Capitolo 10: doppia personalità.

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Quando riaprii gli occhi, subito li sentii bruciare e la mia vista piano piano riprese ad essere meno annebbiata.
Ero stesa in un letto, che poi dalle lenzuola blu scuro scoprii essere quello di camera mia.
Non capivo come potessi essere arrivata lì, ma a giudicare dalla fioca luce che penetrava tra le tende, doveva essere mattina.

-Ashley.- quella voce. Profonda, ma allo stesso sorpresa e emozionata.
Mi voltai lentamente e Victor stava seduto per terra, appoggiando le mani al materasso e scrutandomi con quei suoi occhi, che, in quel momento, si potevano perfettamente paragonare a quelli di un bambino alla vista dei regali di Natale.
Non indugiai e gli portai le braccia al collo, per poi trascinarmi giù da letto e ritrovando le braccia di lui a stringermi come fossi un peluche.
Neanche me ne accorsi che due lacrime mi solcarono la guancia.

-Fe-Fey e Arion mi hanno raccontato tutto.- esordì il blu. -I-io...mi dispiace giuro che...-
Lo guardai negli occhi, con le gote rosse e gli occhi lucidi.
Mi morsi il labbra alla vista delle sue, che rendevano il viso di lui ancora più perfetto e megnetico. Ed era solo mio.

-Zitto e baciami.- senza che ribattesse si buttó sulla mia bocca, ma subito il bacio si fece più avido e passionale, in un intreccio di lingue e labbra che parevano essere unite da chissà quale legame.
Mi morse il labbro e feci un piccolo gemito che aveva soltanto lo scopo di mandare gli ormoni di Victor a quel paese.
Ci staccammo a nostro malgrado, quando mio padre bussó alla porta.
Saltai come una molla sul letto e mi sistemai la maglia che mi fungeva da pigiama.
Quando entró, mi sorrise, ma poi lo sguardo si fece più severo e lo puntó sul mio ragazzo, che mi guardó.

-È meglio che vada ora.- mi diede una bacio sulla guancia e si diresse verso la porta, ma non prima di scambiarsi uno sguardo di fuoco con mio padre.
Sentimmo la porta d'uscita chiudersi dietro Victor e poi mio padre fece lo stesso con quella della mia camera da letto.

-Non dovresti essere così duro con Victor.-

-Io non sono duro con nessuno.- disse con una finta voce, come se dovesse anche lui convincersi. -Faccio solo il mio lavoro da 'papà'.-
Risi a quella sua affermazione, ma poi si sedette su una delle poltrone azzurro ghiaccio della camera e mi scrutó con lo sguardo.
Qualcosa non andava e lo capivo dai suoi occhi.

-Ashley...- cominció a dire e poi si portó una mano sui capelli, sistemandosi il ciuffo platino nervosamente. -Arion e Fey mi hanno parlato. Cosa ti sta succedendo?-
Il suo tono era come una supplica, come se mi stesse implorando di dirgli la verità.
Guardai i suoi occhi, che non si tolsero mai dai miei, continuando a scrutarmi e non accennando ad abbassare lo sguardo.
Mi morsi il labbro e fui io la prima a guardare basso, giocherellando con i lembi delle lenzuola.

-Che cosa ti hanno detto Fey e Arion?-

-Tutto.- chiusi gli occhi per incassare il primo colpo. -Di Minerva e del fatto che tu non riesca a controllarla.-

-Riesco a controllarla!- lo bisbigliai quasi. -Abbiamo fatto un patto.-

-Hai fatto cosa?!- si alzó dalla poltrona e fu la prima volta che mi sentii giudicata, sottovalutata dal mio stesso padre.
Ero arrabbiata.

-Sai che potrebbe persino ucciderti, vero?- il mio sguardo si fissó su di lui improvvisamente, come se non riuscissi a controllare il mio nervosismo e strinsi le mani a pugni.
Lui sgranó gli occhi, probabilmente alla vista dei miei, che come al solito erano diventati color rubino.
Misi una mano al petto.

-Calma, Minerva.- dissi tra me e me chiudendo gli occhi. Sentivo come se Minerva si stessa piano piano innervosendo sempre di più, potevo sentirla digrignare i denti come un animale inferocito.

-Che cosa hai fatto, Ashley?- sembrava deluso. Mi guardava affranto, come se non potesse fare nulla ed effetti, non poteva.
Addolcii il mio tono, ero delusa di me stessa quanto lui.

-Io sto bene papà. Posso cavarmela.- lui non disse più nulla, si limitó a guardare basso e mordersi il labbro.
Poi si diresse verso la porta della camera e la aprii, ma prima di uscire si fermó, parlandomi.

-Ricorda che non c'è delusione maggiore di un padre di quella di non essere riuscito a proteggere sua figlia.-

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