Jimin si stava facendo prendere dal panico. Era certamente da stupidi, ma l'ansia di rincontrare una delle persone a cui teneva di più (se non l'unica) e al contempo non vederla arrivare, lo spaventava. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, cercando di mantenere la calma. Cosa gli avrebbe detto? Non si era neanche preparato un discorso, il che lo metteva leggermente a disagio. Decise di alzare lo sguardo e tenere duro, perché sarebbe sicuramente arrivato, avrebbero sicuramente parlato e magari Jeongguk avrebbe anche deciso di mantenere i contatti con lui. O almeno, questo era quello che Jimin sperò succedesse. Si guardò intorno per l'ennesima volta, osservando con attenzione i tavolini neri collocati a distanza uno dall'altro in modo da dare la giusta privacy ai clienti, le sedie di legno di un rosso abbagliante ad ogni lato di quest'ultimi e infine le persone presenti in quel luogo, una ad una, come se si aspettasse di veder comparire tutt'a un tratto ad uno dei tavoli, sorridente e intento a sorseggiare una tazza di caffè americano fumante, Jeon Jeongguk. Sospirò innervosito, lui stesso si considerava esageratamente ansioso e impaziente. Voltò instintivamente lo sguardo verso l'esterno del bar, dove notò l'improvvisa comparsa di un ragazzo sulla ventina che osservava l'interno del bar attraverso il vetro lindo e pulito. Senza neanche rendersene conto, Jimin smise di respirare. Nonostante i diversi anni di lontananza, il biondo ci mise meno di un secondo a riconoscere il meraviglioso volto impegnato e corrucciato di Jeongguk. Non appena anche il moro lo notò, Jimin gli sorrise timidamente e lo osservò mentre distolse lo sguardo e dopo qualche secondo di realizzazione apriva la porta del bar e gli andava in contro, con le mani dentro le tasche della giacca e un'espressione indecifrabile in volto. Lo contemplò mentre si sedeva sulla sedia davanti a lui e osservava silenziosamente il caffè ancora fumante.
-È per me?- Domandò indicando il contenitore di carta, guardando prima il biondo e subito dopo la tazza di tè bollente davanti a lui ancora colma fino all'orlo. Quest'ultimo sorrise e annuì, decidendo se parlare o meno.
-Non so se ti piace ancora, ma se non fosse stato per me, qualche anno fa te ne saresti bevuto uno dietro l'altro.- Ci fu una pausa di qualche secondo, dove il moro osservò l'altro con gli occhi socchiusi e rifletteva sul da farsi.
-Sembri saperne molto su di me. Come fai a conoscermi?- Chiese Jeongguk senza giri di parole, incrociando le braccia e sistemandosi più comodamente sulla sedia. Jimin abbassò lo sguardo sulla bianca tazza di ceramica lucida, si prese qualche minuto per riflettere e lo rialzò, guardandolo dritto negli occhi senza alcun tipo di timore.
-Ho scoperto solo da poco che hai perso la memoria. Pensavo solamente che avessi deciso di non parlarmi più, di chiudere totalmente i rapporti con me.- Rivelò alzando sempre di più la voce e acquisendo maggior sicurezza.
-Perché mai avrei voluto chiudere i rapporti con te?- Domandò incredulo Jeongguk. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a fare una cosa del genere, tagliare i rapporti con qualcuno non entrava nelle sue priorità presenti, passate o future. Cosa spingeva quel ragazzo a crederlo? Prima di rispondere bevve un sorso del suo tè e ripose la tazza sul piattino dov'era precedentemente poggiato, mantenendo le sue paffute manine sulla tazza bollente.
-Penso di non volerne parlare subito. Partiamo dalla cose più semplici.- Disse sorridendo tristemente. -Io sono Park Jimin.-
-Lo so. Me l'hai già detto.- Il biondo ebbe un tuffo al cuore al pensiero che si fosse ricordato di lui.
-L'unica cosa che non capisco è perché tu sia stato l'unico a contattarmi. La mia famiglia? I miei amici? Avrò pur dovuto averne, giusto? Una sorella, un fratello. O forse no?- Domandò avvicinandosi all'altro e poggiando le braccia sul tavolo, impaziente. Jimin annuì.
-Hai dei genitori, ma attualmente loro non sanno niente di te.- Fece una piccola pausa, riflettendo e affermando che avrebbe dovuto raccontargli tutto quel che c'era di vero. -Eri appena diventato maggiorenne quando decisero di trasferirsi in Giappone. Credevano fosse un paese decisamente migliore della Corea, sia a livello economico che sociale. Però tu eri completamente contrario, ci sono state discussioni infinite per colpa tua.- Rivelò sorridendo al ricordo mentre Jeongguk ascoltava tristemente con lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse ascoltando la storia di un'altra persona. -Alla fine decisero di andarsene senza di te sotto tua esplicita richiesta. Non vi contattaste più e vivemmo insieme per un lungo periodo.- Il moro afferrò automaticamente il contenitore di cartone contenente il caffè e ne bevve un sorso. Si accigliò quando scoprì essere veramente l'unico tipo di caffè che beveva, l'unico che non gli facesse talmente tanto schifo da non riuscire neanche a deglutirlo.
-Come... mi devo davvero fidare di te?- Era ovvio che Jeongguk si fidasse ciecamente, non sapeva né come né perché, ma quel ragazzo gli trasmetteva più fiducia e tranquillità di quanto volesse ammettere a se stesso. Jimin sorrise e annuì dolcemente.
-Mi sei mancato così tanto Gukie.- Ammise saldando lo sguardo con quello del più piccolo, che sembrava abbastanza scosso.
-Io... tu come mi conosci?- Domandò stringendo con entrambi le mani il bicchiere di cartone contenente il caffè e guardando un po' spaesato il biondo, che stava sorridendo tristemente.
-Aah Gukie, questa è una storia abbastanza lunga, sei sicuro di voler passare l'intera mattinata a sentirla?- E Jeongguk annuì convinto, sapendo che nonostante potesse tornare a conoscenza dei bei momenti passati in compagnia di quel ragazzo, sarebbero riapparsi anche quelli più dolorosi e tristi.
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Gotta Talk To You↵ jikook
Fanfiction𝑱 𝑰 𝑲 𝑶 𝑶 𝑲 ﹣Posso sapere il nome del pazzo che mi chiama alle tre di notte?﹣ ﹣Jimin, Park Jimin.﹣ [Aggiornamenti lenti] ©MhuCado | 2017