Quella notte Jeongguk a malapena riuscì a chiudere occhio. Aveva accettato di incontrarsi insieme a quel ragazzo in un bar cui era solito andare solo per mettere fine a quelle terribili chiamate notturne. E, prima di accettare, aveva certamente pensato all'eventualità che fosse uno stalker o un malintenzionato, ma Jeon avrebbe saputo bene come difendersi. La sveglia che aveva impostato la notte stessa suonò provocando un iniziale e lieve "bip bip" che a poco a poco aumentò d'intensità. Il ragazzo, infastidito, si coprì gli occhi con le mani infreddolite e fece un profondo respiro, non ancora pronto ad alzarsi per salutare quel nuovo giorno, costantemente noioso e portatore di dolorosi ricordi. Ricordi che non aveva neanche la possibilità di rimembrare. Era questo il suo problema: non ricordava. Erano ormai passati tre anni da quando aveva completamente perso la memoria, ricordando solamente il suo nome e dimenticandosi invece di tutti quelli a sè cari e di tutti i momenti vissuti con loro, sia quelli più luminosi che quelli più bui.
Lei è stato coinvolto in un incidente d'auto, non se lo ricorda questo?, gli fece sapere un agente responsabile del caso a cui si riferiva, rivolto al ragazzo uscito solo qualche giorno prima dalla sala operatoria, con un trauma cranico non troppo leggero di cui prendersi cura. Era ovvio che non se lo ricordasse, i dottori gli avevano diagnosticato un'amnesia retrograda e gli avevano assicurato, seppur a malincuore, che la memoria che aveva perso a causa del trauma subito non gli sarebbe mai più tornata.
Stanco di rimanere in quella posizione, si alzò dal letto e andò in bagno, si fece una doccia in tutta tranquillità e, dopo essersi vestito, aver indossato una giacca pesante e aver preso le ultime cose, uscì di casa e si diresse verso il bar in cui aveva deciso di incontrarsi con quel Jimin. Aprì l'ultimo cancello che lo separava dalla strada e lo sorpassò, soffermandosi ad osservare il sole già alto nel cielo e ad inspirare la fresca aria di novembre. Devo prendermi una vacanza e andare a respirare della vera aria, confermò Jeongguk a se stesso, riflettendo su quanto quella di Seul fosse inquinata e poco piacevole da inspirare. Dopodiché scosse la testa, si strinse nella giacca e si avviò verso il bar. Fece la strada con tranquillità, non curandosi di poter arrivare in ritardo, osservando i marciapiedi già gremiti di persone e immaginando l'aspetto del ragazzo dalla dolce voce che stava per incontrare.
Jimin, dal canto suo, non aveva la minima intenzione di fare neanche un minuto di ritardo. Era così agitato e ansioso di vedere il suo adorato Gukie che se non fosse stato per il traffico, sarebbe probabilmente arrivato mezz'ora prima al bar che gli aveva indicato il ragazzo che non vedeva da ormai troppo tempo. Appena giunse a destinazione prese posto in uno dei tavoli liberi all'interno della struttura e ordinò un tè caldo per sè e un caffè Americano per Jeongguk, ricordando quanto gli piacesse gli anni addietro. Jimin sorrise e rivolse lo sguardo verso la strada, speranzoso di veder arrivare il più piccolo e con il terrore che non si facesse vivo. Nonostante volesse fare ritardo, la curiosità di Jeongguk aveva fatto in modo che arrivasse puntuale come un orologio e pieno di dubbi.
"Come farò a riconoscerti?" Aveva domandato il moro. "Sarò io a farlo." Aveva risposto Jimin. Queste parole continuavano a ronzare nella testa di Guk, senza neanche una piccola tregua.
Prima di aprire la porta del bar e aspettare che quel Park Jimin lo riconoscesse, decise di sbirciare all'interno e provare a capire chi dei tanti clienti fosse il diretto interessato. Si accostò a uno dei vetri e osservò l'interno. Una coppia che mangiava una torta, un anziano che prendeva il tè, un ragazzo dai capelli giallognoli quasi bianchi seduto in solitudine con lo sguardo fisso sul tavolo, un gruppetto di ragazze che faceva colazione insieme e altri due ragazzi soli che osservavano il cellulare e bevevano un caffè. È sicuramente uno di quelli lì, riflettè Jeongguk riferendosi ai tre soli uomini presenti nel bar. Li osservò uno ad uno e quando arrivò al biondino, per poco non si spaventò. Esso lo stava guardando con... le lacrime agli occhi? Era vero o se lo stava solo immaginando? Capì che lui era Jimin quando gli sorrise e, in modo meccanico, i suoi occhi si chiusero in una lieve fessura, rendendolo più carino di quanto già non fosse. Jeongguk distolse lo sguardo, fece un piccolo sospiro e si diresse verso l'interno del locale, ansioso di scoprire se quel ragazzo sapeva qualcosa su di lui o sul suo passato, che a lui stesso risultava buio.
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Gotta Talk To You↵ jikook
Fanfiction𝑱 𝑰 𝑲 𝑶 𝑶 𝑲 ﹣Posso sapere il nome del pazzo che mi chiama alle tre di notte?﹣ ﹣Jimin, Park Jimin.﹣ [Aggiornamenti lenti] ©MhuCado | 2017