Capitolo 24: arresto.

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Le ferite sui polsi causate dalle abrasioni provocate dalle corde che stringevano da giorni cominciarono a bruciare intensamente. Avevo freddo, tremavo e sicuramente avevo la febbre a giudicare dal calore del mio corpo.
Ero distesa a terra in quella stanza da ormai ore e mi ritrovai a pensare di lasciarmi andare fra le braccia di Morfeo, ma dovevo stare sveglia, mio padre, Victor, Melanie e tutti gli altri erano là fuori a combattere per me e per il calcio.
La porta si spalancó d'improvviso, creando un frastuono che si amplió per tutta la stanza.
Un Kinishi alquanto compiaciuto, ma al tempo stesso teso, mi alzó di peso e prese il mio viso in una mano cosicchè lo guardassi in faccia.

-Non pensavo che il tuo fidanzatino potesse essere così forte.- rise, strattonandomi. -Non permetteró che i tuoi amichetti del cazzo fermino il piano di mio padre.-
Suo padre? Quindi...Kinishi è il figlio di Zoolan?

~Axel's Pov

Quando la partita finii non ebbi il tempo di realizzare che la Raimon avesse vinto che Austin mi si affiancó.

-Dobbiamo trovarla.- dissi prima che lui parlasse.
In quel momento mia figlia era in pericolo più che mai. Non dissi nulla e strinsi i pugni.
Se avessi perso anche lei, non mi sarebbe rimasto più niente.

-Blaze.- fu Cinquedea a farmi rialzare la testa e lui quasi riluttante, disse qualcosa che subito non capii. -È al primo piano, in fondo al corridoio. È l'unica stanza, la vedrai subito.- Lo fissai incredulo, non potevo capire all'ostante che stesse parlando di Ashley.

-Stai qui Austin.- corsi indietro e poi dentro la galleria, inforcai le scale e arrivai nel corridoio, dove vidi in fondo una porta aperta per metà.
Era l'unica, così mi avviai correndo e chiamando il nome di Ashley.
Quando vi entrai, lei era in ginocchio e mugolava qualcosa, ma nello sguardo aveva pura paura.
Non feci il tempo a dire il suo nome che qualcuno mi venne addosso, spingendomi contro il muro e facendomi sbattere la testa.
Si posizionó poi sopra di me non permettendomi alcun movimento; Ashley cercava di urlare.

-Dove credevi di andare.- sentii qualcosa di affilato e vidi Kinishi che teneva un coltello puntato sulla mia gola.

-Lascia andare mia figlia stronzo.-  la presa del coltello si fece più intensa e strinsi i denti.

-Non permetteró ad un tenero quartetto famigliare di rovinare i nostri piani, quindi lei adesso viene con me e tu non interferirai.-
Sentii un rumore metallico e poi la canna di una pistola si posizionó sulla tempia di Kinishi.

-Posa quel coltello lentamente.- il Detective Smith teneva la presa sul grilletto salda e negli occhi non aveva alcun timore. Kinishi si allontanó da me, ma poi con una finta tentó di colpire il poliziotto, ma questi prontamente gli diede un colpo esattamente dietro la nuca e l'altro cadde a terra dolorante.
Corsi da mia figlia mentre il Detective ammanettava quel bastardo.
Slegai le mani e vidi dei segni rossi e qualche ferita profonda sui suoi polsi, poi le tolsi anche il fazzoletto che le impediva la parola.

-Ashley's Pov

Mio padre mi accolse in un abbraccio sussurrando parole che mi calmarono, ma subito non capii che il mio tremore non era per la paura ma per la febbre.

-È finita tesoro...- mi diede un bacio sulla nuca e continuó a stringermi a sè.

-Andiamo, Rice.- il Detective sollevó di peso Kinishi nel mentre che si dimenava e poi, dopo che mio padre gli avesse sussurato un 'grazie', se ne andó portando con se il delinquente.

-Stai tremando.- mio padre si tolse la giacca e me la posizionó sulle mie spalle.
Uscimmo da quella stanza e finalmente sentii i cori dei tifosi urlare e festeggiare, ma poco mi importava della partita. Ero di nuovo con papà e quello mi bastava.

-Ashley!- era una voce femminile e quando mi voltai, vidi una sorridente Melanie corrermi incontro, seguita da Mark.
Si fermó a qualche metro da me, forse un pó timorosa.

-Stai bene?- alla sua domanda annuii e con un sorriso e mi avvicinai a quella che un tempo era una mia amica, mentre il padre si dirigeva verso il mio. Abbassai lo sguardo e mi strinsi nelle spalle.

-Mi dispiace...- sibilai piano.

-E di cosa?- mise due mani sulle mia spalle e quando alzai lo sguardo la vidi sorridere, proprio nel modo in cui lo faceva suo padre. Ti dava sicurezza e sapeva contagiarti. -Ashley, guarda che sappiamo tutto.- volse lo sguardo ai nostri padri dietro e li vedemmo ridere insieme.
Mi voltai poi verso di lei con gli occhi lucidi, non ci potevo credere, quell'incubo era davvero finito.
Ridemmo entrambe e ci abbracciammo, ma trattenendomi la giacca di mio padre con una mano.
Fu allora che lo vidi, tutto sporco e con il fiatone arrivare in cima alle scale. Quando mi vide stretta a Melanie si bloccó e mi staccai dal suo abbraccio, scusandomi e andando verso il mio fidanzato.
Corsi incontro a lui più veloce che potevo e ritrovai nel suo abbraccio calore, protezione e capii che tra le sue braccia era il posto in cui volessi stare per sempre.

-Ti amo.- mi sussurró al mio orecchio e mi staccai, guardandolo negli occhi.

-In questo momento ti bacerei ma ho paura di attaccarti la feb...- non mi diede il tempo di finire la frase che si attaccó alle mie labbra, in un bacio lento e un pó timoroso.
Ritornó poi a guardarmi negli occhi.

-Non mi importa, continueró a baciarti fino a che non colmeremo il tempo in cui siamo stati separati. Anche a costo di prendermi la febbre.- concluse la frase con il suo solito ghigno malizioso, fu allora che lo riconobbi a pieno. Dolce, ma al tempo stesso chiuso in se stesso, a volte malizioso e arrogante...ma lo amavo.

Appena arrivai in ospedale mi medicarono le ferite e le abrasioni, dandomi anche un'aspirina per la febbre.
Quando rientrai in macchina, ritrovai lo sguardo di mio padre e non sapevo cosa avessimo fatto.

-Dove andiamo?- sorrise e mi mise dolcemente una mano sulla nuca.

-Torniamo a casa, tesoro.- e per una volta casa non significava Quinto Settore.

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