8. Risveglio

79 8 15
                                    

Jesper si accovacciò rapidamente. Quanto bastava per far si che l'infetto alla sua destra precipitasse rovinosamente sul tavolo degli attrezzi. Il ragazzo, dominato da un istinto feroce, si rialzò scagliando con un montante poderoso, la massiccia chiave idraulica verso la mandibola dell'altro non morto. La carica di quest'ultimo si interruppe in un esplosione di denti e sangue.

Jesper aveva preso bene le tempistiche, un solo secondo in più e lo zombie sarebbe riuscito ad aggredirlo.

Il ragazzo aveva la mente privata da qualsiasi pensiero. Ansimava, ma si sentiva ancora pervaso da un'energia sconosciuta. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena fatto. La fitta al braccio non esitò a farsi viva, costringendolo a piegarsi dal dolore.

Il sangue aveva smesso di defluire dalla ferita. Ma sentiva l'arto pulsare voracemente. Stringendolo con l'altra mano, Jesper si rese conto che l'arto era intorpidito "Riesco a muoverlo a malepena". La chiave stava per scivolargli, ma con uno sforzo tremendo si impose di tenerla stretta con entrambe le mani.

"Non ho tempo per leccarmi le ferite" il non morto si stava divincolando impacciatamente sul tavolo degli attrezzi. Jesper raccolse le ultime energie rimaste e con un urlo iniziò a colpirlo, accanendosi sul volto mostruoso dello zombie.

Ogni colpo gli provocava una fitta al braccio, talmente forte da fargli perdere il respiro. Ma la rabbia furibonda cresceva ad ogni attacco, mascherando anche in piccola parte il dolore lancinante. L'infetto non poté far molto contro quella furia omicida. Per quel breve lasso di tempo, i ruoli sembrarono invertiti.

Quando ebbe finito. Jesper si ritrovò ammezzato di sudore e ricoperto dal sangue della sua vittima. La scena che gli si parò di fronte consisteva in un immagine raccapricciante: un corpo inerme disteso sul tavolo era percosso da leggere convulsioni. La testa ridotta in poltiglia, da cui il sangue sgorgava a fiotti, allagando l'intero tavolo e precipitando al suolo in molteplici filamenti di sangue. I vari attrezzi sparpagliati sembravano naufraghi in una spettrale pozza scarlatta.

Il ragazzo si sentì disgustato, non tanto dalla scena quanto da se stesso. "Sono stato io?" si chiese incredulo, osservando la sua tuta e le sue mani, avvolte dagli schizzi di sangue. Dopo aver riportato lo sguardo sul cadavere martoriato, si guardò dentro e trovò una soddisfazione recondita, estirpata sul nascere.

L'altro non morto giaceva a terra emettendo versi gutturali. Era in procinto di rialzarsi, tremolante a poco più di un metro da Jesper. Dalla mandibola ciondolante schizzavano scintille di un sangue luminoso, che si tuffavano in movimenti concentrici nella sua pelle raggrinzita. Mentre la mandibola ritornava alla sua collocazione originaria, oscuri grumi di sangue iniziarono a sporgere dalle gengive, da cui la chiave d'acciaio aveva sradicato i denti.

"Incredibile" pensò Jesper magnetizzato dalla scena "sapevo che gli infetti erano in grado di rigenerarsi, ma non avrei mai immaginato in così breve tempo".

Il ragazzo arrancò impaurito, "dovrei spaccargli la testa, ma sono sfinito. Devo uscire di qui". Jesper abbandonò la chiave e iniziò faticosamente a correre inciampando qua e la. "Non manca molto".

Trovò l'uscita d'emergenza e ci si precipitò uscendo fuori da quell'incubo. Appena fuori si affrettò a trascinare un grande cassone metallico per barricare la porta. All'improvviso si sentì un forte impatto provenire dall'altra parte della porta. "Ho fatto bene a barricarla, non riuscirà ad aprirla". Jesper si accasciò a terra dalla stanchezza, perse i sensi, accompagnato da un flebile sorrisetto vittorioso.

____

Gli occhi si aprirono dolcemente, lasciano penetrare un candido bagliore. Negher si alzò di scatto. Era seduto su un lettino, in una camera della principale infermeria distrettuale. Difronte a lui una sagoma scivolò via dalla porta, il sergente non fece in tempo a dire una parola.

"Che forte mal di testa", percepì immediatamente una sensazione di affaticamento e si accorse di avere il braccio destro ingessato in una fasciatura a tracollo. "Si, adesso ricordo. Me la sono vista brutta". Il pensiero ricadde veloce sulla sua famiglia "Ho un brutto presentimento. Siamo riusciti a fermarli?" fece per alzarsi da letto, combattendo contro l'intero corpo in fiamme. "Quel bastardo mia ha strapazzato proprio per bene,  a malapena riesco a reggermi in piedi".

Quando entrarono, i caporali Rosbean, Malkov e Tores rimasero di stucco. <<Dove sono Mila e mia figlia?>> esordì con la solita autorevolezza caratteristica del sergente, ma questa volta celava una preoccupazione lampante. <<Sono al sicuro nel quartier generale signore>> rispose il caporale Malkov <<Abbiamo comunque sigillato per tempo la zona "C">>.

"Grazie a dio!" Negher si sentì visibilmente sollevato <<Inviate immediatamente delle razioni extra nella sezione "B">>. Malkov fece per rispondere, ma il sergente lo interruppe all'istante:
 <<e non mi importa se serve l'autorizzazione del Reggente. 

Calò istantaneamente un velo d'imbarazzo tra i caporali, che si lanciarono occhiate piene di rammarico. Nessuno ebbe il coraggio di rispondere. Lo sguardo del loro superiore era pungente. Alla fine Malkov si sentì obbligato a parlare: <<Non c'è nessun sfollato della sezione "C". Dovevamo attivare le mine al più presto e non avevamo tempo per l'evacuazione signore. Abbiamo seguito il protocollo.>>

Il volto di Negher si frantumò in una terribile espressione di stupore. Un mal rovescio schioccò come una frusta sulla guancia del caporale. L'impatto fu talmente forte da risuonare in tutta la camera e Malkov vacillò all'indietro, come se sopra di lui si fosse spezzata la corda che sorreggeva un macigno di sensi di colpa.

<<Al diavolo il protocollo!>> urlò il sergente <<Mi state dicendo che avete lasciato morire come bestie tutte quelle persone?!>> paonazzo di rabbia, Negher inveì contro i suoi sottoposti.

Il movimento brusco non fece bene alla sua costituzione già abbastanza provata. l'uomo si sentì venire meno ed indietreggiando si appoggiò alla griglia inferiore del letto. Ansimante, Negher fu svuotato dal furore, per poi lasciar posto ad un assai più pungente senso di  profondo rammarico.

"Non posso crederci. Tutti quei civili. Ed io? Ero qui a dormire".

<<Signore, degli agenti dell'E.V.A. attendono di parlare con lei>> intervenne la giovane Rosbean visibilmente agitata. Negher si prese qualche secondo, "Avrei dovuto immaginarmelo che in una circostanza del genere si sarebbero fatti vivi quei fenomeni da baraccone". <<Bene. Uomini in più sono sempre ben accetti>>.

Rosbean si fece nuovamente coraggio <<Al momento non è presente alcuna forza armata. Dall'elicottero sono scesi solo il direttore e i suoi colleghi>>.

Il sergente Negher piegò la testa verso il soffitto, sfregando il volto con le mani, in un teatrale atto di disperazione.

Prototype RadaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora