Non parlai. Non mi chiese perché. Provai a parlare e ci riuscì a mala pena.
“Lei è qui?” sussurrai speranzosa.
“No..” disse desolato.
I medici mi giravano attorno, e chiesi a mio padre di lasciarmi sola. Entrava spesso qualcuno per le varie analisi: prelievi, urinocultura, e controllavano il sondino.
“come va?” chiedevano, ma io non rispondevo. Guardavo il soffitto, e pensavo. Mi sentivo così vuota che non riuscivo a sentire nulla se non dolore.
Il sondino nasogastrico mi stava tormentando, avevo dolore. Allora afferrai il camice di un medico presente e non appena mi guardò indicai i tubi con le mie dita affusolate.
“Vuoi toglierlo?” mi chiese con una voce tranquilla.
Annuì e si avvicinò. Mi guardava bene, quell'uomo. Mi carezzò il viso: i suoi occhi dolci e tristi mi facevano pensare a mio padre. Probabilmente, lui in me vedeva un'ipotetica figlia.. lo intenerivo. Allora guardandomi negli occhi mi sedò, dicendomi di volermi evitare questo dolore.. ma io sentivo tutto. Io sentì il medico sfilare il tubo dalla mia gola, passando dal mio naso.. ma forse la cosa peggiore non era il dolore fisico. Ma quello morale. Allora nonostante l'anestetico mi chiedevo, perché? Perché mi avevano trovata? Perché oltre il dolore che già avevo dovevano aggiungersi alla lista di sofferenze gli occhi delusi di tutti? Perché non potevo avere una vita normale? Perché non avevo avuto la forza?
Malgrado la lista di domande che mi frullava nella testa mi addormentai. Quella notte sognai.. sognai di aprire gli occhi e trovarla li. Ero davvero convinta di aver avuto una conversazione del tutto dolce con lei. Lei, che giurava di portarmi via. Lei che giurava di amarmi. Sentivo quasi le sue mani accarezzarmi finchè non fui scossa dai più feroci dei dolori improvvisi. Non entrava aria, non riuscivo a respirare. Cosa succedeva? Mi sentivo soffocare. D'un tratto mi immobilizzarono, e sentì qualcosa attraversare la mia gola: stavo soffocando con il mio stesso vomito.
“Guarda qui.” Mi disse un'infermiera alzando una sacca contenente sangue. “Questo lo hai vomitato tu, e lo hai nello stomaco..” affermò. Guardai le mie mani, e guardai il mio pigiama.. e mi resi conto di essere tutta impiastricciata e sporca del mio stesso sangue. Il monitor segnava i miei battiti in aumento, e la donna bassina, con i capelli biondi chiamò il medico che mi seguiva, per farmi spiegare la prassi. Il mio avvelenamento mi portò un'ulcera perforata che costringeva l'intervento di un'operazione. Dopo aver parlato con i miei genitori, i medici mi portarono in sala operatoria.
“Conta in ordine decrescente da uno a dieci”, mi disse l'anestesista.
“Aspettiamo un po'..” sussurrai. Sapevo che la mia lei sarebbe arrivata. Ma mi sedarono, ed il sonno mi portò via i sensi, e la speranza.
Mi svegliai intontita. Per un momento non ricordavo nemmeno dove fossi. Sbattei le palpebre: la stanza era bianca, e le luci fastidiose. C'era un odore pungente, mi infastidiva.
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Para siempre en mi.
عاطفيةNon riuscivo più a descrivere il mondo in cui vivevo con parole realistiche, o a spiegare fatti che avessero un senso per qualcun altro al di fuori di me.. così presi carta e penna, ed iniziai a scrivere ciò che c'era nella mia testa. Anche se in ma...