Prima ancora di scorgere l'edificio, sempre grigio ma con una lieve sfumatura rossiccia, sentirono l'odore di alcol e oppio, così forte da provocare il mal di testa. Kyla si pentì di averli seguiti in quel quartiere. La guardavano con gli occhi velati dal vino o dal whisky di contrabbando, leccandosi le labbra e cercando di indovinare le forme del suo corpo sotto la camicia troppo grande per lei. Il suo negozio era in un quartiere simile, ma ormai conosceva chi vi abitava e nessuno faceva più caso a lei. Le vennero i brividi mentre camminava, disgustata dalle allusioni e dalle molestie che le stavano facendo con lo sguardo. Si sentì piccola, vulnerabile, sporca. Il detective non si guardava nemmeno intorno, percorrendo la strada con il passo da generale dell'esercito tanto che persino gli odori si separarono al suo passaggio come le acque del Mar Rosso. L'agente Burns, Robert per Kyla, si accorse del suo grande disagio e le si avvicinò porgendole il braccio. Enza esitazioni lei si appoggiò a lui, sentendosi già meno violata. Ciò che non vide fu l'occhiataccia che lui dirigeva a chi rivolgeva lo sguardo su di lei facendo desistere chiunque. Superata l'ultima svolta rimasero però tutti e tre paralizzati. Anche Monroe perse l'espressione impassibile di fronte al maniero che si trovarono davanti agli occhi. Era un edificio enorme, imponente. Le colonne avevano dei bassorilievi delicati, che rappresentavano delle foglie d'edera. Le finestre in stile gotico assomigliavano a quelle delle cattedrali parigine di cui si leggeva nei raconti. Era di una bellezza ricca di inquietudine. Si avvicinarono alla porta e videro la macchina che aveva accompagnato la ragazza al funerale del padre e seppero di essere nel posto giusto. Burns iniziò a sudare freddo quando vide i battiporta in ottone che rappresentavano il viso di rabbiosi Gargoyle. Fu il detective a bussare tre volte alla porta. Un uomo con il volto coperto e in ombra aprì la porta senza proferire parola e aspettò che entrassero. Davanti a loro si aprì un salone ampio, con il pavimento decorato con un mosaico. Al centro la luce illuminava una scalinata larga che si diramava ai lati. Sopra di essa, come fonte principale di illuminazione una grande vetrata colorata. L'immagine che rappresentava era però triste, era una donna che piangeva, con lo sguardo rivolto al cielo. Ai lati del salone invece gli arazzi con rappresentazioni di battaglie e di grandi gesta coprivano le pareti. Attesero con impazienza ed imbarazzo, senza sapere bene cosa fare, che qualcuno li accogliesse. Si sorpresero della cura ed eleganza con cui era tenuto quel luogo, se non lo avessero saputo non avrebbero mai indovinato il suo scopo. Si accorsero della figura che scendeva le scale osservandoli solo per un lieve frusciò che attirò l'attenzione in quel silenzio ovattato. Aveva un portamento regale, fiero, almeno quanto il sui sguardo. Si sentivano studiati, anche se erano loro che dovevano indagare. L'ondeggiare dei suoi fianchi era ipnotico, come la gonna lunga che ne seguiva i movimenti. Quando arrivò ai gradini centrali notarono che davanti la gonna era estremamente corta e lasciava scoperte le lunghe gambe fasciate da un paio di calze tenute alte da due cinghie del corsetto. Quest'ultimo le modellava il corpo e le alzava il seno prosperoso. I capelli rossi erano legati con uno chignon alto con qualche ciuffo che sfuggeva dall'acconciatura e le sfiorava le giance e il collo. Portava una collana di pizzo nero con dei piccoli ciondoli di ossidiana che pendevano, il più lungo appena sopra il petto, mettendolo ancora più in mostra. Con la sua sola presenza riempiva la stanza. Sorrideva a tutti con gli occhi arguti, incantatori e profondi.
- Salve. - Robert provò a nascondere il grande imbarazzo con le parole. Il suo sorriso si fece ancora più ampio, ma non parlò. Guardò Kyla, poi Monroe. Persino il detective deglutiva a vuoto, con i muscoli tesi e cercando di nascondere alla donna il lampo di desiderio che aveva provato mentre scendeva le scale. Ma la malizia che le riempì gli occhi gli fece capire di non poterle nascondere nulla. Cercò di darsi un contegno ed arrivare al punto, così da svignarsela il prima possibile.
- Sei la figlia di John Quertyn, dico bene? - Lei non smise di sorridere.
- Immaginavo che non foste qui per i miei servizi. Il giovane è troppo spaventato e lei mi sta giudicando, nonostante non le faccia ribrezzo suppongo. Ma la ragazza mi incuriosiva e sperare non costa nulla. - si godette le facce sbalordite dei tre visitatori e fece segno loro di seguirla. Entrarono in una stanza al primo piano, con i muri coperti da due grandi librerie e la finestra che illuminava la scrivania piena di carte e oggetti di ogni tipo. Si sedette e fece accomodare gli ospiti sui divanetti davanti a lei.
- Si, sono sua figlia. Immagino che non vi abbia mai raccontato di me, visto che si rifiutò di parlarmi da quando compii dciotto anni. In questi ultimi otto anni non si fece mai vedere. Non si fece vedere nemmeno al funerale di mia madre. - La tristezza che trapelò fu subito nascosta dal sorriso. - Ma ho voluto assistire lo stesso al suo. È stato orribile il modo in cui ci ha lasciato, per quanti sia stato un pessimo padre e un pessimo marito non si meritava di certo questo. Ma immagino che se siete venuti fino a qui avrete delle domande. Prego. - li invitò a parlare con un gesto gentile.
- Volevamo in primo luogo farle le più sentite condoglianze. - sussurrò un lieve "grazie" e li lasciò continuare. - Ma sfortunatamente le disgrazie non arrivano mai da sole. Crediamo che lei sia un obiettivo dello stesso criminale che ha provocato la morte di suo padre. Abbiamo trovato un biglietto sotto la sua postazione in chiesa e credo che fosse rivolta a lei.
Non sembrò particolarmente turbata dalla rivelazione ma chiese di poter leggere il biglietto. Senza alzare lo sguardo dal foglio si asciugò una lacrima solitaria dalla guancia pallida.
- John Milton. Il preferito della mamma. - alzò lo sguardo, tornato impassibile. - Ma non credo che fosse rivolto a me. Era per mio padre.
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Mechanical puzzle
Mystery / ThrillerLe vie dell'Inghilterra vittoriana sono il teatro del paradosso. All'ombra di grandi chiese nascono fumerie d'oppio e squallide taverne, il benestare delle città industriali contrasta con le periferie grigie e senza luce. In quest'atmosfera trova la...