×CAPITOLO 2×

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Stella's POV

Ero l'ultima candidata rimasta. Stringevo tra le mani il mio curriculum, ormai ridotto a brandelli. Fortunatamente ne possedevo un'altra copia nella borsa.
«Signorina Giordani entri pure.» una voce mi chiamò dall'interno. Mi alzai, passandomi le mani sui pantaloni di cotone e a passo deciso entrai.
L'ufficio era uno di quelli in stile americano. L'arredamento moderno e i finestroni a vista che davano sulla città conferivano al tutto un tocco di freschezza e luce incredibile.
Un uomo sulla quarantina, sedeva su una grossa poltrona in pelle dietro la scrivania. Indossava un completo, sicuramente firmato, con giacca e cravatta.
Allungò cordialmente la mano perché la stringessi.
«Sono Gabriele Mandelli, direttore della Sony. È un piacere rivederti Stella. Sei cresciuta così tanto dall'ultima volta che ti ho vista.» lo osservai stranita. Mi conosceva?
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma subito la richiusi.
«So che non ti ricordi di me, non preoccuparti.» sorrise e mi fece cenno di sedermi. «Conoscevo tuo padre. Eravamo molto amici.» deglutii a fatica dopo quella risposta.
«Oh.» fu l'unica cosa che riuscii a dire.
«Mi dispiace per la tua perdita. Dev'essere stato difficile...» Lasciò la frase in sospeso. Mi mossi a disagio sulla sedia. Non mi sembrava il momento opportuno per tirare fuori questo argomento. Per di più non sopportavo che le persone provassero pena per me o per la mia famiglia.
«Si, abbastanza. Ora è tutto a posto, anche se la mancanza si sente. Persino dopo tutti questi anni.» tagliai corto sperando passasse oltre. Avrei preferito si concentrasse sul motivo per cui mi trovavo seduta nel suo ufficio.
«Bene, sei qui per il lavoro giusto?»
«Certo.» dichiarai, felice di parlare d'altro.
«Per il momento, stiamo cercando una segretaria che si occupi principalmente di gestire e organizzare i vari meeting con gli artisti della nostra etichetta discografica, ma soprattutto la mia agenda e i miei appuntamenti.» lo osservai estrarre alcuni fogli da un cassetto, impilandoli per bene di fronte a lui. «So per certo che tuo padre fosse un grande lavoratore, il migliore nel suo campo all'epoca. Un uomo di cui avevo e avrei tutt'ora grande stima, per cui mi chiedo... Sei sicura di essere in grado di svolgere questo lavoro, Stella?» fissò il suo sguardo penetrante sul mio viso, cercando di intimorirmi. Non erano certo gli uomini come lui a mettermi all'angolo. Avere denaro e potere non era garanzia di nulla.
Raddrizzai le spalle sulla sedia e accavallai le gambe, mostrando tutta la mia sicurezza. «Non sono mio padre, però posso assicurarle che so il fatto mio.» fu il mio turno di mostrami superiore ai suoi velati giochetti per farmi cedere.
Un accenno di sorriso comparve sul suo viso. «Hai carattere, mi piace.» commentò, slacciando un bottone della giacca elegante.
«Allora se sei pronta a firmare, sei assunta.»
Cosa?
Senza farmi notare mi pizzicai una mano, stringendo i denti per il leggero dolore. Non era un sogno allora. Aveva appena detto che ero assunta.
Lo fissai sbalordita. Mi posò davanti il plico di fogli sulla scrivania, spiegandomi nei minimi dettagli ogni singolo punto del contratto.
Alla fine, con mano tremante e una calligrafia orribile, firmai il contratto.

Una settimana più tardi

Oggi sarebbe stata la giornata di prova ufficiale. Fino a quel giorno tutto sembrava essere filato liscio, e tenere dietro agli impegni di Gabriele, come mi aveva chiesto di chiamarlo, non si era rivelato troppo complicato.
Questo pomeriggio però avrei partecipato al mio primo meeting ufficiale. Avrei dovuto presenziare per prendere appunti sugli argomenti della riunione, servire il caffè e annoiarmi a morte di fronte ai banali capricci di una star qualunque.
Per l'ora di pranzo mi incontrai con Vale e Nico in una caffetteria poco lontana dalla sede di lavoro.
«Ciao ragazzi!» salutai sedendomi nella sedia di fronte a loro.
«Ciao Stella!» salutò Vale, mentre Nico accennava un saluto veloce con la mano.
«Nico ma che hai fatto? Sembra ti sia passato sopra un tir.» Aveva gli occhi cerchiati di scuro, sembrava non dormire da giorni. Batté le palpebre mettendo a fuoco il mio viso, e si passò una mano tra i capelli.
«Ieri sera, io e gli altri, abbiamo fatto una serata in un locale. Dovevamo suonare e siamo tornati tardissimo, penso di aver dormito un ora al massimo, prima che quella peste di mia sorella mi si gettasse sulla schiena per svegliarmi e accompagnarla a scuola.» Risi immaginando la scena. Giorgia era una vera peste. Era la piccolina di casa, aveva sei anni, ma nonostante questo era la piú sveglia di tutti. Spesso ne approfittava per rendere la vita un inferno a suo fratello, ma lui dimostrava una pazienza infinita.
«Mi dispiace, avresti potuto dirmelo. Avremmo rimandato!» replicai dispiaciuta.
Nico fece spallucce. «Non preoccuparti Stella, va bene.» sorrise, e lessi nei suoi occhi quanto davvero ci tenesse a stare con noi.
Ordinammo tre porzioni di tagliatelle ai funghi dal menú, e attendemmo che il cameriere servisse il bere.
«Come ti trovi alla Sony? Conosci già qualcuno di famoso?» un luccichio divertito gli accese lo sguardo.
«No, Nico, nessuno. È tutta gente come me e te li dentro. Forse oggi conoscerò uno degli artisti che lavorano per loro, ma non sono sicura.»
«Peccato. Però fra qualche mese potresti proporgli qualcuno....tipo noi, no?» sottolineò speranzoso.
«Nico, non lo so... Prometto che appena ne avrò l'occasione, darò a Gabriele un vostro demo. Ora non è il momento, sembrerebbe che voglia approfittarne.»
«Va bene, aspetteremo. Comunque Jen è stata pazzesca ieri sera...» lo osservai meglio, accennando un sorrisetto malizioso.
Jen era la cantante degli ZERO GRAVITY, ed era davvero spettacolare sul palco. Oltre alla voce, aveva una grinta e una carica assurda. Era l'anima del gruppo.
«Non guardarmi così! Sai cosa intendo!» mi diede un buffetto sulla spalla.
«Oh si, sappiamo cosa intendi...» s'intromise Vale, strizzando mi un occhio e ridendo.
«Ecco cosa significa avere due migliore amiche femmine.» sbuffò. «Non si fanno mai i fatti loro!»
Io e Vale scoppiammo a ridere, e lui si aggiunse a noi subito dopo.
Rientrai a lavoro subito dopo pranzo. Andai diretta verso l'ufficio dove si sarebbe tenuta la riunione e iniziai a disporre cartelline e penne ognuna al proprio posto.
Presi poi una delle buste contenenti una decina di bottigliette d'acqua da mezzo litro e ne sistemai qualcuna sul tavolo.
Alcuni uomini in giacca e cravatta cominciarono ad occupare le poltrone che circondavano il tavolo, rivolgendosi a me con semplici cenni del capo. Gli ultimi ad entrare furono Gabriele e due ragazzi.
Uno dei due era sicuramente più giovane. I capelli castani spettinati portati con un ciuffo leggermente alzato e un paio di iridi cerulee incorniciate da lunghe ciglia castane. Aveva un viso pulito, un velo di barba appena percettibile.
Il suo accompagnatore doveva far parte della sua troupe, sicuramente il suo tour manager.
Il primo non mi degnò di sguardo, camminando a passo spedito verso una delle poltrone.
Gabriele cominciò ad elencare i principali punti di discussione da cui avrebbero dovuto partire.
A quanto avevo capito, il meeting era dedicato al nuovo disco in produzione di un certo Riki, il ragazzo con gli occhi azzurri che sedeva a quel tavolo.
Lui sembrava piuttosto contrariato dalle varie proposte, per cui ad un certo punto si alzò, facendo una gran scenata.
«Ma fate sul serio? Non canterò mai questa... roba.» sputò fuori inorridito. «Che diavolo sono? Sembrano sigle dei cartoni animati!» Si infuriò sempre di piú. «Gabriele, almeno hai dato un occhiata ai miei testi?»
Gabriele si schiarí la voce. «Si, Riki ma non ci sembra il momento adatto per quelle canzoni. Il tuo primo album è andato molto bene, per questo crediamo dovresti continuare su quella strada... Su brani meno impegnati.»
Il ragazzo scosse la testa e a grandi passi lasciò la stanza. Mentre usciva mi urtò una spalla, lanciandomi un occhiata di fuoco. Non chiese neppure scusa. Che maleducato!
Lo rincorsi. «Potresti anche chiedere scusa, sai? È buona educazione.» lo rimproverai a braccia conserte. Continuò a darmi le spalle.
«Lasciami in pace.» si irrigidí sul posto, ma non si mosse.
«Ma chi ti credi di essere? Sei solo un ragazzino arrogante.» a quel punto di girò, pronto a fronteggiarmi.
«No chi sei tu per permetterti di parlarmi in questo modo. Neanche mi conosci. Potrei farti licenziare in questo stesso istante se solo lo volessi.» il suo sguardo tormentato mi impedí di tirargli una sberla in pieno viso.
«Oh scusami tanto. Dimenticavo che sei una star. Ti basta schioccare le dita perché tutti si gettino ai tuoi piedi, no?» Rimbeccai sarcastica.
A quel punto scoppiò a ridere scuotendo la testa.
«Hai un bel caratterino, ma dovresti imparare a tenere a freno la lingua. Non si sa mai con chi potresti avere a che fare.» Strinse gli occhi a due fessure, fissandomi intensamente.
«Spero non altri come te.» bofonchiai, voltandogli le spalle. Tornai al mio lavoro, sperando quello fosse stato il primo e l'ultimo nostro incontro.

#SpazioMe
Ciao ragazze!
Ecco a voi anche il secondo capitolo. Qui finalmente conoscerete Nico e in più Stella si scontrerà con qualcuno di nostra conoscenza 😜
Spero vi sia piaciuto,
un bacio e a presto 😘

Ps: che nome preferite per la ship?
Stellardo
Rikella
Riccardella
Sterardo (?)
Boh, scegliete voi 😂

•BEHIND THIS HAZEL EYES• [Riccardo Marcuzzo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora