quando mi sono trovata con le spalle al muro, ho deciso di ingegnarmi per salvarmi da sola-

-Che piano hai?-

Lei gli parlò a lungo degli alleati di Richard che sarebbero stati presenti in tribunale e che se lei non avesse obbedito, uno di loro l'avrebbe uccisa, sparando poi o a Michael o a lui.

-Per questo non voglio che tu partecipi al processo. Avrò un solo obiettivo e loro due. Fingerò di sparare a tuo padre, ma in realtà colpirò un muro o un tavolo, insomma qualsiasi cosa, fingendo di sbagliare a prendere la mira e approfitterò del panico generale per scappare dall'entrata riservata ai prigionieri...sai qual'è?-

Annuì.

-Se ce la faccio, mi arresteranno e sarò salva-

-Ma uccideranno mio padre-

-Ne dubito. Quando scatterà il panico i poliziotti cercheranno chi ha sparato e vedranno degli uomini armati. Ci penseranno loro-

-Spero per te che funzioni. Intanto la pistola la tengo io...-

-Scordatelo-

-Come faccio a fidarmi di te? Hai mentito a tutti e hai ammesso di star aiutando Richard, chi mi garantisce che non mi ucciderai nel sonno?-

-Allora facciamo così, chiudiamo la pistola in un cassetto di cui tu terrai la chiave-

-Non mi fido così-

-Io non voglio che tu abbia un'arma addosso, sei un ragazzino!-

-Allora la nasconderò e la riavrai quando dovrai andare in tribunale-

-Non la porterò in tribunale, non mi farebbero entrare-

-E allora a cosa ti serve?-

-Te l'ho detto: difesa personale-

-Mio padre potrebbe morire, non puoi avvertire qualcuno? La polizia-

-No...non so i nomi di quelli che lo aiutano-

-Non ha importanza! Potrebbero salvarlo, perché nessuno parla? Nessuno denuncia niente? Perché?!-

Jack la fissò e lei sostenne lo sguardo. Lui non riusciva a capire se lei stesse mentendo o no. Molte persone lo avevano fatto per talmente tanto tempo che ora per lui una bugia era pari alla verità. Non conosceva quei tratti distintivi di coloro che nascondono qualcosa, per lui erano normali. Gli dava fastidio non sapere. Non voleva stare lì per via della tremenda angoscia che provava e per la paranoia che avrebbe preso possesso di lui entro pochi minuti, ma non aveva altri posti in cui rifugiarsi. Salì al piano di sopra tenendo un occhio su di lei e le orecchie tese. Chiuse a chiave la porta di camera sua. Si mise seduto sul letto con la pistola davanti e qualche merendina che gli aveva portato Rachel mentre in era in ospedale, nel caso gli venisse fame perché non aveva cenato. Restò appostato finché non finì di mangiare e non sentì i passi di lei dileguarsi verso la sua camera. Rachel, solo lei era stata sincera...

Dormì qualche ora, prima di decidere di alzarsi. Un giorno al processo. Doveva sopravvivere per ventiquattrore. Girò la chiave e aprì la porta lentamente. Una figura maschile comparve davanti a lui.

-Scott?!-

-Già...non so cosa tu abbia combinato ma Alice è praticamente fuggita-

-Grazie per essere tornato-

-Dammi la pistola-

Jack obbedì.

-Cos'è successo? Cosa diavolo ti è saltato in mente?-

-Tu non sai chi è davvero quella donna! Avevo paura di morire e...non volevo- disse e improvvisamente gli sembrò di ritornare quello di prima, così, per lo spavento e lo stress gli vennero gli occhi lucidi e la voce tremante, ma non pianse -Non sono un mostro, non volevo che fosse lei a uccidermi...lei collabora con Richard-

Scott sgranò gli occhi.


Intanto, poco più in là, Tom era già in piedi per sbrigare alcune faccende non troppo pesanti, per via dell'intervento. Stava dando da mangiare alle galline quando vide una donna passare lungo la strada. Sembrava molto scossa, piangeva e camminava svelta. Non sapeva chi fosse ma lo colpì. Volle avvicinarsi per chiederle cosa non andasse, ma si fermò quando vide un uomo raggiungerla. Le parlò a lungo e sembrava quasi minacciarla, poi la lasciò di nuovo, sola e sofferente. Non poteva neanche immaginare che quella fosse Alice, né che l'uomo fosse uno dei complici di Richard venuto a darle le ultime istruzioni e a farle le ultime minacce.

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