Capitolo 4

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Galadhon si alzò di buon'ora, quando il sole era appena sorto. Si vestì, preparò le borse e, con le borse con sé, si recò alla sala da pranzo, dove gli venne servita la colazione.

Aveva appena finito la colazione e si stava preparando a partire, quando un uomo lo chiamò. Una volta che si fu avvicinato scoprì che si trattava del vassallo reale e che lo stava conducendo nelle stanze private del re.

Ci misero quasi 5 minuti per arrivare alle stanze data la grandezza del castello. Quando arrivarono il vassallo lo annunciò «Signore, come da lei richiesto le ho portato l'elfo di Caharamintas». Detto ciò si dileguò. La stanza era grande, con un letto a baldacchino nella parte sinistra della stanza rispetto alla porta, uno scaffale pieno di libri immediatamente accanto al letto. Di fronte al letto c'era uno specchio con un vaso per lavarsi il viso e le mani. Accanto allo specchio si trovavano una schiera di quadri che rappresentavano tutti i re precedenti. Nella parte destra della stanza si trovava il camino, grande, in marmo bianco, dove un gran fuoco riscaldava la stanza. Di fronte a quest'ultimo si trovava una scrivania di ebano nero, con sotto le sue zampe un tappeto ricavato dalla pelle di un orso delle Praterie Albine, rinomati per la loro grandezza. Di fronte alla scrivania c'era una sedia piena di intarsi e merletti, anche questa di ebano nero. Sulla sedia sedeva il re.

Galadhon rimase in silenzio in attesa che il re si girasse. Il re era un uomo possente. Anche se era seduto si poteva vedere che era un uomo alto. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, neri, mossi e frastagliati con delle ciocche bianche ad indicare che era un uomo sulla quarantina.

Appena si girò Galadhon vide subito il peso della corona sul suo viso. Aveva delle profonde rughe che gli scavano la fronte, gli occhi quasi del tutto spenti e con pesanti borse sotto. Aveva un naso proporzionato al viso, leggermente a patata. Le orecchie erano nascoste dai suoi capelli, ma quello che colpì Galadhon furono i suoi occhi, rossi, segno che era riuscito a sfuggire a una maledizione che altrimenti gli sarebbe costata la vita. Le sue mani erano grandi quasi quanto le zampe dell'orso la cui pelle era stesa sotto la scrivania. Le spalle e il petto possenti e, dalla maglia, si intravedeva una cicatrice profonda, segno del combattimento che aveva avuto con l'orso.

«Io sono Davendithas Silverkin, conosciuto anche come Pelle Argentata, soprannome ereditato da mio padre, per via del nome, figlio di Adoamros Silverkin, re degli uomini del regno di Jacrintas e protettore delle Praterie Albine e del Bosco dell'immortale.». Alla fine della presentazione Galadhon si sentì piccolo di fronte all'imponenza del re e alla sua fierezza. «Tu sei l'elfo che è arrivato ieri sera insieme a quella maga giusto? Devo ammettere che sono rimasto leggermente offeso dal fatto che non siete venuti a rendermi omaggio appena arrivati in città, e anche per il fatto che una tale notizia mi sarebbe stata dovuta riferire prima che al druido.». Galadhon si sentì in imbarazzo. È vero che non glielo aveva detto prima di tutti e neanche che era andato a rendergli omaggio appena entrati in città, ma la situazione era troppo grave per provvedere ai convenevoli. Tuttavia, Galadhon capì subito il tono della situazione e la piega che avrebbe preso se non avesse risposto in maniera adeguata. «Mio signore, mi scuso per la mia insolenza e quella della maga. È vero che non siamo venuti subito a rendervi omaggio e a comunicarvi la notizia, ma Oloroar ci è venuti a prendere al cancello mentre stavamo ancora parlando con le guardie per concederci l'ingresso e subito ho provveduto per lo meno a informare lui. Tuttavia, ciò non ci giustifica e soprattutto mi assumo la piena colpa della noncuranza e della mancanza di rispetto in riferimento al fatto di non aver provveduto a rendervi omaggio». Dopo aver detto queste parole Galadhon si sentì sollevato in quanto vide il viso del re addolcirsi. Per quanto grande e fiero, inoltre, il re era un uomo molto acuto e molto comprensivo e caritevole. Il re rispose «Vi viene perdonato tutto, ma ricordate che non tutti i signori sono così ragionevoli» e osservò Galadhon in modo preoccupato e ragguardevole. L'elfo fece un profondo inchino proferendo poche parole «Voi siete molto gentile e comprensivo». Il re alzò una mano come a dire che non era successo nulla e si accese la pipa. Rimase seduto ad osservare il fuoco per qualche minuto. Poi disse «Posso osservare il tuo albero? Ho abbastanza conoscenza magica da poterlo fare». Galadhon sembrò restio a consegnargli l'albero, ma sapeva di non poter fare altrimenti. Il re allungò la sua grande mano e osservò l'albero. Dopo qualche secondo, le sue rughe sulla fronte divennero più profonde, sembravano quasi voler scavare la sua carne e il suo cranio fino al cervello. Riconsegnò l'albero all'elfo e disse «Se vuoi puoi controllare che non abbia fatto nulla, non mi offendo» e si girò con uno sbuffo di fumo a osservare nuovamente il fuoco. Galadhon passò velocemente le sue dita fine sulla sfera e constatò che era tutto a posto e la ripose nella sua tasca interna. Il re continuava a fissare il fuoco senza proferire parola, allora Galadhon decise di parlare «Cosa ne pensate? Ci aiuterete?». Il re si girò pensieroso e disse cautamente «Non posso». L'elfo rimase sbigottito da una tale affermazione e sull'orlo della collera, ma con ancora un briciolo di calma disse «Ma non potete rifiutarci il vostro aiuto. Senza voi e i vostri uomini perderemmo una grandissima parte dell'esercito necessario a distruggere Úmarth!». Il re lo osservò in silenzio, poi disse «Non posso aiutarvi poiché questo supera anche i miei poteri. Lo schieramento di un esercito umano unificato contro lo stesso nemico è a carico del consiglio di saggi a capo di tutti i regni. Per ora posso assicurarti che invierò un gruppo di messaggeri a tutti gli altri regni umani per richiedere il loro aiuto nel chiedere ai saggi l'unione degli eserciti. Inoltre, invierò un messaggero direttamente al consiglio dei saggi per comunicargli quanto accaduto e quanto visto nel tuo albero. Oltre questo non posso muovere un esercito poiché sarebbe un suicidio se fossero presenti solo i miei uomini». Galadhon era ancora nervoso e sbalordito, ma sapeva di non poter forzare la mano altrimenti avrebbe perso anche l'appoggio di Davendithas. Molto cautamente rispose «D'accordo, ma vi prego di informarmi sugli sviluppi, sempre che ciò vi sia possibile e che vogliate concedermi l'onore». Il re rispose subito «Ti terrò informato attraverso Oloroar. Ora non ho altro da dirti e ti do la mia benedizione per il viaggio che stai per intraprendere. Avverti gli altri della tua razza e poi vai dai nani. Avrai bisogno di chiunque possa darti una mano. Trova anche i druidi delle foreste nel Bosco dell'immortale, loro sono in grado di assicurarsi l'aiuto di qualunque animale. Ora vai e non fermarti finché la tua missione non sarà compiuta». Galadhon salutò con un inchino, si girò e uscì dalla porta. Il re aveva già cominciato a scrivere le lettere.

Arrivò nella stalla, salì sul cavallo che lo stalliere aveva già sellato e si recò alle porte della città. Fermi accanto alle guardie c'erano Oloroar e Jankain. Galadhon tirò le redini e scese da cavallo. Oloroar gli chiese cosa fosse successo e Galadhon gli raccontò della conversazione con il re. «Sappi che il re sta facendo tutto ciò che è in suo potere per poterci aiutare e per salvaguardare il regno e la sua gente. Il consiglio dei saggi non è composto da stolti e hanno una grande considerazione di Pelle Argentata, sono abbastanza sicuro che acconsentiranno alle richieste, soprattutto se saranno incalzati anche dai sovrani degli altri regni» spiegò Oloroar. «Lo spero con tutto il cuore» rispose Galadhon. Si girò verso Jankain che nel frattempo non gli aveva staccato gli occhi di dosso. "Sembra preoccupata per qualcosa" pensò Galadhon. «Cos'hai?» le chiese. Jankain quasi sussultò e, arrossendo, disse «Nulla». Rimasero in silenzio mentre Oloroar sorrideva e chiedeva alle guardie di seguirlo. «Qui ti saluto Galadhon e torna vincitore» e si dileguò. Jankain e Galadhon rimasero soli e prima che Galadhon potesse dire qualcosa Jankain quasi sussurrò «Ti prego stai attento» e, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, fuggì in direzione del castello ancora paonazza in viso. Galadhon rimase immobile a guardarla esterrefatto. E cominciò a capire il motivo per cui Oloroar avesse detto quella cosa la sera prima. Tuttavia, pensò "Probabilmente mi sto solo ingannando. Perché dovrei piacerle". Nonostante ciò partì molto più felice e carico rispetto a prima. Con la testa alle montagne Pollastis incitò il cavallo al galoppo. Il saluto di Jankain aveva fatto molto più effetto di quanto pensava.

Uthencoi - Úmarth del SottosuoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora