×CAPITOLO 6×

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Stella's POV

Stavamo litigando da almeno venti minuti su di chi fosse la colpa del perché ci trovassimo in mezza campagna senza alcuna via di scampo e la cosa stava degenerando sempre piú.


«Se tu mi avessi dato ascolto invece che fare di testa tua probabilmente non ci troveremmo qui!» gli gridai in faccia, ormai esausta. «Io ti avevo detto di girare a destra, ma tu no! Sia mai che fai qualcosa che ti venga detto!»


Sbuffò e scese, lanciando le chiavi sul sedile. Si allontanò con il cellulare tra le mani.


Scesi anche io, chiudendo la portiera. La coda del vestito rimase impigliata nella serratura. Tirai la maniglia perché potessi aprire la portiera e togliermi da quell'impiccio ma essa non si aprí.


Riccardo tornò verso di me. «Non c'è campo, cazzo. È la batteria è quasi scarica...» scaraventò il cellulare sull'asfalto frustrato. Mi lanciò un occhiata. «Che stai facendo?»


«Sto cercando di liberarmi il vestito...» continuai invano a tirare la maniglia, poi mi accorsi attraverso il vetro, delle chiavi abbandonate sul sedile.


Chiusura centralizzata. Cazzo!


Con le chiavi dentro l'auto e le porte bloccate sarebbe stato un problema.


«Potresti darmi una mano invece che startene li impalato?!» lo rimproverai con voce incredibilmente ferma.


Si avvicinò, e proprio quando pensai che avrebbe sicuramente forzato l'apertura in qualche modo, restai sorpresa. Non in senso buono.


Afferrò un lembo del vestito tra le mani e tirò. La stoffa si strappo all'altezza delle ginocchia e poi tutto intorno.


Si rialzò, mostrando un sorriso soddisfatto.


Lo guardai sconvolta e prima che potessi anche solo pensare di fermarmi, le mie cinque dita lasciarono un bellissimo segno rosso sulla sua guancia destra.


«Ma sei pazza? Ti ho appena aiutato!» si sfregò la guancia dolorante.


«Certo! Strappandomi un vestito nuovo, appena comprato!» sbraitai. Dovevo sembrare davvero pazza dall'esterno.


Borbottò un vaffanculo, dandomi le spalle. Cominciò a incamminarsi lungo il sentiero, lasciandomi li.


Senza scarpe e con il vestito ormai ridotto a brandelli, lo seguii.


«Dove stai andando?» gli urlai dietro. Nessuna risposta.


Allungai il passo e lo strattonai per un braccio. «Ti ho fatto una domanda!» il suo sguardo si accese di rabbia.


«Lasciami.» mollai la presa facendo un passo indietro. «Me ne vado. Sei libera di fare quel cazzo che ti pare.»


«Non puoi lasciarmi qui!» guardai la macchina sul ciglio della strada, poi mi guardai intorno. Tutto quel silenzio, il buio della notte, mi inquietavano.


Decisi di seguirlo in silenzio. Nessuna macchina sembrava voler passare di lì.


I ciottoli dissestati della strada mi si conficcavano nelle piante dei piedi. Le mie scarpe erano rimaste in auto insieme al resto delle mie cose, compreso il coprispalle.


Mi strinsi le braccia attorno al corpo cercando di riscaldarmi appena.


«Di un po'... visto che sei tanto famoso, perché nessuno si preoccupa che tu sia sparito e ti viene a cercare?» feci scoccare la lingua sul palato. «A quanto pare non sei così importante come credi...» sperai, provocandolo, di mettere fine a quell'infantile e interminabile gioco del silenzio.

•BEHIND THIS HAZEL EYES• [Riccardo Marcuzzo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora