Chapter Eight: Step by Step (2)

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« Entra, Flug. »
Appena ricevuto il permesso, il viso insacchettato dell'inventore fece capolino dal piccolo spazio che separava le due ante della porta - mingherlino com'era, Flug vi era passato in mezzo senza problemi.
« Buon pomeriggio, sign- »
« Sei in ritardo. » Non mancò di fargli notare Black Hat, facendogli nel frattempo segno di sedersi sulla sua solita poltrona, richiesta a cui lo scienziato obbedì immediatamente. « Pretendo che tratti con lo stesso rispetto le tue pause così come le tue ore di lavoro. »
« Lo so, signore. Ma, v-vede, mi mancavano giusto gli ultimi dieci pezzi per completare il nostro prossimo ordine e non potevo smettere quando ero ad un passo dal completare l'incarico. »
Black Hat sogghignò non visto nell'udire la replica dello scienziato, mentre gli dava le spalle per versare in una tazza l'acqua calda per un tè. Era ovviamente una piacevole notizia questa per lui, le ordinazioni dovevano essere sempre portate a termine entro un certo tempo limite, altrimenti la sua organizzazione avrebbe cominciato a perdere prestigio. Apprendere che Flug aveva ultimato quella fornitura con un largo anticipo lo rabbonì un poco e gli fece soprassedere sul ritardo riportato dal suo sottoposto.
Messa in ammollo la bustina di infuso di passiflora nella tazza - infuso che aveva scelto personalmente, così quell'irresponsabile di Flug sarebbe stato costretto a smettere di lavorare superato un certo orario -, fece fluttuare il recipiente in direzione dello scienziato, il quale lo accolse cautamente tra le sue mani.
« Grazie, signore. » Disse quest'ultimo, poggiandosi la tazza in grembo, in attesa probabilmente che si raffreddasse per portarsela alla bocca.
Black Hat gli rispose con un lieve cenno del mento, preparando per sé un martini. Durante i loro primi ritrovi pomeridiani di quel genere, era stato solito offrire a Flug del caffè, ma lo aveva presto sostituito con del tè quando si era reso conto delle quantità già eccessive con cui l'inventore consumava quella bevanda terrestre già all'infuori delle loro visite. Per quanto incredibilmente dotato e fuori dal comune, Flug restava pur sempre un essere umano, e non doveva trascurare quelli che erano i suoi bisogni primari. All'inizio, Black Hat lo aveva fatto per meglio assicurarsi di ottenere il massimo delle prestazioni dal suo dipendente. Ora, si curava effettivamente che Flug assumesse quei liquidi quotidianamente e ci teneva che Flug lo facesse - ed era strano per lui riferirsi a questo sentimento di aspettativa con un simile termine, ma si rendeva conto che non ce n'erano purtroppo di più adatti... o meno smielati.
Perché proprio infuso di passiflora tra tanti? Perché l'Eldritch sapeva che uno dei suoi precedenti scienziati utilizzava spesso' infuso di passiflora - che doveva essere una pianta terrestre, secondo le sue informazioni? - come rimedio contro ansia e stress... o, almeno, lo aveva utilizzato, questo finché il demone non lo aveva tolto di mezzo in seguito ad un fallito tentativo di assassinio. Che nervi se solo ci ripensava...
Preparato il suo cocktail, Black Hat si sedette sulla poltrona di fronte a quella di Flug, a sorseggiare quella miscela che pizzicava a malapena nella sua gola a prova di qualsiasi veleno, sostanza acida e ovviamente alcool - di quello era sicuro ce ne sarebbero voluti barili e barili prima che cominciasse a sentire anche un piccolo giramento di testa. Quanto meno, il sapore gli era gradito abbastanza da assumerlo ogni qualvolta lo desiderasse.
« Mi fa piacere sentire che ci sono progressi. » Disse, allontanando il bicchiere dalle labbra, un sorriso a malapena percepibile a farle incurvare.
Lo scienziato parve sorridere da sotto la busta, prima di alzare la suddetta busta e dare un primo assaggio al suo tè.
« Demencia fortunatamente è stata molto collaborativa, ostacolava il lavoro meno del solito. » Spiegò l'umano. « E... vorrebbe avere un'altra sua foto di profilo, da aggiungere alla sua collezione, sa... »
Black Hat emise un verso spazientito, roteando gli occhi.
« Non ne aveva già una? »
« Beh, c-certo, signore. Ma, da quanto ho capito, credo l'abbia rovinata cercando di fare un collage... » Gli rispose con una desolata difficoltà Flug, battendo nervosamente le dita contro la tazza che stava reggendo nel momento in cui un borbottio lasciò la bocca increspata del demone.
« La accontenterò solo se manterrà la buona condotta che ha avuto finora. »
L'inventore annuì, probabilmente sul punto di replicare, ma Black Hat lo interruppe.
« E se la smetterà di tendermi agguati per slinguazzarmi la guancia. »
Un suono strano si elevò dalle parti del suo dipendente, come se Flug avesse appena soppresso una risata.
« Intende i baci, signore? »
« Sì, quei... quelli. » Rispose il demone, gesticolando disgustato con la mano libera. « Sono assolutamente ripugnanti! »
Il suo sottoposto gli rivolse un discreto sguardo interrogativo.
« Non è una... cosa molto comune in altre specie? » Domandò con una scientifica curiosità nel suo tono di voce.
« In alcune, sì, lo è... ma gli esseri umani sono davvero appiccicosi. » Chiarì Black Hat, non sforzandosi minimamente di trattenere la smorfia sul suo volto. « Invadono continuamente lo spazio personale altrui persino tra estranei! »
Flug rilasciò una piccola risatina stavolta, ritraendosi solo un pochino quando l'Eldritch gli rivolse un'occhiata infastidita. Lo scienziato si schiarì imbarazzato la gola, rendendogli noto che aveva intenzione di riprendere parola.
« Penso abbia ragione sotto un certo punto di vista, signore. Siamo probabilmente una specie anomala, considerata la nostra generale socievolezza... invadiamo continuamente lo spazio personale altrui perché, uhm, è così che ci conosciamo tra di noi, c-come avrà sicuramente notato... ed è così anche che dimostriamo di avere dei sentimenti verso i nostri simili... e i baci sono, per gli esseri umani, un gesto di saluto, o una particolare manifestazione di affetto, amore... o-oentrambi... »
La voce dell'inventore si era fatta progressivamente più bassa man mano che forniva quei chiarimenti. Black Hat lo aveva ascoltato con un ostentato disinteresse mentre sorseggiava il suo martini, osservando con la coda dell'occhio come anche Flug avesse cominciato a fare lo stesso con il suo tè.
C'era di nuovo quel formicolio a livello del suo ventre, che il demone si era sforzato di ignorare con un atteggiamento apparentemente distaccato... ma non poteva trascurare come adesso quel formicolio si fosse esteso fino a raggiungere le sue dita artigliate - quelle della sua mano libera si stavano particolarmente contraendo dove le aveva appoggiate sulla coscia.
Era nervoso, per qualche motivo... ma non un nervoso causato dall'irritazione, no, la sua origine era ben diversa, ma... sconosciuta.
Continuandola a cercare e finendo con l'imputare la causa al graduale silenzio di Flug, cercò di farsi venire in mente una domanda che potesse spingerlo a riprendere da dove si erano interrotti.
« E... tu che ne pensi a riguardo? »
Non era suonato troppo convinto, ma confidava nel fatto che sarebbe stato sufficiente per raggiungere il suo scopo.
Lo scienziato sobbalzò impercettibilmente, una smorfia sul suo viso che fu facile per l'Eldritch da intuire, visto il raggrinzirsi della carta. Non altrettanto semplice, tuttavia, gli fu intuirne la natura.
« O-oh... io penso che s-sono davvero dei bei gesti, se provengono dalla giusta persona... non prendete d'esempio quelli di Demencia, l-lei tende ad esagerare... » Rispose sinceramente Flug - lo percepiva che era stato sincero -, cosa che gli fece alzare un sopracciglio in perplessità.
« Giusta persona? »
Il suo sottoposto annuì con un certo margine di esitanza e... imbarazzo, forse? Sembrava proprio così, il modo in cui i suoi occhi evitanti si guardavano un poco attorno, la lieve rigidità con cui teneva i gomiti un po' più accostati al corpo...
Perché Flug era imbarazzato?
« Sì... una persona c-che ci tiene a m-me, intendo... » Mormorò quest'ultimo, con un sorprendente grado di sicurezza nonostante il suo atteggiamento tentennante.
Black Hat abbassò lo sguardo, battendo distrattamente gli artigli sul bracciolo della poltrona.
« Capisco. » Disse. Ma non capiva in verità... non del tutto, almeno. Come funzionava una qualunque relazione tra due normali esseri umani, com'era fatta una persona che tiene ad un'altra persona... questa era una cosa che Flug doveva spiegargli. « Quali caratteristiche deve avere questa persona? »
Il dottore parve essere stato preso in contropiede da quella domanda, a giudicare dallo strabuzzare insistente degli occhi.
« Beh, ecco... » Lo scienziato posò cautamente la tazza sul tavolino che divideva le due poltrone e alzò l'indice di una mano. « P-primo, questa persona d-dovrebbe essere disposta all'ascolto, n-nelle questioni comuni come nelle questioni più serie... è una cosa fondamentale... secondo... manifestazioni di interesse verso il... mio benestare... perché è questo che si fa in una relazione, ci si preoccupa l'uno dell'altro... e suppongo io darei molte preoccupazioni a chiunque, visto che n-non sono bravo a prendermi cura di me stesso... »
« Sei proprio pessimo sotto questo punto. » Commentò con un sorriso di lieve ironia Black Hat, strappando una breve risata all'inventore.
« Lo so, diventa un problema a volte. » Concordò con lui Flug, una volta che ebbe soppresso una seconda risata in favore del discorso che doveva ancora terminare. Un ultimo dito si era sommato ai precedenti due che aveva già alzato. « E... terzo... ci deve essere un sentimento s-sincero ad unirci, un sentimento vero e... e disinteressato. »
Il suo scienziato si interruppe nel momento in cui notò la sua espressione stranita.
« Oh... so c-che sono concetti difficili da comprendere fino in fondo e sono, obiettivamene, troppo complessi p-per essere riassunti in questo modo... se h-ha bisogno che m-mi ripeta, lo farò c-con piacere- »
« Non ce ne sarà bisogno, Flug. » Lo fermò Black Hat, alzando leggermente la mano libera a sottolineare quanto aveva detto. « Credo di aver... capito. »
Di certo, l'argomento gli era più chiaro rispetto a prima, tuttavia la sua mente stava ancora cercando di venirci a capo. Alcuni di quei 'requisiti' erano talmente semplici che persino un marmocchio avrebbe potuto soddisfarli, ma altri... altri sembravano quasi inconciliabili con la sua mentalità. Molte di queste nozioni gli sarebbero tornate sicuramente utili nella manipolazione di avversari pericolosi, avversari che la forza bruta da sola non avrebbe potuto sbaragliare - non che credesse che circostanze del genere si sarebbero realizzate tanto facilmente, nessuno era mai giunto nemmeno a sfiorare il vertice della sua pressoché infinitapotenza -, ma potevano essere da lui sfruttate in maniera... differente?
Differente in che senso non lo sapeva. E, invece di cercare di afferrare il significato complessivo delle parole di Flug, la sua mente stava utilizzando quei tre punti cardine come metro di paragone.
" Io... faccio tutte queste cose con... Flug? "
Non ne era sicuro, non ne era per niente sicuro, i suoi pensieri erano piuttosto discordanti tra loro. Oltre a non essere sicuro, era anche confuso, quella conversazione lo aveva confuso, gli aveva impiantato in testa riflessioni che gli erano estranee. E c'era questa... sensazione di vuoto ora... una sensazione che gli stava rendendo pesante il petto, che stava in qualche modo appianando la sua confusione, ma nulla di ciò che restava al suo posto era... positivo. Era come se gli mancasse qualcosa... era come se volesse quel qualcosa con un ardire per ora debole, ma che sembrava essere destinato a crescere nel tempo... e non capiva che cos'era questa sensazione, non ricordava di averla mai sperimentata.
Mise giù il bicchiere mezzo vuoto del suo cocktail, resosi conto che non ne voleva più un goccio.
Non capiva, più si arrovellava su quella questione, più la risposta gli sfuggiva.
« Jefecito? »
Black Hat abbassò la testa, nascondendola dietro alle mani che intrecciò davanti al volto. Lo svolazzio che si agitava nel suo petto quando udiva quel soprannome fu accompagnato da un intensificarsi di quella sensazione senza nome, unito ad un senso di riconoscimento, di appartenenza.
Quell'umano stava incasinando la sua mente ed il suo corpo, il demone ne era consapevole, ma non voleva cedere e restare nell'ignoranza completa di ciò che gli stava accadendo. Doveva sapere che cos'erano queste reazioni, cosa significavano, come farle sparire, o quanto meno conviverci.
« Flug, ho una domanda per te. » Annunciò e l'attenzione dello scienziato fu tutta su di lui nel momento in cui lo vide raddrizzare la schiena leggermente incurvata. Black Hat piegò le labbra in una smorfia che l'intreccio delle sue mani nascose alla vista del suo dipendente. Doveva porre un quesito che fosse abbastanza vago da non far pensare al dottore che lo riguardava personalmente e, allo stesso tempo, mirato ad ottenere le risposte che voleva. « Gli umani cosa sentono quando... manca loro qualcosa? »
Flug inclinò leggermente il capo in avanti, segno che stava ponderando il suo quesito.
« Mh... potrebbe essere più specifico, signore? Mi servono maggiori dettagli... »
Il demone ringhiò internamente. Avrebbe sempre potuto ritirare la domanda, ma forse adesso era troppo tardi per farlo.
« Quando sentono che manca loro qualcosa, ed è qualcosa che ritengono importante... e c'è pesantezza... » Abbassò una mano, serrandola in un pugno e battendosela contro il petto. « Qui. »
Lo scienziato sembrò osservare interessato la sua gestualità prima di accingersi a parlare.
« Uh... brama? »
Black Hat storse la bocca.
« Direi dI no. » La avrebbe senza dubbio riconosciuta, se fosse stato quello il caso.
« Nostalgia? » Tentò ancora il suo sottoposto.
« Assolutamente no. » Quasi ringhiò l'Eldritch.
Per chi lo stava prendendo Flug? Per un idiota sentimentale?
Si costrinse a reprimere la replica irritata che stava per rifilare all'inventore, poiché una simile reazione avrebbe solo fatto saltare la sua copertura; non stavano parlando di lui dopotutto, per come aveva impostato all'inizio la conversazione, quello era un discorso generalizzato - e non concentrato sul singolo.
Il suo sottoposto si zittì dopo aver sentito lo sdegno sottostante il suo tono di voce. Trascorse qualche secondo, in cui Black Hat aveva quasi potuto percepire i pensieri dello scienziato rumoreggiare nel silenzio che era sceso su di loro.
Flug alzò con riluttanza gli occhi, pollice ed indice che pizzicavano nervosi la manica sinistra del suo camice.
« Se non sono indiscreto, vi vorrei chiedere... È qualcosa c-che riguarda voi, Jefecito? »
« Sei molto indiscreto. » Confermò senza mezze misure Black Hat, contrariato da quella insinuazione e da come l'utilizzo di quel soprannome non lo avesse fatto sentire contrariato a sufficienza.
Strinse in un pugno una delle mani che aveva poggiato contro il ginocchio, gli artigli che minacciavano di lacerare la pelle del guanto che li ricopriva. Per quanto a volte fosse propenso a sottovalutarne l'acume, Flug non era stupido... se lo fosse stato, certo non lo avrebbe assunto come suo scienziato personale, di certo non dopo che quel suo aereo gli aveva sfondato il tetto qualche anno prima.
Che senso aveva a questo punto negarlo? Il suo dipendente aveva già fatto tutti i collegamenti necessari e, se si fosse ostinato a contraddirlo, chi aveva da rimetterci sarebbe stato solamente lui, che non avrebbe in questo modo ricevuto le delucidazioni di cui necessitava.
Rilassò quel pugno inclemente, rialzando il capo e notando in tempo il rispettivo rialzarsi di quello del dottore, non abbastanza rapido nel nascondere la soggezione con cui doveva aver osservato il suo gesto.
« Sì, Flug. Lo è. » Si arrese infine, cosa che parve far tranquillizzare lo scienziato nonostante il tono insofferente con cui aveva pronunciato quella confessione.
Flug annuì, l'armeggiare delle sue dita con le maniche ebbe un improvviso arresto.
« G-grazie per aver chiarito, signore. Mi ha semplificato il c-compito. » Disse, con un lieve sorriso che l'Eldritch fu capace di percepire solamente udendo la voce dell'altro. « Le... dispiace se le faccio a mia volta un'altra domanda? Al fine d-di rispondere alla sua, ovviamente. »
Il demone strinse lievemente le palpebre, non del tutto a suo agio con l'idea di aver rivelato a Flug una cosa che lo faceva sentire un po' più esposto del solito - e Black Hat raramente si esponeva. L'inventore, tuttavia, dava l'impressione di apprezzare quella confidenza, i suoi occhi erano un poco strizzati dall'interesse all'interno degli occhialoni.
Assentì e il suo scienziato non aspettò per porgli il suo interrogativo.
« Quel qualcosa che vi manca... è un qualcosa che credete non potrete mai avere, o che potrete ottenere solo con tante difficoltà? »
Il demone strinse un poco le labbra, cercando di ritrovarsi nella descrizione che gli era stata fornita... e gli elementi che combaciavano c'erano eccome, soltanto che da solo non era stato in grado di analizzare quella sensazione con così tanta precisione.
« Suppongo...? » Disse, a metà tra una conferma ed ancora un permanente diniego.
« Questo vi provoca un certo grado di... f-frustrazione? » Chiese nuovamente il suo sottoposto, con un tono incalzante di cui Black Hat lo aveva sentito far uso solo in rare occasioni.
« Potrebbe certamente in futuro. »
Aveva a stento contenuto il sottile ringhiare nella sua voce alla prospettiva che quella percezione sconosciuta potesse causargli un disturbo così protratto nel tempo - già stava accadendo ora, vista la sua totale incapacità di autoanalisi e il dover ricorrere all'aiuto di qualcun altro per inquadrare il problema.
Flug annuì in comprensione, come se la sua testa avesse tutto ciò che era essenziale per mettere insieme i pezzi di un puzzle non così complesso.
« Ho la risposta, signore. » Annunciò quest'ultimo. « Voi siete insoddisfatto. »
« Inso... insoddiche? » Provò a ripetere il demone, le sopracciglia severamente inarcate, il labbro superiore arricciato a mostrare i denti in una smorfia. Perché gli suonava tanto strana quella parola sulla lingua?
« È un sentimento che nasce dall'inappagamento... siete convinto che non state facendo abbastanza, che non state ricevendo abbastanza in un determinato segmento della vostra vita, e ciò vi causa questo particolare tipo di sconforto. » Gli spiegò in dettaglio Flug, gesticolando brevemente con le mani.
L'espressione sul volto dell'Eldritch non mutò di una virgola.
« Come fai ad essere così sicuro che sia questa la risposta esatta? »
L'inventore spostò un poco le gambe, palesemente a disagio.
« P-perché... » Ci fu riluttanza persino maggiore nella voce dell'altro, ora ridotta quasi ad un mormorio. « È un sentimento con cui ho una certa familiarità... l'ho provato t-tante volte in passato... e, in un modo o nell'altro, m-mi ha sempre intralciato. »
Black Hat aggrottò le sopracciglia, osservando il lieve strofinare di uno dei talloni di Flug contro il pavimento. Quell'argomento pareva fosse giunto ad un punto che entrambi sembravano intenzionati ad evitare di trattare.
Insoddisfazione era dunque il nome del suo malessere, un malessere del tutto nuovo per il demone immortale, di cui mai nella sua lunga esistenza aveva fatto esperienza, perché Black Hat aveva sempre ottenuto ogni cosa, raggiunto con successo ogni obiettivo; la questione era sempre girata intorno agli sforzi che doveva scegliere di impiegare nel suo raggiungimento e che avrebbero più o meno ridotto il suo tempo di attesa. Apprendere di questo sentimento ( come Flug lo chiamava ), fu come apprendere di una sconfitta che l'Eldritch non pensava di aver subìto. Aveva fallito, o stava fallendo in qualcosa, e quel concetto gli parve alieno e ripugnante.
« Si può curare? » Chiese impaziente, riappropriandosi quasi rudemente dell'attenzione dello scienziato.
Il dottore sobbalzò impercettibilmente, una mano che saettò rapida in alto davanti al petto - a cosa diavolo stava pensando Flug per apparire così trasalito?
« N-non è una malattia, s-signore. A volte, è solo un segnale d'avviso, di cui s-si dovrebbe tener conto. » Replicò semplicemente il suo sottoposto, trattando quella che lui stava cominciando a considerare una grave questione come se fosse una normalità inevitabile. « È sufficiente trattarla con la giusta attenzione per non f-farsi sopraffare da essa... ed arrivare così ad un traguardo c-che reputerete soddisfacente. È u-un'arma a doppio taglio, ma è p-possibile dominarla. »
« E tu l'hai dominata, Flug? » Non poté astenersi dall'indagare Black Hat.
Flug sembrò sul punto di rilasciare un sospiro, uno di quei sospiri pesanti, che sono indicazione di rammarico per una colpa passata.
« Non ancora... » Confessò, stringendo compattamente le mani l'una contro l'altra. « Ma c-certo starò più attento, considerando ciò di cui è stata indirettamente c-causa l'ultima volta... »
Il demone comprese senza difficoltà dove la mente dell'umano fosse andata a cacciarsi, quali memorie fosse probabilmente andato a ripescare, quale fosse quell'ultima volta che aveva implicitamente menzionato. Quella confessione fu ulteriore garante della volontà dello scienziato di imparare da quell'episodio dell'equivoco per non ripetere lo stesso errore in futuro. Flug, d'altronde, era sempre stato così: imparava, e lo faceva in fretta e con convinzione, una qualità superiore che alcuni esseri umani potevano solo sognarsi di possedere.
« Credo che la mia pausa sia terminata, signore. » Constatò timidamente il suo dipendente, guanto di gomma arrotolato per controllare l'ora sul suo orologio da polso.
Black Hat gli rivolse un cenno con il mento, segno che poteva alzarsi se lo desiderava e tornare al suo lavoro.
Non appena Flug si rimise in piedi e fece per raggiungere la porta, il demone evocò un tentacolo d'ombra con cui lo trattenne per una spalla.
« Il tuo tè, Flug. Bevilo. »
« Oh, c-certo, Jefecito. » Disse scusevole l'inventore, affrettandosi a finire la bevanda che aveva appoggiato precedentemente sul tavolino.
La vuotò tutta in pochi sorsi, probabilmente perché metà della tazza era già stata consumata, e la riappoggiò cautamente sul basso ripiano.
« G-grazie per la chiacchierata. » Sussurrò riconoscente Flug, segno che nonostante la serietà del loro dialogare quelli erano stati minuti di pausa graditi.
Black Hat incrociò le braccia, non proprio contro il petto, ma poco sopra il ventre, in uno svogliato tentativo volto a frenare il tenue formicolio che lo aveva lì colpito. Di questa sensazione di inusuale impazienza, di attesa nei confronti della presenza dell'altro e di benessere ogni qualvolta quell'attesa giungeva al suo termine, non ne avrebbe certamente parlato. Preferiva tenerselo per sé per adesso, in attesa che questa volta arrivasse da solo a vederci un po' più chiaro.
« Stesso zelo di prima, dottore. »
Una raccomandazione forse un po' superflua, ma era l'unica che desiderasse esprimere in questo momento.
« Ci può contare, Jefecito. » Sorrise Flug, un sorriso che fece divenire quel formicolio una piccola fitta, non una fitta insofferente, ma una che giunse a tirare insistentemente agli angoli della sua bocca.
Fu con un gesto di congedo che il demone salutò l'inventore, contando sulla copertura che la tesa del cappello poteva offrirgli per celare il proprio volto alla vista dell'altro.
Sentito il cliccare della maniglia della porta, si portò una mano in alto, a tastarsi le labbra di cui percepì la leggera curvatura. Era proprio quello che aveva pensato che fosse. E non se ne scandalizzò, non come durante le prime occasioni in cui era capitato.
E c'era come ogni volta quel desiderio insistente, quasi pressante, che stava cercando di corrompere almeno una piccola parte di lui affinché si decidesse a richiamare indietro Flug... e quello arrivava sempre vicino a fargli dolere il petto quando quelle visite si concludevano.
Era iniziato tutto lentamente e indiscretamente, con un lieve intorpidimento che era a malapena notabile. Era stato solo quando quelle percezioni insolite si erano fatte più evidenti e facili da riconoscere che Black Hat aveva realizzato, finalmente, che qualcosa non andava con il suo organismo. E questi sintomi insorgevano ogni volta che lo scienziato gli era appresso, ma anche nei momenti più vari e diversi fra loro, sia che stesse ricoprendo il suo ruolo di leader dell'organizzazione, sia che stesse facendo qualcosa che non concerneva il lavoro. In quei momenti, la sua abitudinaria indolenza cresceva, mentre mani e braccia gli prudevano per il bisogno di afferrare e stringere, non per uccidere, bensì per... per qualcosa che con la morte, la malvagità e la sua caratteristica spietatezza aveva ben poco a che fare. E queste erano parti essenziali del suo essere, le uniche che avrebbero dovuto accompagnare ogni sua azione, ma che in questi casi Black Hat era impossibilitato a ripescare.
Abbassata la mano dal proprio volto, si limitò ad attendere il ristabilirsi di un qualsivoglia equilibrio nel suo corpo, cosa che richiese da qualche minuto ad almeno una decina di essi.
Calmato il brulicare del suo stomaco e quell'istinto che pareva spingerlo senza demordere a cercare un legame fisico, si appoggiò contro lo schienale della poltrona, braccia mollemente conserte e i suoi occhi che fissavano il soffitto senza un particolare interesse.
Era tempo di capire fino in fondo cosa lo stesse rendendo insoddisfatto e di risolvere il problema alla radice.

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