Tristezza e felicità. Due emozioni talmente tanto contrastanti fra di loro da essere allo stesso tempo anche molto simili. Ma com'è possibile? Nonostante ci si possa sentire felici, ci sarà sempre qualcosa o qualcuno che ci renderà tristi, perché come la tristezza porta alla felicità, la felicità porta alla tristezza. Come fanno due emozioni così differenti ad essere provate in contemporanea? Era questo che continuava a domandarsi Jimin; come facesse ad essere felice di aver finalmente ritrovato Jeongguk ma allo stesso tempo così triste, perché non ricordasse e non avrebbe mai più ricordato tutti i bei momenti che avevano vissuto insieme. Avevano deciso di abbandonare il piacevole tepore del bar e di uscire a fare una passeggiata, nonostante tirasse un vento abbastanza forte e il sole stesse iniziando ad essere oscurato dalle nuvole.
-Penso ti possa interessare la mia età, ho ventiquattro anni. Ne farò venticinque questo ottobre.- Jeongguk non si mostrò sorpreso. Aveva già immaginato che quel ragazzo fosse più grande di lui, forse dai modi di fare alquanto pacati, forse dal viso stanco e magro o forse dal suo strano modo di parlargli.
-Io- -
-Ventitrè appena compiuti. Lo so.- Disse interrompendo il moro e guardandolo di sbieco, mentre le sue labbra rosee e piene si incresparono in un sorriso. E prima che Jeongguk potesse dire qualsiasi altra cosa, mentre vagavano senza sosta per le strade e i parchi di Seul, Jimin iniziò a raccontare il modo in cui si erano conosciuti.
-Ricordo che il giorno in cui ci conoscemmo faceva molto freddo e il sole era completamente oscurato da nuvole nere e cariche di pioggia. Successe circa sei anni fa, se non sbaglio tu avevi diciassette anni.- Iniziò con enfasi, ricordando tutto per filo e per segno, forse proprio a causa dell'incontro con il ragazzo a cui in quel momento stava sorridendo.
-Ero a Jeju con degli amici per una breve vacanza prima dell'inizio dell'università, e dopo una giornata di mare e caldo asfissiante ci sorprese una forte tempesta e un improvvisa caduta della temperatura. Facemmo giusto in tempo a recuperare tutte le nostre cose e a correre al riparo sotto ad un albero ed essere ancora interamente asciutti, anche se sapevamo tutti che di lì a poco saremmo stati completamente zuppi.- Ridacchiò, preso dal fiume di ricordi che gli stava riempendo la mente, voltandosi ogni tanto ad osservare Jeongguk, silenzioso e con lo sguardo fisso sul cemento. -Fu allora che vedemmo la salvezza; un gruppo di ragazzi con degli ombrelli. Qualcuno iniziò a gridare, chi a sventolare le braccia, fino a quando quelli ci raggiunsero e decisero di aiutarci. Nonostante noi fossimo in cinque e gli ombrelli solo tre, ci arrangiammo mettendoci con gente a casaccio. E io finii sotto il tuo ombrello, Gukie.- Disse guardando davanti a sè. -Fortunatamente non c'era nessun altro con noi, perché se no non saremmo mai riusciti a socializzare, a diventare coinquilini e...- Continuò facendo una piccola pausa, pensando attentamente a cosa dire. -a fare tutto il resto.- Nonostante le infinite domande che aveva da porgli, Jeongguk rimase in silenzio per molto tempo, tanto da far sentire Jimin a disagio.
-Se hai qualcosa da chiedere fai pure.- Esclamò il più grande dopo qualche minuto, rompendo il silenzio e cercando di catturare la sua attenzione.
-Sì, effettivamente ho molte cose da chiederti.- Rivelò senza troppi giri di parole.
-Come mi hai trovato? Dopo essermi ripreso...- Si bloccò, insicuro se rivelare i dettagli a quella persona che sembrava conoscerlo bene, o far rimanere tutto nel mistero. -...dall'incidente, mi hanno detto che non era stato trovato nessun cellulare. Per questo ho dovuto cambiare numero.- Continuò optando per la sincerità. Jimin annuì con un sorrisino.
-Certo, l'avevi lasciato a casa.-
-In qualsiasi posto vada ho sempre il telefono con me, mi spieghi perché non avrei dovuto averlo, quella sera?- Disse guardandolo negli occhi, arrabbiato con se stesso e forse anche con il biondino davanti a lui. Jimin aprì i palmi delle mani e li rivolse verso Jeongguk, come a cercare di calmarlo.
-C'è stato un grosso litigio tra noi due e in questo momento non ho proprio voglia né di ripensarci né di ritirarlo fuori.-
-Devi dirmelo.-
-Non posso Gukie.- Certo che poteva, ma non voleva. Il più piccolo era palesemente irritato. Cosa lo tratteneva tanto? Era veramente successo qualcosa di così tanto grave?
-Ti ho visto mentre lavoravi al bar, all'inizio avevo paura di rivelarti chi fossi, quindi mi sono fatto dare il tuo numero e ti ho chiamato.- Disse subito dopo Jimin rispondendo alla domanda dell'altro ragazzo.
-Io... ho bisogno di tornare a casa.- Disse Jeongguk guardando il vuoto un po' scosso e non più arrabbiato. Jimin annuì comprensivo.
-Vuoi che ti accompagni?- Chiese sperando in una risposta positiva che però non arrivò.
-No grazie, posso farcela anche da solo.- Rispose un po' scocciato, avviandosi verso casa senza neanche rivolgergli un saluto. Il biondo lo guardò allontanarsi, indeciso sul richiamarlo indietro o lasciarlo andare.
-Jeongguk.- Chiamò dopo qualche secondo di indecisione. Il menzionato si voltò verso di lui e lo guardò con impazienza, desiderando di poter tornare a casa il più presto possibile.
-Posso chiamarti ancora?- Domandò quasi spaventato a causa della probabile risposta negativa. Con sua sorpresa, il più piccolo annuì leggermente, quasi in modo impercettibile, poi riprese a camminare a passi lenti verso casa. Jimin rimase a guardarlo mentre si allontanava sempre di più da lui, fino a quando non scomparve del tutto dalla sua vista.
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Gotta Talk To You↵ jikook
Fanfiction𝑱 𝑰 𝑲 𝑶 𝑶 𝑲 ﹣Posso sapere il nome del pazzo che mi chiama alle tre di notte?﹣ ﹣Jimin, Park Jimin.﹣ [Aggiornamenti lenti] ©MhuCado | 2017