Capitolo 5

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Le labbra di lui si mossero, lei non sentì niente, ma capì perfettamente: “Perchè?”. Il fiore, rotto, non venne più raccolto da Amaya.

Un fiore, per un incontro. Questo è ciò che richiese il famoso destino ai due ragazzi. O meglio, a lei. Le campane la fecero smuovere dall'incanto, facendole sentire di nuovo la confusione provata il giorno prima, proprio quella a cui non stava pensando. D'istinto mosse qualche passo indietro velocemente, colpendo una signora non abituale del piccolo supermercato. Si voltò subito per poter chiedere scusa, o almeno questo era il piano. Si diceva “Adesso chiedo scusa e la saluto”, “Adesso chiedo scusa e sento come sta la signora”.. e invece no. Non fece niente di ciò che pensava.

Con uno scatto, evitò di nuovo qualche persona che camminava a pochi passi da lei e cominciò a correre, rischiando di inciampare su un paio di scalini per colpa di una strada malmessa. Un po’ come era in quasi ogni strada in cui abitava. Da dietro, sentì delle urla, mentre il mondo intorno a lei si muoveva velocemente, non lasciandole spazio ad osservare cose e persone.

- FERMATI! -

Il tono di voce era talmente alto da far girare il volto di Amaya per vedere il ragazzo, che, la stava inseguendo, veloce. Molto veloce. Gli occhi si appannarono, cominciarono a buttare fuori lacrime su lacrime, non facendole vedere il volto del giovane, ma solo le forme che egli possedeva. E, oltre ciò, non le fecero vedere la strada per bene, finendo per inciampare, ritrovarsi, così, direttamente catapultata sulla strada. Ginocchia e palmi delle mani vennero strusciati violentemente contro l'asfalto. Aveva semplicemente mancato il marciapiede con un piede, solo questo. Una cosa stupida ed imbarazzante per molti, ma non per lei in quel momento.

Un piccolo urlo si levò nell'aria, tacendo una volta che impattò a terra, trovando a poco a poco la forza di rialzarsi poco dopo. Si fece forza con le braccia, scuotendo la testa e non pensando più al giovane che, ancora, urlava. E no, non urlava più “Fermati”, ma qualcos'altro, qualcosa che Amaya sentì solo dopo il suono di un clacson. Guardò, infatti, in direzione del suono molto confuso, si strusciò gli occhi con un palmo, sentendo bruciare le ferite e sporcandosi con un po’ di sangue un occhio. Si tolse l'acqua salata da lì e quando riuscì di nuovo a vedere, venne presa di forza e sbattuta di nuovo contro l'asfalto, questa volta verso il marciapiede con addosso Fabrizio.

La prese per una spalla, portando una mano dietro la sua nuca e così la protesse, mentre le due macchine passarono continuando a suonare. Corsero via ed Amaya tenne gli occhi chiusi, tappandosi la bocca non appena non si sentì più presa da ogni parte. Si, aveva urlato, aveva avuto paura. Tanta paura e solo quando comprese tutta la faccenda cominciò a tremare. Il ragazzo la strinse per un po’, mentre lei riprese a piangere, in silenzio.

- … -

Nessuno parlò, ma qualcosa fecero e soprattutto, sentirono. Per un attimo, entrambi si sentirono protetti, si sentirono al caldo e finalmente, come per incanto, sentirono di appartenere a qualcosa di grande. Neanche loro sapevano spiegare bene cosa e sinceramente, neanche io stessa che sono la narratrice della storia di Amaya so definire bene il perchè del tremolio che le loro anime e i loro cuori ebbero.

Pian piano, la presa su di lei del giovane si allentò sempre di più e quando i due tornarono a guardarsi in faccia, la nostra protagonista vide come l'incanto di tutto ciò fosse finito con la sua espressione seria. Con i suoi occhi lucidi, grandi, con le sue labbra serrate..

Si alzò, facendole sentire di nuovo l'aria sul suo corpo e non il peso di un umano. Fece attenzione a non schiacciare la gamba di Amaya che stava in una posizione poco piacevole e, quando fu di nuovo in piedi, non le allungò la mano per aiutarla. La guardò, e poi parlò.

- .. Tu. -

Lei tremò per un secondo, cercando di non guardarlo negli occhi troppo a lungo. Perché era scappata? Perché? Bastava solamente un “Ciao” oppure andarsene con disinvoltura. No, dovette fare una cosa stupida ed infantile, richiamando l’attenzione su di se ancora una volta, non pensando a Fabrizio e ai suoi sentimenti. Almeno questo è ciò che pensava Amaya in quel momento, sentendosi egoista e rivedendo, di fronte agli occhi, l’immagine di lui sopra la ragazza del giorno prima.

- Perché? Perché sei fuggita in quel modo? Cosa diavolo ti ho fatto? –

Esatto. Perché, Amaya? Eri scappata perché ti vide parlare da sola o perché pensavi che ogni persona che incontravi si faceva, prima o poi, del male? La seconda?

- Io.. –

Si morse il labbro, rialzandosi con le forze che aveva e ripulendosi per quel che poteva, sporcandosi solo di sangue ormai quasi secco al contatto con l’aria esterna.

- Io non lo so.. –

Non voleva dire la verità, non voleva farsi prendere, come tutte le altre volte, per pazza.

- Aspetta un attimo… -

La giovane alzò lo sguardo verso di lui che, nel frattempo, allungò una mano verso il suo volto per toccarle una ciocca di capelli socchiudendo gli occhi.

- Tu sei quella che parlava da sola.. –

Sgranò gli occhi, muovendo qualche passo indietro e tornando, così, sul marciapiede e senza inciampare, miracolosamente. La bocca si serrò, la gola si seccò e le campane, di nuovo, cominciarono a suonare scuotendo entrambi i giovani. Un’altra macchina corse via, alcune mamme richiamarono i propri figli, lontani, per tornare a casa e loro due, invece, rimasero imbambolati a guardare in direzione della chiesa, del rumore assordante. Il cellulare di Amaya squillò, ma lei non si mosse per prenderlo e anzi, senza dire una parola, ne approfittò della disattenzione del giovane per voltarsi e andarsene camminando come se niente fosse.

Ovviamente tutto inutile. Lui si voltò di scatto e le strinse il polso, mentre lei continuava ad andare, facendo forza per tirare a se il braccio preso.

- Non abbiamo finito di parlare! –

Voleva chiarire la situazione.

- Invece si. –

Il tono di voce della giovane era insicuro, ma allo stesso tempo deciso in ciò che faceva.

- Vorrei solo capire perché sei scappata in quel modo vedendomi, rischiando di morire! –

Fabrizio quasi urlò e lei si strinse nelle spalle, deglutendo. All’improvviso, in preda ad uno scatto di rabbia, si voltò verso di lui indicandolo con l’indice dell’altra mano e gli andò vicino al viso. Per un attimo, sentì la mano dell’altro tremare.

I loro sguardi si incrociarono ancora una volta, proprio come le ombre che, in quel momento, sembravano formare una coppia in preda ad un bacio quasi disperato. Le apparenze ingannano.

- Non ti avvicinare più a me. –

Rimase interdetto per il comportamento di Amaya, compresi i suoi amici evanescenti che apparvero dal nulla per osservare la scena. Non si era quasi mai rigirata in quel modo con qualcuno, come se stava accusando Fabrizio delle disgrazie di quei giorni.

Lui mollò la presa e lei tornò sui suoi passi, dimenticandosi della pianta, non accorgendosi nemmeno del tono di voce usato: accusatorio, violento quasi. Più si allontanava e più al giovane sembrava sgretolarsi, una ragazza che si stava creando, piano piano, un muro sopra ad altri muri. Una ragazza con un carattere talmente volubile da non far capire che tipo sia.

Si morse il labbro con forza e si sedette sul marciapiede, lasciando perdere un uomo che, fino a quel momento, lo stava chiamando a gran voce. Il volto fra le mani. 

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