LA FELICITÀ | CAPITOLO 01

152 42 60
                                    

07.00 am

Quando la sveglia iniziò a suonare, io aprii gli occhi immediatamente, senza il minimo sforzo. Era un punto fisso nella mia routine.

Routine nel senso negativo del termine.

Mi chiesi il motivo per il quale continuassi a vivere così. Una vita che non mi apparteneva. Un'esistenza fatta di costrizioni imposte da una famiglia opprimente.

Mi alzai dal letto, presi un paio di jeans e una t-shirt dal mucchio di vestiti accatastati sulla sedia e li indossai. Scesi al piano terra e trovai mia madre già pronta per recarsi al lavoro: i capelli rossi raccolti in modo rigoroso in una coda di cavallo, un tailleur nero e un paio di scarpe alte bianche laccate.

"Ti ho preparato la colazione, tesoro. Fai in fretta, vedi di non far tardi a lezione"
io sbuffai, lei mi diede un bacio sulla fronte e uscì di casa.

Per mia madre, e anche per mio padre, la mia istruzione era la cosa più importante. Non s'interessavano del fatto che l'economia non mi piacesse, e nemmeno del fatto che non volessi diventare un importante imprenditore.
Semplicemente: io dovevo laurearmi in economia e diventare un importante imprenditore.

Mangiai i miei soliti pancakes allo sciroppo d'acero, presi il mio zaino e uscii di casa per recarmi all'università.
Camminavo lungo una grande strada nel cuore di Manhattan. Mi sentivo fuori luogo. Frustrato.
La confusione non mi piaceva. Odiavo i luoghi affollati e il rumore creato da migliaia di voci.

Quando arrivai all'università, entrai a testa bassa, senza guardare nessuno. Camminavo per il corridoio quando sentii una voce chiamare "Absent".
Strinsi i pugni e mi girai.
Era un mio compagno di lezione. Lo guardai, gli feci un cenno con la testa in segno di saluto e proseguii per la mia strada.

Molti all'università mi chiamavano così.
Lo ritenevano un soprannome simpatico, non offensivo.
Ero stato nominato così in quanto ero spesso silenzioso, e parlavo solo quando interpellato.
Pensavano che non avessi nulla da dire, e ciò era molto lontano dalla verità.
Io non ero assente mentalmente, come ritenevano loro. Semplicemente, non sentivo la necessità di parlare di cose futili con persone che non reputavo importanti, con le quali non condividevo nulla, se non il posto nella grande aula in cui mi stavo recando.

Arrivai di fronte all'aula ed entrai. Quel giorno, meno volentieri del solito.

Avrei fatto qualsiasi cosa pur di dare una svolta alla mia monotona e triste quotidianità.

Presi posto in ultima fila, lontano da occhi indiscreti.
Misi le cuffie alle orecchie, per ascoltare la traccia che avevo finito di comporre la sera prima.
L'ascoltai e la riascoltai. Innumerevoli volte. Dovevo trovare eventuali difetti e capire come strutturare il testo che di lì a poco avrei iniziato a scrivere.
Chiusi gli occhi, per concentrarmi.

Riaprii gli occhi dopo qualche ripetizione in loop della traccia, sentendomi osservato.
Il ragazzo seduto accanto a me mi guardava, in modo strano, come se stessi facendo qualcosa di male.

"Non prendi appunti? Guarda che l'esame facendo così non lo passerai." mi disse con tono pignolo.
"Fatti i cazzi tuoi."

Elaborai le sue parole per qualche minuto.

Cosa stavo facendo?

Stavo sprecando del tempo. Tempo che sarebbe andato perduto, tempo che non avrei mai più avuto indietro.

Con un gesto istintivo, comandato dal cuore, non dalla ragione, chiusi il libro che avevo davanti, presi le mie cose e mi affrettai ad uscire dall'aula.

Uscii correndo dall'università. Senza aver ben chiaro cosa fare. Volevo solo allontanarmi da lì.

Volevo cercare la mia felicità.

Tornai a casa molto velocemente, correndo. Presi dell'armadio un grande borsone che utilizzavo in passato quando giocavo a football.
Vi riposi dentro qualche maglietta, tre paia di pantaloni, due felpe e un giubbotto. Il minimo indispensabile per sopravvivere a qualsiasi agente atmosferico.

Non avevo un piano, se non quello di allontanarmi da lì il più velocemente possibile.

Presi dalla mensola una scatolina nella quale avevo nascosto qualche risparmio. Contai i soldi.
348,50 dollari.

Non mi basteranno nemmeno fino alla prossima settimana, pensai.

Mi sedetti nel letto e iniziai a cercare un modo per rendere questa impresa un po' più semplice.
"I risparmi dall'università" dissi in un istante d'illuminazione.

I miei genitori avevano messo da parte una somma, per facilitarmi il percorso scolastico, e farmi laureare, così da farmi avere un lavoro redditizio e una vita felice.

Seguendo questo ragionamento, prendere quei soldi e partire per cercare la mia felicità, non era poi un fatto così negativo.

Iniziai a cercare il numero del conto corrente tra tutti i documenti di mia madre, e non ci volle molto a trovarlo.
Quando lo trovai, un sorriso emerse spontaneo sul mio viso.

Scrissi un biglietto ai miei genitori.

Mamma, papà.
Parto.
So che partendo vi deluderò, ma se rimanessi qui, me ne pentirei per tutta la vita.
Siete consapevoli di aver scelto sempre ogni cosa per me, anche il corso di studi. E ciò che volete voi, non è ciò che voglio io.
Mi allontanerò un po', starò bene. Avrò il telefono con me e se mi cercherete, vi risponderò, pur sapendo che sarete arrabbiati per questa scelta.
Ho 19 anni, sto crescendo, e saprò badare a me stesso. Non abbiate paura.

P.s. Mamma, scusa per i soldi che hai risparmiato per me, prima o poi te li restituirò tutti.

Vi voglio bene, anche se vi detesto.
Un abbraccio, Nathan.

Presi il borsone, la mia chitarra e mi recai alla fermata dell'autobus.
Presi il primo autobus che passò, sapendo solo che la cittadina in cui mi stavo dirigendo era lontana circa sei ore dalla mia routine.

"Westfields", questo c'era scritto sull'autobus.


Vi ringrazio davvero se siete arrivati alla fine di questo primo capitolo, spero vi sia piaciuto. Mi piacerebbe ricevere qualche parere, anche negativo se può essere costruttivo.
Ovviamente dal primo capitolo non si può dare un gran giudizio in quanto la storia non è ancora totalmente impostata, ma fatemi sapere se ha senso continuare o è già orribile questo inizio haha

Un bacio ♡

《 RESET 》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora