Meravigliagus

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Il negozio poco fuori Vivensville era sempre stato disordinato. Se non si fosse letta l'insegna, sarebbe stato impossibile capire cosa si vendeva lì dentro. Affacciandosi dalla vetrina potevi vedere due file di scaffali pieni di aggeggi metallici dalla funzione sconosciuta. Appesi al muro si potevano intravedere degli orologi enormi, con ingranaggi a vista, che muovevano lentamente le lancette e le collegavano ad alti macchinari lungo tutto la parete. Ogni tanto dall'interno si sentivano scoppiettii, stridori, colpi dul metallo e altri suoni non identificabili. Chi non lo conosceva lo evitava, per paura delle diavolerie che pensavano contenesse, aumentando il passo e facendosi il segno della croce per proteggersi dalle cattive influenze. Nessuno, o quasi, conosceva il proprietario, sul quale aleggiavano storie orribili. Si diceva che era un vecchio assassino che era scappato alla giustizia, oppure che era uno stregone maledetto che con la sua magia e i suoi strumenti voleva seminare il panico. Eppure l'insegna citava "Meravigliagus. Ciò che tu immagini, noi lo costruiamo" ed era l'unico sprazzo di colore in quelle vie lugubre della periferia. Il fumo delle fabbriche saturava l'aria di un perenne odore acre e la nebbia non faceva filtrare i deboli raggi del sole invernale, rendendo i pomeriggi ancora più cupi e grigi. Persino le case e gli edifici erano rovinati dall'inquinamento, che intaccava il loro colore già sbiadito di natura. I signori del centro, con i loro panciotti su misura, il cappello a cilindro sempre sistemato sulla testa e i loro cappotti lunghi, insieme all'immancabile bastone da passeggio, si inoltravano per quelle vie solo per fare affari, ben lontani da essere leciti, lontani da occhi indiscreti e dalla luce del sole. Le signore per bene, invece, non avevano né il permesso né l'intenzione di avventurarsi in quei vicoli sporchi e malfamati. Nemmeno i più intrepidi ragazzini dell'alta società, in cerca di guai per loro diletto e noia, volevano ritrovarsi in periferia da soli, dopo il calar del sole. Le case sudicie e cadenti ospitavano gli operai e le loro famiglie, oltre che essere rifugio di prostitute e venditori d'oppio. I bordelli erano sparsi in tutta la zona, persino a pochi metri dalla piccola chiesa che celebrava la messa domenicale, ma non aveva funzioni serali perché si preoccupavano dell'incolumità di coloro che dovevano poi girare al buio. I sacerdoti e quei confessionali avevano ascoltato e, loro malgrado, perdonato i crimini più diversi e vomitevoli. Alcuni di loro scelsero di togliersi la vita, preferendo cadere all'inferno che sopportare oltre le malsane perversioni dei loro fedeli, anche se solo di nome e non di fatto, date le loro crudeli azioni.                                                                                                                                             Ma questo non impedì ad un uomo distinto e benestante di avviarsi per quelle strade, troppo di fretta per fare attenzione ai topi che giravano liberi per le strade e alle donne che tirando fuori dalle tuniche i seni rovinati dal fumo lo richiamavano a gran voce offrendo il loro corpo per pochi pence. Perse la strada almeno un paio di volte prima di svoltare l'angolo e trovarsi davanti a Meravigliagus.                                                                                                                                      L'uomo era visibilmente scosso. Il sudore gli macchiava la camicia bianca e il panciotto troppo stretto sembrava soffocarlo più del solito. Prese dalla tasca il suo orologio, non si sa se per controllare seriamente l'ora o se se lo fece solo per prendere tempo. Non sapeva nemmeno chi fosse la persona che stava cercando, conosceva solo la sua fama di inventore stravagante, oltre a tutte le voci che giravano su di lui. Con un fazzoletto ricamato si asciugò il viso e si sistemò la giacca per darsi un contegno e si avvicinò al negozio. Non appena aprì la porta una campanellina che avvertì il proprietario della sua presenza. Era troppo tardi per scappare. Sentì una voce meccanica, provenire dal bancone.                                                                                                          - Benvenuto a Meravigliagus. Ciò che tu immagini, noi lo costruiamo. Il mastro creatore e genio indiscusso è in officina sul retro, la prego di attendere finchè non riesce a raggiungerla. - l'uomo, sempre più convinto che la sua sia stata un'idea orribile, provò a capire da dove arrivava la voce senza però vedere nessuno. Così si mise a guardarsi in torno, cercando di indovinare la funzione di alcune delle macchine che lo circondavano in quel momento quando vide, vicino alla porta che dava sul retro, un pappagallo di ferro che sembrava fissarlo. Gran bel trucco pensò. Molti quadri davano la stessa sensazione. Fece qualche altro passo tra gli scaffali e si girò di scatto: aveva visto con la coda dell'occhio un movimento. Il pappagallo era esattamente nello stesso punto ma con la testa girata verso di lui. Gli occhi dorati erano dritti nei suoi. L'uomo perse l'equilibrio per lo spavento, si appoggiò ad uno scaffale che cedette sotto il suo peso facendolo crollare a terra insieme ad una dozzina di marchingegni. Che stupido, sono un ispettore di polizia e mi faccio spaventare per così poco. Ma quando si girò vide uno dei pezzi di ferraglia con una luce lampeggiante, emettendo un lieve "beep" a intervalli vicini e regolari. Il cuore iniziò a battere più forte e prima che potesse allontanarsi un lampo lo investì e un botto fortissimo gli fece sanguinare le orecchie. Poi le tenebre lo reclamarono.

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