CAPITOLO 18

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... La donna che ama farsi chiamare Artemisia indossa il mantello che le porgono e si abbassa la bauta. Dopo il calare del sole è vietato andare in giro con il viso coperto, così dice il regolamento cittadino. Scende le scale del palazzo signorile in cui si è tenuta la festa, ancora accaldata per i balli. Etta, la sua anziana donna di compagnia, la attende vicino all'uscita.

Fuori la nebbia è fitta. L'umidità si alza dai canali, fredda e tagliente. Artemisia si stringe meglio nel mantello.

«Non vedo l'ora di essere a casa» si lamenta Etta, come sempre, in pesante dialetto trevigiano. «C'è un tempo spaventoso».

Artemisia sorride e scuote la testa. «È il tempo del Carnevale, Etta! Siate positiva!»

Lei borbotta qualcosa. «Non si vede a un palmo dal naso» continua a lamentarsi.

Artemisia non può darle torto. La nebbia è fitta come una coltre e fredda come neve. Per fortuna non manca molto all'appartamento che i suoi amici le hanno messo a disposizione. Una bella zuppa calda e poi a letto.

Le strade sono quasi deserte, ma dalle finestre provengono i rumori delle feste ancora in corso. Artemisia si infila in una calle, vuole abbreviare il percorso. Inizia a essere infreddolita come Etta. La donna di compagnia la segue con passo pesante.

«Che cosa abbiamo, qua?» dice una voce, all'improvviso. Artemisia si volta, smarrita. Nella nebbia, si avvicinano le sagome di due uomini, una davanti e una dietro di loro.

«Una signora!» esclama il primo uomo, e Artemisia si pente di aver abbassato la bauta.

«Una puttana, vorrai dire» corregge il secondo, con una risata.

Artemisia sospira e mette mano alla borsa dei soldi. Etta sembra appiattirsi contro il muro.

«Che cosa fai, puttana?» grida uno dei due, avvicinandosi. Ha un coltello. «Che cosa cerchi, là sotto?»

Artemisia si impone di restare calma. «Vorrei passare» dice.

«Che cosa cercavi? Fa' vedere!» insiste uno dei due, strattonandola. La borsa cade a terra, producendo un cupo tintinnare di monete. «Dei soldi?» dice il primo, con voce fintamente scandalizzata. «Cosmè, questa puttana ci ha presi per rapinatori!»

«È offensivo!» grida l'altro delinquente, stringendola da destra. «Volevamo solo conoscere le sue tariffe!»

Etta, retrocedendo come un gambero, è riuscita ad allontanarsi. Ora si volta e corre vie sulle sue gambe tozze.

Gli uomini la vedono scappare e si mettono di nuovo a ridere. «Ma sì, vattene, vecchia gallina!»

Artemisia ormai è stretta contro il muro. Sente il loro fiato alcolico, vede i loro visi arrossati.

«Allora, quanto vuoi per mezz'ora, puttana?» insiste uno dei due.

Artemisia prende fiato. «Credo che ci sia un malinteso» dice, anche se sa già che non c'è nessun malinteso.

«Un malinteso?» ripete uno dei due, ridacchiando. «Oh, sì... ci ha scambiato per dei rapinatori. Io credo che dovrebbe farci divertire gratis, a questo punto!»

«Lo credo anch'io» gli dà man forte il secondo uomo. Prende Artemisia per il mento e le solleva il viso. «Guarda che bel faccino».

Artemisia cerca di liberarsi.

«Ah-a» la avverte il primo, puntandole il coltello alla gola.

«Lasciatemi andare» dice Artemisia. «Prendete i soldi».

I ricordi degli specchi - L'indagine più oscura del Commissario SensiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora