Si era svegliato verso le quattro del mattino. Sara l'aveva sentito che scivolava fuori dal letto e aveva avuto paura che volesse andarsene. Sensi sembrava proprio il tipo da scivolare via nel cuore della notte.
Era soltanto andato in bagno.
Poi era tornato in camera da letto, in mutande. Sara aveva visto la sua silhouette sulla porta. La guardava.
«Ti vedo» aveva detto, piano.
«Oh, non volevo svegliarti» aveva risposto lui, infilandosi tra le coperte.
Le luci rade della parte di città che si arrampicava sopra via XX Settembre creavano un alone nella stanza. Sensi tornò a stendersi con un vago sorriso. «Volevo guardarti, ma non vedevo quasi niente» disse.
La sera precedente... be', qualche ora prima, si era presentato da lei inaspettato. Non aveva detto quasi niente. Solo: 'è venerdì'.
Da quel momento in poi, Sara aveva avuto in testa la canzone dei Cure. Aveva un orecchio eccellente per la musica. Ricordava ogni accordo, ogni nota. E, naturalmente, ogni parola.
'È venerdì' era la dichiarazione d'amore più strampalata e genuinamente toccante che avesse mai ricevuto – e ne aveva ricevute un certo numero.
«Ti amo anch'io, sai» mormorò, un po' assonnata.
Sensi, accanto a lei, rimase in silenzio.
«Non mi succede molto spesso» aggiunse Sara. «No, non mi succede mai» corresse.
Lui le spostò gentilmente una ciocca di capelli dalla guancia.
«Insomma, non sono abituata».
Ancora una volta, lui non disse nulla.
«Lo sto facendo di nuovo, eh?» sorrise lei. «Chiacchierare a vanvera».
Sensi la baciò su una spalla. «No» sussurrò. «Dimmelo ancora».
«Che ti amo?»
«Non so. Quello che vuoi».
Sara gli posò la testa tra la spalla e il petto. Era una bella sensazione, stargli vicina. Gli accarezzò un braccio in punta di dita. «Vorrei restare qua... molto a lungo. Mi sembra che sia il mio posto, anche se non sono brava a capire quale sia, di solito. Di solito sbatto qua e là come una mosca in un barattolo».
«Mh. Una sensazione familiare. Ho paura, forse».
Lei gli accarezzò il contorno del viso. «Non lo sai?»
«La prima volta in cui ti ho vista... no, probabilmente la sera dopo, a cena. Abbiamo fatto in modo di non conoscerci davvero, no? Avevo paura».
«Sì, avevo paura anch'io. Non so perché» aggiunse, anche se lo sapeva alla perfezione.
Sensi appoggiò la bocca sui suoi capelli, accarezzandola piano.
«Oh, ma è molto semplice. Solo che preferirei non parlarne. Non... ancora». C'era una nota incerta, nella sua voce. Come se l'idea che un giorno, invece, ne avrebbero parlato lo stupisse profondamente. Come se il fatto di dire 'non ancora' significasse che ci sarebbero stati altri momenti e lo lasciasse confuso. «Preferirei solo... stare qua e guardare il tuo profilo, senza vederlo nemmeno».
«Il mio profilo» sorrise lei, con aria vaga. «Ma c'è qualcosa che vuoi sapere, no? Non vuoi parlare di te, ma vuoi che io ti parli di me».
«Probabilmente non è corretto» ammise lui. «Ma, sì, vorrei saperlo».
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I ricordi degli specchi - L'indagine più oscura del Commissario Sensi
ParanormalÈ una notte umida e Sensi sta scendendo per una delle molte scalinate della parte collinare della città, quando sente un grido. Temendo un'aggressione, il commissario si precipita da quella parte. Per terra c'è quello che somiglia tanto a un cadaver...