Quando piano piano cominciai a risvegliarmi, sentii uno strano calore nella mano che dolcemente mi stava accarezzando i capelli.
Un tocco famigliare, caldo appunto. Se non mi fossi ricordata dove mi trovavo, avrei pensato fosse mio padre.
Mi voltai lentamente e quando vidi la donna incappucciata seduta sul bordo del materasso scattai seduta, come se mi fossi risvegliata da un brutto sogno.
Lei lentamente retrasse la mano.-Non ti volevo spaventare.- disse quasi malinconicamente. -Ero venuta a vedere come stavi.-
Inconsciamente presi i lembi delle lenzuola e li attirai a me, come per coprirmi e distolsi lo sguardo da quello di lei, nascosto sotto il cappuccio. -So che sei spaventata, Ashley. Ma ti puoi fidare di me. Ti devi fidare di me.--È facile parlare quando non si ha uno spirito guerriero che tenta di ammazzarti.- dissi tutto d'un fiato, aggredendola improvvisamente con quelle parole. Si richiuse nelle spalle e spostó gli occhi a terra.
-Mi dispiace...- senso di colpa. Ecco cosa mi scaturirono quelle semplici parole e per di più dette da una sconosciuta. A malapena sapevo chi fosse, anzi, non avevo proprio idea della sua identità, eppure riusciva a farmi provare strane emozioni e sensazioni.
-Perchè dici così?- lei si voltó nuovamente verso di me. Non disse nulla, ma finalmente riuscii a intravedere i suoi occhi: verdi, tendenti al nocciola, così tanto simile ai miei che quasi faceva impressione. -Ti prego, dimmi qualcosa.- la implorai, dopo il suo continuo silenzio.
-Scoprirai tutto a...-
-NO!- non lasciai nemmeno il tempo che finisse la frase che la aggredì nuovamente. -Sono stanca di scoprire tutto e per di più a mie spese! Simeon prima ha detto che a Minerva 'piacesse dipingere'. Che cosa significa!? Che Minerva era una ragazza in carne ed ossa!?-
Le sbraitai talmente tante cose contro che nuovamente si ammutolì e da sotto quel cappuccio la vidi schiudere la bocca. -Parla!- dissi infine con quasi le lacrime agli occhi.-Smettila di urlare!- esordì. -Ti prego...- mi supplicó alla fine. -Ti racconteró tutto ma devi avere pazienza. Ora devi riposare Ashley, solo tu sai quante ore di sonno ti manchino.-
-Ma io voglio sapere.- effettivamente dopo che me lo facesse notare, i miei occhi e la mia testa divennero pesanti, stanchi.
Ma la curiosità aveva la meglio su di me, sapevo che sarebbe stato tutto inutile cercare di riposare e che tanto avrei comunque dormito male a causa delle mille paranoie che mi frullavano in testa.
Ero preoccupata per mio padre: cosa stava facendo? Cosa è successo dopo che me ne sono andata?
Per non parlare della mancanza di Victor. Non sentire più le sue braccia, le sue labbra sulle mie e non vedere più i suoi occhi color ambra mi distruggeva piano piano.
E l'allenatore Evans? Alla fine dov'era? Quando ero rinchiusa all'El Dorado non lo avevano minimamente accennato.
Speravo soltanto che stesse bene e che alla fine non le fosse successo nulla, era soltanto colpa mia.
Solo colpa mia.
La donna mi vide turbata e anche se titubante, dopo poco e con movimenti meccanici spostó la sua mano sulla mia gamba.
Uno di quei gesti materni, che si vede sempre nei film quando la madre si siede al bordo del letto e con calma prende ad accarezzare la figlia, per tranquillizzarla e farle sapere che fosse con lei.-Tu chi sei?- forse con poca delicatezza e con troppa sfacciettataggine, mi rivolsi a lei.
-Questo non te lo posso dire. Adesso cerca di dormire, biba.- quel nome.
Qualcosa scattó dentro di me. Ricordi su ricordi, che non pensavo neanche di avere e che quel semplice nomignolo mi scaturì come mille stelle cadenti che precipitavano nel cielo.
Anche lei se ne accorse e subito si irrigidì, portandosi una mano sulla bocca.
Si alzó di scatto dal letto e si diresse verso la porta.-Aspetta! Ti prego!- si fermó con la mano sul pomello della porta, ma non si voltó. Neanche io sapevo perchè avessi fermato quella donna, ne che cosa stesse provocando dentro di me il suo comportamento.
Una serie di emozioni, opposte fra loro, felicità e tristezza, delusione e gioia.-Non posso.- disse con la voce tremante quasi come provocata da un pianto, per poi uscire dalla mia stanza.
~Axel's Pov
Ero a casa, nella stanza di Ashley.
Poche ore prima avevo ritrovato alcuni suoi vecchi quaderni delle elementari, dove al posto di scrivere gli argomenti delle materie disegnava e riempiva di scritte a caso le pagine in base a cosa gli passasse per la testa.-Ax.- la voce di Jude fece capolino dalla porta. Si avvicinó a me mentre continuavo a sfogliare quelle pagine ormai ingiallite dagli anni che scorrevano.
Anche lui passó le mani su una delle scritte che stavo osservando da più tempo. -Biba?- chiese quasi con un sorriso confuso?-La chiamava così sua madre...- risposi, prima di chiudere la porta e uscira dalla sua camera.
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Sii Forte. ~Inazuma Eleven Go~
FanficAshley Blaze è una ragazza estroversa, solare, con il sorriso stampato sulla bocca per tutto il giorno. Come avete capito è la figlia del più famoso attaccante del Giappone, Axel Blaze, e quando proprio quest'ultimo si unirà al Quinto Settore trasci...