Capitolo 10: Quando giunge l'ora

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Quattro anni dopo...




Il sole d'agosto batteva violento sulle strade lastricate di Parigi. Lexa sarebbe volentieri rimasta nel loro piccolo e disordinato appartamento in Rue Monge, a due passi dalla Sorbona, affianco a quel dannato Le Bonbon au Palais, dove Clarke spendeva in dolciumi il costo di una porsche, ma la ragazza l'aveva tirata giù dal letto, aveva buttato a terra coperte e cuscino, alzato le serrande e spalancato le finestre, implorandola di uscire nonostante la torrida giornata. Lexa aveva compreso meno della metà di ciò che Clarke le aveva detto per convincerla.

Grazie a Vladimir dopo quattro anni insieme pensa di dovermi convincere a parole...


A Lexa era bastato vedere quel labbro carnoso sporgere in fuori, in un adorabile broncio che svelava due canini d'avorio, per rotolare giù dal letto e trascinare Clarke sotto la doccia, ridacchiando.

Passeggiarono sotto il sole mattutino per ore e Lexa lasciò che Clarke le tenesse la mano, con quel caldo nessun altro Moroi avrebbe osato mettere un piede fuori di casa e nessuno rischiava di vederle.

Parigi, come Clarke amava ricordarle, era arte da respirare e ogni ora del giorno, ogni stagione, rivelava una prospettiva completamente nuova. Lexa però non si lasciò ingannare dall'entusiasmo della ragazza e, quando il volto le si imperlò di sudore, la imploro di fermarsi in un bar almeno per un'ora.

-Solo se ti posso ritrarre.- le sussurrò Clarke, scoccandole un bacio a fior di labbra.

-Principessa, se ti fermi almeno per un'ora puoi anche scolpirmi.-

Clarke la baciò di nuovo, stavolta sfiorandole le labbra con la punta della lingua -mi piace quando mi chiami così.-

Lexa evitò di puntualizzare che Clarke era effettivamente una principessa e si limitò a sorriderle e a tenerle aperta la porta in legno scuro del caro e amato "L'Ecritoire". Il barista, Pierre, studente part-time di storia dell'arte, riconobbe la coppia e sorrise, accendendo la macchina del caffè e chiedendo al ragazzo vicino di preparare un macchiato e un cappuccino, per poi dirigersi verso le due ragazze.

Lexa lo salutò con una pacca sulla spalla robusta e Clarke lo abbracciò rapidamente -Hai già consegnato il paper a quella pazza di...-

-Alt, alt, alt!- Clarke sollevò una mano -qua si viene per libri e caffè, non voglio sentir nemmeno pronunciare il nome di un qualsiasi docente, men che meno di qualche mentecatto.-

Pierre scosse la testa, ridacchiando, e i lunghi riccioli bruni gli sfuggirono dalla retina che portava in testa. Parte dell'addestramento Dhampir di Lexa, ogni volta che il ragazzo rideva, schiudendo le labbra sottili e assottigliando gli occhi marroni, le faceva considerare l'improvvisa limitazione della sua visibilità e la dhampir doveva fissare Clarke, perfettamente calata nel suo mondo, per uscire dalla rigida postura del Guardiano.


-Vi prendo i caffè e sto zitto, ok?-

Immerse nella loro meravigliosa routine, Lexa con una vecchia copia, stavolta di Notre Dame de Paris, aperta sul tavolo, la tazzina di macchiato già vuota, e Clarke che si mordeva le labbra, tracciando le ciglia tremanti della ragazza, e ogni tanto, ad intervalli, intrecciava la mano sporca di carboncino a quella di Lexa, abbandonata sul tavolino di legno che aspettava il suo periodico contatto, le due giovani non si accorsero nemmeno del telefonino che squillava nella borsa della Moroi.

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