Capitolo 5

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L'elfo cavalcò per due giorni in lungo e in largo per le Praterie Albine, riuscendo a evitare una serie di animali pericolosi lungo la via. Si fermò alla fine del primo giorno sulle coste del Lago dei Bunyip. Il mattino successivo si diresse a Sud verso le Montagne Pollastis. Prima di entrare nella vallata che conduceva alle montagne, un bandito gli si piazzò di fronte. «50 pezzi d'oro per passare. Questo è il pedaggio» disse con un ghigno. Galadhon lo ignorò e stava per passare quando l'uomo gli taglio nuovamente la strada ed estrasse il pugnale. A quel punto Galadhon scese da cavallo e si preparò a combattere. Schivò due affondi, al terzo afferrò la mano dell'uomo dicendo «Stimarir». Sul braccio dell'uomo si formò un solco profondo fino alla spalla. L'uomo scappò ululando dal dolore pentito di aver disturbato un mago.

Arrivò poco dopo mezzogiorno all'ingresso della Valle Pollastis. Arrivò a un bivio e proseguì a sinistra verso Castorminas, la città degli elfi delle montagne.

Cavalcò per altre due ore fino a giungere alle porte della città. I palazzi erano incastonati all'interno della pietra, ma la città era sviluppata principalmente in verticale, senza entrare all'interno della montagna. Le case sembravano fatte di velluto bianco per quanto la pietra era stata ben lavorata e levigata. Non c'era nessun palazzo, a indicare che il re di quegli elfi preferiva vivere con il popolo e in mezzo a quest'ultimo. Delle torri di guardia erano poste all'ingresso della piccola valle su cui sorgeva la città e un portone di legno di quercia era posto fra esse.

Gli elfi di guardia fermarono Galadhon a cavallo e gli chiesero «Cosa ci fai qui, elfo di Palaris?! Sei molto lontano da casa». La risposta di Galadhon fu immediata «Sono qui per parlare con il vostro re e con Norhand il druido. L'Oscuro ha fatto il suo ritorno». A quelle parole sul viso delle guardie si lesse la paura e subito aprirono i cancelli. Galadhon entrò al galoppo e corse verso la sala dove il re teneva le sue conferenze. Arrivato di fronte alle porte della sala lasciò il cavallo a uno stalliere ed entrò nella sala. La stanza era grande, alta almeno una decina di metri con colonne portanti che correvano lungo i muri. Al centro c'era un lungo tappeto blu fino ad arrivare di fronte al trono, incastonato nella pietra della parete della montagna su cui era stata costruita la sala. Lungo tutte le pareti si vedevano numerose statue di vari personaggi illustri del popolo elfico di Castorminas.

Galadhon arrivò di fronte al trono dove era seduto il re e si inchinò. il re era un elfo alto quanto un uomo, gli elfi delle montagne erano infatti più bassi rispetto ai loro cugini dei boschi. Aveva un mento pronunciato e un naso aquilino. La sua pelle era bianca come le pareti della sala e i suoi occhi erano di un azzurro limpido come il cielo di una giornata primaverile.

Il re fece cenno a Galadhon di alzarsi e disse «Io sono Adomorn Dawntracker, re degli elfi delle montagne Pollastis e bla bla bla... vieni qui Galadhon amico mio e lasciati abbracciare». Con un sorriso che gli arrivava fino alle sottili orecchie a punta strinse Galadhon a sé. Dopo averlo lasciato andare gli disse «Galadhon è sempre un piacere vederti e poter passare del tempo con te. Per quale motivo sei venuto da queste parti?». Galadhon tornando serio disse «Ne parlerò quando arriverà anche Norhand. Spero non ti offenda se ho chiesto a nome tuo di farlo portare qui da una delle guardie. È una questione della massima urgenza e non bisogna perdere tempo» «Non mi offendo ma mi preoccupo. Tu che ti prendi queste libertà e che parli di muoversi velocemente mi preoccupa molto». Si spostarono in una stanza più piccola e con il camino acceso per scaldarsi intanto che aspettavano il druido, il quale entrò dalla porta pochi minuti dopo. «Mi avete fa...» la frase si perse fra le sue labbra nel vedere Galadhon. Quasi pianse per la contentezza di vedere l'amico e, dopo i saluti, si mise a sedere accanto a loro.

Galadhon spiegò tutto ciò che era accaduto fino a quel momento, dai suoi sospetti su Úmarth fino al momento in cui era entrato in città. «Ecco ora che sapete tutto devo chiedervi un favore» «Non chiederlo neanche la nostra risposta è sì, aiuteremo te e tutta Uthencoi contro questo nemico potente» disse subito Adomorn. «Io accelererò l'addestramento dei maghi e provvederò a trovarne di altri» affermò subito Norhand sicuro si sé. Il re fece un cenno di approvazione insieme a Galadhon. «Ovviamente il mio esercito è già pronto per la battaglia, ma non riesco a capire le motivazioni del re di Jacrintas. Sa perfettamente chi è e cosa può fare Úmarth, tuttavia deve chiedere il permesso per agire. Non ha alcun senso! Anche con le rassicurazioni del loro druido non sono affatto contento e non mi sento affatto tranquillo». Galadhon non rimase sorpreso da quella reazione, anzi tutt'altro. «Hai ragione, ma Davendithas non è né stolto né imprudente. Deve pensare alla sua popolazione ma anche alle sue tradizioni. E comunque sono abbastanza certo che anche senza l'approvazione del consiglio dei saggi lui ci darà una mano con il suo esercito, anche se buona parte delle legioni le lascerà a protezione della città. Non potete affermare che lui sia uno stolto a lasciarle in città con i suoi sudditi e tutto ciò che possiede per proteggerli.

«Comunque sia, sono certo che, data la grandezza delle sue legioni e la grandezza del regno che deve proteggere, potrà assicurarci circa 6.000 uomini. Non sono tantissimi vista la vastità dell'esercito dell'Oscuro, ma almeno sono numeri che si aggiungono al nostro esercito». I due elfi non sembravano molto convinti, ma si fidavano di Galadhon e ciò che aveva detto non li aveva rassicurati, ma neanche fatti impaurire. «E sia» disse il re «Ora devi andare ad avvertire anche i nani. Posso fare io da intermediario o posso mandare uno dei miei messaggeri. L'importante è che tu non vada da solo. I nani non amano molto gli elfi silvani. Credono che vi sentiate troppo snob e che siate delle creature infide» «Non sarebbero i primi né gli ultimi a pensarlo. E non hanno alcun torto a farlo». Risero tutti e tre. Galadhon stava già per ripartire e rialzarsi quando il re lo fermò e disse «Il pericolo è imminente ma non posso lasciarti andar via conciato in questo modo e a quest'ora del pomeriggio. No, tu rimarrai qui per la notte. Stasera ceneremo tutti insieme solo noi tre ricordando i vecchi tempi, e domani mattina troverai un cavallo e una scorta che ti porterà a Riordonor, la città costruita dai nani. Ti avverto, non sottovalutare mai un nano e non offenderlo in nessun modo sono molto permalosi. E per quanto riguarda la loro città, beh lo sai la loro bellezza è decantata nelle ballate fin dai tempi più antichi quindi aspettati la magnificenza». Galadhon sorrise e rispose «Sono ben lieto di ottemperare a quanto richiesto da te. Ho proprio bisogno di riposare».

Arrivato nella sua stanza Galadhon si fece un bagno, si mise dei vestiti puliti portatigli poco prima dal vassallo del re e si stese a riposare prima di andare alla cena.

Uthencoi - Úmarth del SottosuoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora