11; Camera in più

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Quanto incredibilmente assurdo è che tramite un atto spesso considerato con troppa superficialità si riesca generare una vita?
Un corpo che cresce dentro un altro corpo. Sembra quasi fantascienza.
È invece è reale. E succede tutti i giorni in tutte le parti del mondo in ogni minuto.
Non sono mai però riuscita a comprendere realmente come fosse sapere di avere qualcosa che cresce lentamente dentro di te. O meglio, non ero mai riuscita a comprenderlo fino ad una settimana prima.
Un piccolo puntino frutto dell'amore che io Harry provavamo l'uno per l'altra era dentro di me. Era passata una settimana e lui ancora non lo sapeva, perché prima dovevo accettarlo io.
Il primo giorno avevo pianto tra le braccia della mia migliore amica con il test positivo in mano ed altri cinque, sempre positivi, sparsi sul pavimento del bagno. Avevo 23 anni, ero laureata ma un lavoro fisso non ce l'avevo. Harry di anni ne aveva 25 e, al contrario mio, un lavoro ce l'aveva. Ma sarebbe stato felice?
Il secondo giorno mi sono svegliata con gli occhi gonfi e rossi. Quel giorno non ho parlato.
Il terzo giorno mi sono guardata la pancia allo specchio. Era ancora piatta, ma non lo sarebbe stata ancora per molto.
Il quarto giorno ho cercato su internet consigli su come dire al proprio ragazzo che si è incita.
Il quinto giorno ho realizzato che non esisteva un maledetto modo per dirlo. E poi ho pianto di nuovo. Quella volta però ho pianto perché quello era il mio bambino e, maledizione, se Harry non fosse stato d'accordo l'avrei preso a calci in culo.
Il sesto giorno sono andata a vedere dei vestitini per neonati e mi sono convinta che avrei potuto crescerlo anche da sola quel bambino. Io ero forte.
Il settimo giorno ho trovato una foto mia e di Harry di quando ancora andavamo alle superiore. Eravamo felice innamorati allora è ciò non è mai cambiato. Perché proprio un bambino avrebbe dovuto distruggere il nostro rapporto? Noi due ci amavamo e sarebbe sempre stato così.

Perciò in quel momento ero seduta sul divano, con la coperta sulle gambe e mi accarezzavo la pancia come se in quel modo potessi accarezzare anche il mio bambino.
Harry aveva appena chiuso la porta di casa alle sue spalle e stava per venire da me.
Le mani mi sudavano e cercai di regolarizzare il mio respiro.

Lui mi ama. Lui mi ama e amerà anche il nostro bambino. Nostro figlio.

"Piccola" mi salutò Harry vendo a sedersi accanto a me.
Anche lui posò una mano sulla mia pancia e sentii la pelle d'oca.

Lì, proprio sotto la tua mano, si trova tuo figlio.

"Mi vuoi spiegare che hai in questi giorni? Non ce la faccio più a vederti così strana.

Io lo guardai negli occhi. Negli occhi che speravo avrebbe avuto nostro figlio. O figlia.
Lui sarebbe stato felice. Ci avrebbe amati entrambi.

"Harry" iniziai, connessione voce strozzata. Lui mi guardò inclinando la testa di lato con un sorriso.
"Ti ricordi di avermi detto che non sapevi che farne di quella camera in più al piano di sopra?"

Lui annuì, ma era confuso. E non lo biasimavo. Anche io lo ero.
Come cavolo mi era venuto in mente di dirglielo in quel modo? Ma ormai l'avevo fatto e dovevo finire.

"Credo" mi ferma. Il mio cuore batteva forte, chissà se lui lo sentiva.
Sentivo di poter vomitare da un momento all'altro.

Lui è Harry. Il mio Harry e mia ama.

"Credo che dovremmo farci la camera per un bambino."

Lui sbatté le palpebre un paio di volte, ma non tolse da sua mano dalla mia pancia. Era un buon segno.

"Vuoi avere un figlio?"

Io strizzai gli occhi.
Non aveva capito. Perché non aveva capito?
Dovevo solo dirlo. Dirlo e basta. In maniera diretta.

"Diciamo che sarebbe un problema se non lo volessi in questo momento. E anche se non lo volessi tu sarebbe un bel problema."

Ma io in maniera diretta proprio non ce la faceva a dirlo.

Ti prego capiscilo.

Allontanò la mano.

Cazzo.

Dalla sua faccia si vedeva benissimo che aveva capito.

Non riuscivo a capire cosa provasse. O forse non volevo.
Volevo piangere. Volevo scappare. Non ce l'avrei fatta se mi avesse detto che lui non lo voleva.
Perché, andiamo, chi volevo prendere in giro? Io senza di lui non ce l'avrei fatta. Lui era parte di me.

Buttai la coperta sul pavimento con le lacrime agli occhi e mi alzai, ma la sua mano mi bloccò il polso.

Mi voltai verso di lui con l'affanno, come se avessi corso una maratona.

Non parlò.

Si inginocchiò di fronte a me e mi alzò la maglietta.

"Ciao piccolino, sono il tuo papà, come va' lì dentro? La pancia della mamma è comoda?" sussurrò baciandomi poco sopra l'ombelico.

Le lacrime ormai avevano abbandonato i miei occhi e scendevano lungo le guance. Per un motivo diverso da quello per cui si erano formate però.

Lui era il suo papà ed io la sua mamma. Ed il mio Harry non mi avrebbe mai abbandonata.
E saremmo stati dei genitori incredibili.

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