Capitolo 7

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Perchè preoccuparsi di una nota sul registro? Amaya non lo capiva, al contrario del padre e dei professori che, ogni volta, glie lo ricordavano. Una nota, nei primi giorni dell'anno, era qualcosa di grave che non doveva accadere. Ma ciò che sentiva lei erano solo voci lontane e non ben distinte. Pensava costantemente a quel momento, quello privato con quel ragazzo che, fondamentalmente, non conosce. Fabrizio. Quel nome in cui, solo per un singolo istante, le labbra si uniscono per scoccare un bacio a chissà chi..

Ed è questo che le rimbombava in testa nei corridoi, quando tornava a casa, quando camminava.

- Fabbbbrizio… -

La lettera b la pronunciava forte, premeva con le labbra per sentirle quase sbiancare e le piaceva. Ma perchè? O meglio, non le importava molto. Perchè chiedersi qualcosa se ci piace? Continuiamo a provarlo, a sentirlo su di noi fino a che non ci stanchiamo: solo allora cerchiamo il perchè di tutto ciò.

Ed il giorni passavano lenti e le volte in cui rincontrò Fabrizio erano pari alla neve in agosto o al sole durante la notte. E le pesava la cosa. Le pesava come un macigno sopra le spalle! Lo cercava sempre con lo sguardo, non trovando altro che teste di persone sconosciute e conosciute della quale, fondamentalmente, non le importava granchè. Era finita in quella scuola anche per cambiare, per arrivare a raggiungere uno scopo nella sua vita, ma non stava facendo altro che inseguire una figura estranea. Una schiena che scompariva e ricompariva nei momenti meno opportuni dove, lei, non era mai al massimo di se stessa.

Ogni tanto si chiedeva che fine avessero fatto i suoi amici immaginari, oltre al simpaticone che, bene o male, era quasi sempre vicino a lei nell'ultimo periodo. Non capiva bene il motivo, ma appena girava la testa lo incontrava col suo sorriso beffardo che la scrutava, la guardava da capo a piedi. Anche se ci aveva fatto il callo, sentire quello sguardo invisibile su di se era stressante, snervante a volte.

- Come mai mi guardi sempre? -

Gli chiese una sera, mentre fuori i grilli cantavano, segno che c'era stato parecchio caldo.

<<Non penso che ti interessi. >>

E, dopo quella risposta, abbassava lo sguardo e scompariva con un'aria quasi triste in volto. O forse era solo un'impressione di Amaya eh, studiosa, cercava di capirlo. Ma alla fine era un suo amico immaginario, no? Perchè preoccuparsi tanto? Ciò che lei si diceva sempre era questo.

E quella vicenda, quella nota, quell'incontro pian piano finì nel dimenticatoio, ma non quel nome. Ormai era diventata un'abitudine. Al buongiorno, nel pomeriggio, quando era sola..

Ogni volta che lo pronunciava sentiva dentro di se il sangue ribollire ed il cuore battere forte. Sorrideva.

<<Non montarti la testa.>>

Ed ecco che, una mattina, il ragazzo invisibile comparì di fianco a lei.

Amaya sbuffò, sistemandosi per bene la maglia viola con rigamenti viola che le risaltavano alla perfezione l'elastico dello stesso colore che, stretto, legava i capelli in una coda di cavallo.

- Non me la sto montando, anche se non capisco a cosa ti stai riferendo. -

Sospirò, dandosi un'ultima occhiata allo specchio velocemente.

<<Certo, certo. >>

Lui socchiuse gli occhi e le fece largo quando uscì dal bagno, appena in tempo per non scontrarsi col padre che, in ritardo, correva. Ormai quella scena era diventata una routine negli ultimi tempo per lei e la cosa la divertiva. Credeva che il padre avesse trovato una donna e che, la sera, se ne stava a parlare con lei fino a tardi. Le piaceva pensarlo. Alla fine, la vita del padre deveva andare avanti e quell'uomo non era fatto per stare solo.

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