La musica è il suo rifugio.
L'unica cosa capace di
rompere il silenzio
dentro di lei.
Stella Giordani non è una ragazza qualunque. Respira musica da quando è venuta al mondo, e tutto ciò che ha sempre desiderato è lavorare nel campo della discogr...
Stella's POV Mi assicurai di aver chiuso bene la porta lasciando la sala di registrazione. Dopo che quel tipo se ne era andato, ero rimasta qualche altro minuto, trasformatosi poi in un ora. Avevo suonato, scritto qualche riga sul mio vecchio diario dalle pagine ormai ingiallite. Avevo rimuginato su ciò che aveva detto quel ragazzo, e spesso mi ero persa a fissare un punto indefinito senza neppure battere le palpebre. Un futuro da cantante non era decisamente nei miei piani, o forse sì? Scossi la testa e continuai a camminare dritta per la mia strada. All'improvviso un ragazzo spuntò da uno degli uffici laterali in tutta fretta e mi travolse. I fascicoli che teneva tra le mani volarono in aria, vorticando attorno a noi prima di raggiungere il pavimento. «Scusami tanto, non ti avevo sentita arrivare...» si grattò la nuca imbarazzato, poi mi porse la mano. Mi sistemai il vestito, appena sollevato, e sorrisi gentile. Almeno si era scusato, non come Malefica. Quest'ultimo, era il soprannome che avevo affibbiato a Bianca, quella cozza urlante figlia del mio capo. «Non preoccuparti, è tutto a posto.» «Stai bene?» annuii vigorosamente, guardandolo gesticolare nervosamente. «Sicura? Oh bene, mi dispiace davvero. Io sono Lorenzo, comunque. È un piacere, anche se immagino avresti preferito conoscermi in altro modo.» ridacchiò, arrossendo leggermente. Mi unii a lui. «Stella, piacere mio.» si inginocchiò a raccogliere i fogli sparsi. Con piacere, lo aiutai. Mi capitarono tra le mani parecchi disegni, alcuni realizzati al computer, altri invece sembravano disegnati di suo pugno. «Li hai fatti tu questi?» domandai rompendo il silenzio. «Ehm si, sono un graphic designer. Realizzo i cartelloni pubblicitari, i booklet degli album, a volte persino le copertine.» spiegò in breve. «Wow, è fantastico. Sei molto bravo.» mi complimentai sincera. «Grazie, sei molto gentile. Ho studiato arte grafica all'università e ho sempre avuto una passione per il disegno in generale.» Sembrò in imbarazzo a raccontarmi tutto ciò, probabilmente perché non gli piaceva vantarsi del suo lavoro nonostante fosse davvero bravo. «Tu invece cosa fai qui, se posso chiederlo?» «Sono la segretaria di Gabriele, e spero un giorno di lavorare come produttrice musicale. Mi piace quest'ambiente, diciamo che un po' ci sono cresciuta in mezzo.» non mi dilungai troppo nella spiegazione tirando fuori cose del passato che mi avrebbero solo fatto tornare nel vortice della depressione. Parlare con questo ragazzo sembrava essere la cosa più semplice del mondo, nonostante il suo continuo imbarazzo. Passammo parecchi minuti a discutere sui nostri piani per il futuro, sul nostro percorso accademico e non. Mi mostrò alcuni bozzetti che aveva realizzato, facendomi restare di stucco. Sembrava talmente reali. Le parole sembravano non essere abbastanza in quei casi. Quando lo sguardo mi cadde sull'orologio, schizzai in piedi. «È tardissimo! Io devo andare, avevo un appuntamento con una persona e mi sono completamente scordata. È stato un piacere Lorenzo, spero di rivederti in giro. Non sono tanti quelli che mi sopportano qui!» rise, mentre infilavo il cappotto e subito dopo la borsa a tracolla. Corsi via in un lampo, sperando nel perdono di mia sorella una volta che l'avessi raggiunta al locale. *** Mi ritrovai a strisciare il mio badge all'entrata, quella mattina, ancora prima di aver avuto alcuna possibilità di svegliarmi come si deve. Gabriele mi aveva tirata giù dal letto due ore prima del mio orario effettivo per un emergenza discografica. Così l'aveva denominata al telefono, quando con la bocca ancora impastata gli avevo risposto controvoglia. Necessitavo urgentemente un caffè amaro, piú amaro possibile. Una botta di vita. Raggiunsi la mia scrivania a passo svelto, abbandonandovi sopra cappotto e borsa. Feci per afferrare l'agenda con gli appuntamenti del giorno quando notai qualcosa di estraneo. Un foglio da disegno era posato sulla pila di documenti accanto al computer. Lo presi tra le mani, rigirandolo avanti e dietro. Era un ritratto, precisamente un mio ritratto. Era stato disegnato solo mezzo busto, ma ricordo perfettamente dove mi trovassi. Ero in sala registrazione intenta ad ascoltare qualche pila di demo musicali a cui Gabriele non ha mai tempo da dedicare. Avevo le cuffie nelle orecchie e lo sguardo perso. I gomiti posati sul tavolo e il mento sulla mano. L'artista di questo disegno aveva colto una sfumatura perfetta di quel momento. Pensai a Lorenzo e ai suoi disegni. Non c'era alcuna firma per cui avrei potuto darne il merito a chiunque. Mi cadde l'occhio sull' angolo in basso della pagina, dove spiccava una frase scritta in piccolo ma con una calligrafia delicata e abbastanza curata. "Qualsiasi momento è buono per iniziare a fare qualcosa. Basta trovare il coraggio." Meravigliata, ma allo stesso tempo confusa infilai il disegno nell'agenda e andai alla ricerca del mio capo. Quella frase era bella, decisamente. Solo non riuscivo a spiegarmi cosa potesse c'entrare con Lorenzo e i nostri discorsi della sera prima. Non sembrava avere alcun collegamento con lui, eppure sentivo che dovesse appartenere a lui quel ritratto. Varcai la soglia della sala di registrazione e trovai Gabriele seduto su una delle poltrone, circondato dallo staff di Riccardo, il quale sta registrando un pezzo nuovo. «Buongiorno Stella.» salutò sorridente. "Buongiorno un corno! Mi hai tirato giù dal letto alle sei!" avrei voluto rispondere, ma mi morsi la lingua. Mugugnai un semplice «Buongiorno.» e mi appoggiai con le spalle al muro. La prova del suono stava durando più del previsto e io non so cosa avrei dato per fuggire di li. Non riuscivo più a sentirmi le gambe, per cui cominciai a fare avanti e indietro, guadagnandomi qualche occhiata stranita. Dall'esterno dovetti sembrare pazza. Finalmente arrivò l'ora di pranzo e tutti se la filarono a gambe levate. Una pausa ci voleva in effetti. Completamente sola, mi accomodai su una delle sedie girevoli e strappai una pagina bianca dall'agenda.
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Mi persi tra i miei pensieri, nel mio mondo fatto di musica e parole. Scarabocchiai il mio nome in fondo alla pagina insieme a qualche disegnino qua e la. L'inchiostro nero della penna mi aveva macchiato la pelle. La strofinai con forza, facendola arrossare. Feci un sospiro assorta a fissare intensamente l'orologio alla parete e il suo incessante e fastidioso ticchettio. «Vedo che il canto non è l'unica cosa in cui sei brava.» sobbalzai al suono inatteso della sua voce e per sbaglio urtai l'agenda sul tavolo che cadde a terra con un tonfo. Alcuni foglio caddero dall'interno. Riccardo si abbassò a raccoglierla prima che potessi anche solo fare un passo. Me la porse, ma tenne per sé uno dei fogli. «Non pensavo potessi essere così narcisista!» ridacchiò, allontanandosi quando cercai di strappargli il disegno dalle mani. «Ti fai anche i ritratti da sola?» «Non che siano affari tuoi ma, non sono stata io a farlo.» sbuffai incrociando le braccia sotto il seno. «Ohhh» allungò la vocale per almeno dieci secondi. «Quindi è stato un ammiratore segreto, eh?» mi strizzò un occhio, malizioso. Alzai gli occhi al cielo. «Fatti gli affari tuoi!» ribadii scocciata. «D'accordo! Non ti agitare. Verrai al galà di domani sera?» chiese cambiando argomento. «Galá?» aggrottai le sopracciglia interrogativa. Ero all'oscuro di questa notizia, nessuno me ne aveva parlato. «Si, è tipo una festa di anniversario dell'azienda, solo che ci si veste da damerini in giacca e cravatta. Gabriele ci tiene che ci siano tutti. Strano non te ne abbia parlato.» Riflettè a voce alta. «Be in fondo sono solo una sua impiegata, perché avrebbe dovuto dirmelo?» «Perché è aperto a tutti, anche ai dipendenti.» «Quindi anche Malefica sará presente...» ragionai a voce bassa. «Malefica?» chiese Riccardo. Ops doveva aver sentito il soprannome di Bianca. Feci spallucce e cominciai a radunare le mie cose. «Lascia stare. Meglio che tu non lo sappia.» Detto ciò, me ne andai, lasciandolo senza parlare oltre. Quel ragazzo aveva un modo di fare che proprio non capivo. Era snervante il suo continuo cambio di argomento di conversazione, per non parlare poi del suo atteggiamento. Fastidioso, fastidioso, fastidioso. Ecco cos'era.
#SpazioMe
Ciaooo!! Ormai sapete che sono la solita ritardataria che pubblica alle undici di sera quindi niente da fare, non mi smentisco mai ahah Spero vi stia piacendo la storia e il modo in cui sta piano piano prendendo forma... Se vi va lasciate una stellina o un commento, che a me fa sempre piacere, e boo spero di aggiornare il prima possibile 😅 Un bacio a tutte 😘