Capitolo 3

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Harry.

La vedo dormire tranquillamente in questo letto d'ospedale, la sua pelle più pallida del solito ricorda tanto la luna piena che illumina dominando un cielo stellato e fa da lampione alle strade buie diventando un punto di riferimento per chi si disperde. Le sue labbra piene e carnose ora sono screpolate, ma non perdono mai il loro colore. Vorrei poterla baciare, farle sentire che nel bene o nel male ci sono e ci sarò sempre. Se solo mi lasciasse spiegare, le direi cosa realmente è successo sette anni fa, per lei tutto sarebbe un colpo, per questo le ho scritto le lettere, il loro obbiettivo è quello di dirle tutta la verità che voglio dirle, ma che non ho mai il coraggio di fare. Non sono mai riuscito a dirle quanto realmente mi piacesse, non sono mai stato bravo ad esprimermi, e me ne faccio una colpa, perché il mio non sapermi esprimere mi ha sempre portato a perdere le persone, ma non voglio perdere lei. Lei conta davvero molto nella mia vita e se la perdessi non so che cosa farei, so solo che non mi rassegnerei mai alla convinzione di restarne senza. Le stringo una mano, la sua pelle è morbida, con il pollice disegno dei piccoli cerchi, le sue unghie sono laccate di un oro che in questo momento attira tutta la mia attenzione, persino le sue unghie sono bellissime e so che magari sembra una cosa sciocca, ma tutto di lei è stupendo, anche la cosa che per gli altri può risultare insignificante.
Quando sono entrato in camera e l'ho vista a terra, ho subito avuto paura. Tremava, sudava e non rispondeva ai nostri richiami. Prima ancora che arrivasse l'ambulanza è svenuta. Volevo esserle vicino persino lì dentro, ma i paramedici non mi hanno voluto far entrare, così ho preso la macchina e mi sono avviato veloce come non mai all'ospedale e mi sarò sicuramente beccato un paio di multe passando con il rosso, ma poco m'importa ora.
Il suo respiro ora è regolare, il monitor accanto al letto segna i battiti del cuore, i medici hanno detto che servirà per un paio d'ore per essere sicuri che al cuore sia tutto apposto. "Posso?" entra una dottoressa con i capelli grigi, avrà più o meno una cinquantina d'anni, ma si vede dalla sua cera che è molto stanca.

"Certo, dottoressa", le dico facendole segno di entrare.

"Grazie. Dovrei parlare con qualche parente, lei chi è?" mostra una cartellina blu che prima aveva dietro di sé.

"Io sono il fidanzato, può dire tutto a me", non capisco l'importanza di parlarne solo con i genitori, io sono qui per lei, la conosco quindi mi sembra giusto che debbano dare informazioni anche a me.

"Perfetto, quindi sono felice di farle gli auguri a lei e la sua ragazza, ma come in tutte le cose, c'è sempre una notizia spiacevole", sospira lentamente come se cercasse di trovare le parole.

"Non la seguo, dottoressa", inizio a sentirmi male. Tutta questa situazione mi crea un'ansia assurda.

"La sua ragazza aspetta un bambino, ma c'è una complicazione più grande, non riusciamo a capire cosa possa essere successo, posso solo dirle che i sintomi che ha non promettono nulla di buono. Dobbiamo farle degli accertamenti per capire meglio cosa sia successo e in più abbiamo bisogno di tenerla sotto osservazione perché il bambino ha bisogno di crescere sano senza alcuna complicazione", sul suo viso pieno di rughe si intravede la difficoltà nel pronunciare queste parole.

Sono scosso dalla notizia. Incinta? Sul serio aspetta un bambino? È mio? La notizia di avere un bambino mi mette un po' i brividi perché io e Tess non conviviamo e non abbiamo risolto nulla della nostra relazione quindi non vedo nessuna cosa positiva in questo momento. Certo, sono contento, ma avrei preferito attendere. Oltretutto, io non so se riesco a cavarmela, da padre, sarei un fallimento.
Varie domande affollano la mia mente. È incinta, ma non capiscono che cosa possa essere questa complicazione. Ho paura per lei, per noi e per il bambino.
Non avevo mai pensato ad una famiglia, pensavo solo a me e a lei, ma questa notizia così all'improvviso mi ha scombussolato un bel po'. Pensavo che una volta che fossimo stati assieme, ci avremmo pensato al formare una famiglia. Quello di cui sono sicuro, è che la mia famiglia è lei, qualsiasi cosa accada.

"Continuo a non capire. Complicazioni di che genere?"

"Dico solo che potrebbe perdere il bambino, per questo dobbiamo cercare al più presto la causa di questo suo malessere", spiega con voce anch'essa stanca.

"Dottoressa", ho un gruppo in gola che m'impedisce di parlare. I suoi occhi verdi contornati da occhiaie incontrano i miei. "Potrebbe essere molto grave?"

"Ragazzo, ti dirò la verità: potrebbe esserlo come non potrebbe esserlo, dipende tutto da come si evolvono i fatti e le cause che portano. Non potrei darle informazioni private, sappia soltanto che la sua donna è in buone mani e faremo di tutto per capire cosa succede", mi sorride dolcemente.

Mi avvicino a lei e le prendo le mani. "Grazie mille dottoressa, lo apprezzo molto, però adesso le posso dare io un consiglio?"

Mi guarda confusa. "Mi dica."

"Vada a riposarsi, è molto stanca, si vede, ha bisogno di riprendersi", ricambio il suo sorriso che si allarga.

"Ragazzo, devi capire che questo è il mio lavoro, non riuscirei a dormire sapendo che la famiglia di un bambino di cinque anni attende di essere avvisata quando potrà essere operato il suo bambino che è malato di cuore. Il mio lavoro è la mia vita, mi piace salvare le persone che hanno ancora una vita davanti. E non fa nulla se non vivo la mia, io l'ho sempre vissuta attraverso gli altri mentre mi raccontavano le loro vicende e le assicuro che questa è la mia vita", leggo sincerità nel suo sguardo. Nonostante sembra abbia una certa età non si arrende ed è una cosa positiva. Mi piacciono le persone così, quelle che in ogni cosa che fanno, ci mettono il cuore.

"Sono davvero delle bellissime parole, dottoressa."

Sorride e le sue guance si tingono di rosso, lei china il capo per nasconderle. "Mi sta trattenendo troppo, ho tanto lavoro da sbrigare", si gira appoggiando la mano sulla maniglia, prima di uscire, mi sembra che con un filo di voce abbia detto, "Ti ringrazio", ma non ne sono sicuro.

Ritorno a fissare Tess continuare a riposare, è ancora stupenda, ma d'altronde lo è sempre. Mi siedo sulla sedia scomodissima accanto al suo letto e le prendo ancora una volta la mano attendendo con ansia il suo risveglio. Ora come ora mi rendo conto di quanto siamo incasinati. Ora come ora, devo lottare per averla più di quanto stessi facendo prima. Ora come ora, la voglio con me ogni singolo giorno della mia vita. Per sempre. Io, lei e il bambino.

Baci eterniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora