chapter two

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SECONDA SUPERIORE

Quando Finn conobbe Jack, tre anni addietro, non poteva immaginare che sarebbe stato l'inizio di un'amicizia meravigliosa.

I due trascorrevano molto tempo insieme, tra uscite con altri amici - Sophia, Jaeden, Jeremy, Wyatt, Chosen, per citarne alcuni - e anche per il fatto che andassero spesso l'uno a casa dell'altro.

Le due famiglie si conoscevano bene oramai, e la signora Wolfhard non si sarebbe sorpresa di trovare Jack imbucato a casa loro perfino il giorno di Natale.

Quello che andava storto, però, era che i due migliori amici non avessero esattamente ciò che il pubblico comune avrebbe definito un'amicizia "sana".
Cominciò tutto l'anno precedente, quando Jack diede alla guancia di Finn un timido bacio, per ringraziarlo di aver preso le sue difese contro i soliti bulli.

Lo fece sempre più spesso, fino a quando i due non iniziarono a trovare perfettamente adeguato darsi appassionati baci sul collo, o sulla fronte, o anche lasciarsi qualche succhiotto a vicenda, delle volte.
E forse dovrebbe essere così: dovrebbe essere normale per una coppia di amici affiatata compiere tali smancerie di tanto in tanto. Ma gli altri non la pensavano affatto allo stesso modo, tanto che i due venivano spesso presi in giro per questi comportamenti, abbinandoli anche a non gradevoli nomignoli quali "finocchi" o "frocetti".

La cosa non aveva mai turbato Finn.
Fino a quel lunedì mattina, s'intende.

«Buon primo giorno!» esclamò una ragazzina dai corti capelli rossi, avvicinandosi al banco di Finn.
«Sophia, ciao!» replicò il riccioluto «ce l'hai fatta ad arrivare a scuola puntuale, per una volta.»
«Hai detto bene, per una volta» ridacchiò lei.
Mentre rideva, i suoi occhi celestissimi parvero a Finn un po' più luminosi.

«Posso sedermi?» domandò poi la rossa, facendo un cenno verso la sedia accanto al ragazzo.
«Spiacente. L'ho promesso a Jeremy» rispose lui.
Sophia parve irrigidirsi. «Jeremy è già qui?»
Proprio in quel momento, un ragazzo robusto si accomodò accanto al riccioluto. «Finn, Sophia, ehi!»

«Ehi, amico» fece Finn, dandogli una giocosa pacca sulla spalla.
«Ciao, Jeremy» sorrise Sophia, afferrandosi una ciocca di capelli per sistemarla dietro l'orecchio.
«Notizie degli altri? Dov'è Jack?» chiese Jeremy poco dopo.
Finn scrollò le spalle. «Non lo so proprio.»

«Oh, guardate un po' chi c'è!» esclamò a quel punto un ragazzino dai teneri capelli ricci e castani, avvicinandosi al trio di amici.
«Wyatt, ciao!» Sophia lo abbracciò entusiasta, e potè giurare di aver visto Jeremy distogliere nervosamente lo sguardo.

Forse si preoccupava che i due potessero mettersi insieme, al contrario di Finn, che sapeva la verità. Una verità che non tutti ancora conoscevano.

Aveva visto Wyatt e Jaeden pomiciare, proprio nel parco sotto casa sua.

Finn stava tornando dalla palestra a piedi, quando udì dei gemiti, dei sospiri. Era un vero bacio appassionato, con tanto di mani che toccavano.. un po' ovunque.
Non ne aveva mai voluto parlare con i suoi due amici, anche perché non era sicuro che loro si fossero accorti della sua presenza.
E inoltre, non voleva certo metterli a disagio con il resto del gruppo.
Questo è essere gay, aveva pensato Finn e io non lo sono per niente.

In effetti, Finn e Jack non si erano mai neppure sfiorati le labbra. Perciò non erano gay, non erano una coppia, giusto?
E allora perché tutti lo pensavano?

«Voi due, prendetevi una stanza.»

Quella voce. Finn l'avrebbe riconosciuta tra mille.
«Eccoti, nanetto» lo salutò, sorridendo maliziosamente come spesso si era ritrovato a fare parlando con lui.
«Testa di fungo, ehi» replicò Jack Dylan Grazer, ancora sorridente per la battuta indirizzata a Wyatt e Sophia.

Infine, il ragazzo si avvicinò a Finn e gli scoccò un piccolo bacio sulla fronte.
Il gruppo di amici si era ormai abituato a simili comportamenti tra i due, perciò nessuno di loro commentò il gesto.

Fu però qualcun altro a farlo.

«Dio, la stessa coppia di froci anche quest'anno» brontolò Gaten Matarazzo, un ragazzino basso e dai seri problemi dentali, con il solito gruppo di idioti dietro di lui.

«Guarda che non... lo siamo» biascicò Finn, seccato.
La sua insicurezza aveva fatto enormi progressi, da quando stava accanto a Jack.
E viceversa, ovviamente.
Finn non riusciva quasi più a ricordarselo, un Jack Grazer timido.

«Che fai? Gli dai corda?» mormorò Jack «lascialo stare, è solo un cretino.»

«Cretino a chi?» sbottò Gaten, avvicinandosi lentamente a Jack.
Qualche istante dopo, gli aveva tirato un forte pugno sul naso.

«Che cazzo fai?!» gridò Finn, dandogli uno spintone con talmente tanta foga da riuscire a farlo cadere per terra.

Non aveva mai colpito qualcuno, prima d'ora. Voleva voltarsi e accettarsi che Jack stesse bene, ma fu interrotto da una voce grave, a lui conosciuta.
«Finn Wolfhard, nell'ufficio del preside. Ora!» esclamò il professore, entrato in aula nell'istante stesso in cui Gaten cadde sul pavimento.

«Professore, mi ha colpito!» singhiozzò Gaten, fingendo difficoltà nel rialzarsi «mi ha fatto male. Deve essere punito.»

«Figlio di puttana» mormorò Finn, questa volta attento a non farsi sentire.

«Non ti preoccupare, signorino Matarazzo, me ne occupo io. Tu vai in infermeria, dì che è stato il professor Arthur a mandarti.»
Gaten annuì e uscì dalla classe, trionfante. O quasi. Quella spinta gli aveva dovuto fare davvero male.

«Signorino Grazer, lei segua Matarazzo. Ho paura che abbia il naso rotto» continuò poco dopo il professore, poggiando la propria cartella sulla cattedra.
Jack provò ad opporsi, a spiegare cosa fosse successo, ma il dolore al naso era estenuante.

«Non mi interessa cosa sia accaduto prima del mio arrivo. Dirigiti immediatamente in infermeria. E quanto a te, Wolfhard, ti conviene correre in presidenza, prima che non mi venga l'idea di accompagnarti io stesso.»

I due uscirono dall'aula all'unisono, ma ebbero il coraggio di parlare solo una volta sfociati nel lungo corridoio.
«Grazie» sussurrò Jack, il naso coperto da una mano «per avermi difeso.»
«Tu avresti fatto lo stesso» rispose Finn, esitando a guardarlo dritto negli occhi.
«Certo.. se ti fa piacere pensarlo, sì» replicò Jack, con il suo solito sarcasmo.

Finn aveva capito tempo prima che il suo amico utilizzava il sarcasmo come difesa personale. Gli dava sicurezza, era ciò che lo rendeva meno timido verso il mondo che lo circondava.

Rise. Non seppe neanche bene il motivo, ma rise. Jack si unì a lui.
«Che situazione del cazzo.»
«Concordo.»

«Il naso ti fa male?» chiese Finn, una volta arrivato davanti alla porta della presidenza.
«No buddy, mi fa bene, ti par-» non ebbe il tempo di finire la frase, perché Finn lo baciò.
Non era sicuro di come fare, non aveva mai baciato nessuno e nemmeno era sicuro del perché, ma lo baciò.

Non ebbe troppa difficoltà a premere le sue labbra contro quelle del ragazzo minuto. Niente complicazioni, gli venne solo... naturale.

Jack aveva sempre amato la loro evidente differenza di altezza. E ora, piccolo com'era tra le braccia di Finn, si sentiva bene.

Non si sentiva più impacciato, timido, costantemente agitato.
Si sentiva sicuro.
Forse era Finn la sua difesa personale.

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