Capitolo 1

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Galadhon si svegliò sdraiato. Era così alto che i suoi piedi uscivano fuori dal letto. Galadhon era un elfo mago, alto 2 metri, dai capelli argentati, il naso romano, viso ovale con mento e zigomi poco pronunciati. Si trovava in una casa piccola, aveva una forma rettangolare, un camino al centro del lato a destra della porta, dove stava cuocendo uno stufato di verdure, con di fronte un tavolo e due semplici sedie. Il letto su cui si trovava Galadhon era nell'angolo dell'altro lato. L'odore dello stufato stava già facendo riprendere Galadhon, che stava tentando di mettersi seduto sul letto. D'improvviso si aprì la porta ed entrò una ragazza umana, la quale corse a far sdraiare nuovamente Galadhon dicendogli «Non muoverti. Resta sdraiato, devi ancora riprenderti!». Era una ragazza bionda, naso a patata e viso tondo. La sua voce era delicata e calma. Galadhon, obbedendo alla ragazza, si abbassò nuovamente e chiese «Dove mi trovo? Chi sei tu?». La ragazza rispose «Mi chiamo Jankain. Sono una maga del villaggio di Mantorias. Ti trovi a casa mia da 2 giorni. E, prima che tu lo chieda, il tuo acero sta bene, era stato avvelenato, l'ho curato con un infuso di erbe e si sta riprendendo, proprio come te».

Galadhon rimase in silenzio sul letto. Non sapeva più cosa dire visto che Jankain aveva già risposto a tutte le sue domande. Rimaneva solo una cosa da dire. «Grazie, davvero», disse mentre la ragazza si era alzata per andare a controllare lo stufato «Di nulla», rispose Jankain «Mi sembrava il minimo. Forse così anche voi elfi capirete che chiunque può e deve essere aiutato». Galadhon non parlò. La ragazza aveva ragione, gli elfi silvani erano molto restii ad aiutare altre creature che non fossero animali o altri elfi. Forse per un senso di superiorità o forse perché erano poco fiduciosi nei confronti delle altre creature. Una particolarità che però era poco comune ai loro cugini, gli elfi delle montagne Pollastis, i quali avrebbero dato la vita pur di aiutare un'altra creatura, anche se quella avesse tentato di ucciderli o altro. Ovviamente questo trattamento non era riservato ai loro nemici.

«Ho preparato lo stufato di verdure per te, so che la tua dieta non prevede animali», disse la ragazza, distogliendo Galadhon dai suoi pensieri «Te la porto al letto. Non devi affaticarti». Galadhon prese la scodella colma di stufato e cominciò a mangiare, con la ragazza che, nel frattempo, aveva preso una sedia e si era seduta accanto a lui a mangiare. «Hai visto chi ha avvelenato il mio acero?» chiese ad un tratto l'elfo. «No» disse la ragazza «Ma sospetto possa essere stato un elfo oscuro. Gli elfi oscuri sono gli unici, oltre a voi e pochi umani come me, a poter entrare in una città elfica». La ragazza aveva ragione. Gli elfi oscuri avevano tutte le capacità degli elfi, ma, al posto di aiutare il proprio popolo oppure aiutare altre creature, pensavano solo a loro stessi ed ai loro oscuri fini. La ragazza poteva entrare all'interno della città grazie ad una runa donata da un elfo silvano salvato in precedenza da un Ghoul. «Se così è stato allora l'intero villaggio è in pericolo. Devo andare ad avvertirli immediatamente» disse Galadhon, poggiando la scodella sul tavolino accanto al suo letto e tentando, nuovamente, di alzarsi, e, nuovamente, la ragazza lo fece sdraiare e gli diede la scodella dicendo «Stai tranquillo. Ho detto che devi riposarti, e, comunque, tutto il tuo villaggio è fuggito con i propri alberi. Li ho visti scappare tutti fuori dal villaggio ad una velocità pazzesca. Sembravano veloci anche per essere degli elfi». Gli elfi, infatti, erano tutti fuggiti ed erano riusciti a portar con loro i propri alberi grazie ad un incantesimo che permetteva il loro trasporto sottoforma di minuscoli bonsai dentro delle palle di cristallo. Dopo aver sentito questo Galadhon si calmò, in parte, pensando che comunque il suo albero si trovava ancora a Caharamintas. Quasi leggendo i suoi pensieri la ragazza disse «Tranquillo. Dopo aver curato il tuo albero ho posto anche un incantesimo di protezione ed invisibilità. Così nessuno potrà vederlo, e nemmeno avvicinarsi ad esso». Galadhon rilassò i nervi e finì di consumare la sua porzione di stufato.

Jankain lavò le scodelle nel ruscello accanto che scorreva a pochi metri da casa dua e rientrò. Trovò Galadhon seduto sul letto, proprio nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato. «A cosa stai pensando?» chiese la maga «Se i tuoi sospetti fossero giusti, dovremo metterci in viaggio molto presto. Domani analizzerò il mio albero e troverò, attraverso i suoi ricordi, chi ci ha fatto questo!». La ragazza rimase a fissarlo e, con calma, chiese «In viaggio per dove?» «Per Jacrintas prima, per le montagne Pollastis poi. Devo parlare con i druidi delle due città». Jankain rimase a fissarlo. Era molto raro che un elfo silvano chiedesse aiuto a altre creature che non fossero elfi silvani. Galadhon si accorse che la ragazza lo stava fissando ed aggiunse «Se i tuoi sospetti fossero reali, c'è solo una creatura in grado di fare questo... Úmarth».

Uthencoi - Úmarth del SottosuoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora