III

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Erano le due e cinquanta del mattino e ancora non aveva smesso di piovere. La strada era meno trafficata, ma il silenzio non regnava ancora sovrano nella città di Seul. A casa di Jeon Jeongguk l'unico rumore che si udiva era il brusio del film che, in quel momento, stava passando in televisione. Il ragazzo dormiva con le labbra leggermente dischiuse e la testa poggiata al morbido schienale del divano. Si era addormentato con il sacchetto di patatine tra le gambe e il telecomando in mano, a metà di quel noioso film che a quanto diceva la tivù, aveva appassionato milioni e milioni di persone. Erano le tre in punto quando il telefono del moro prese a vibrare rumorosamente sul tavolo. Ci vollero un paio di minuti e altre tre chiamate, prima che Jeongguk si svegliasse infastidito da quel rumore. Aprì di poco gli occhi e si guardò intorno, rendendosi conto di dove si fosse addormentato. Con una lentezza sovrumana lasciò cadere il telecomando sul divano, si passò una mano sul viso e andò a rispondere, troppo stanco per pensare.
-Pronto?- Sussurrò non riuscendo ad aumentare il tono della voce. Silenzio.
-Pronto?- Ripeté questa volta un po' più forte, controllando l'orario indicato sul cellulare.
-Jeonggukie, sono io.- Disse lo sconosciuto ridacchiando. Fu così che Jeon riconobbe il ragazzo che l'aveva chiamato la sera precedente.
-Sei quello di ieri, vero? Cosa vuoi?- Replicò con un accenno di nervosismo il moro. Si susseguirono un paio di sospiri e poi la sua voce, dolce e morbida, tanto quanto un marshmallow.
-Ho bisogno di parlarti Gukie.-
-Non hai di meglio da fare alle tre di notte? Tipo, che ne so, dormire forse? E ti assicuro che parlare con me non è certamente la cosa migliore da poter fare.- Fece una risata di scherno, malendendosi per non essersi ricordato di spegnere il telefono.
-Dammi cinque minuti, ti prego.- Il moro sbuffò andando a sedersi sul divano, lanciando poi uno sguardo alla fine del film che trovò assolutamente ridicola.
-Prima posso sapere il nome del pazzo che mi chiama alle tre di notte?- Domandò spegnendo quell'inferno di televisione e rimanendo completamente al buio.
-Jimin, Park Jimin. Non ti dice niente, giusto?- Chiese speranzoso e allo stesso tempo spaventato dall'idea, anche se vaga e lontana, di poter essere riconosciuto. Jeongguk ci riflettè su cercando di aiutare sia lo sconosciuto che se stesso, ma l'unica cosa che ricordò fu il nulla assoluto, niente che lo collegasse ad un probabile Jimin.
-Assolutamente niente.- Rispose con fermezza. Il ragazzo dall'altra parte della cornetta fece un piccolo sospiro di sollievo, non facendosi udire dal moro. Poi parlò, finalmente un po' più sicuro di sé.
-Bene, allora è arrivato il momento di ricordare.-

Gotta Talk To You↵ jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora