×CAPITOLO 7×

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Stella's POV

La giovane coppia ci lasciò davanti ad una villetta a schiera abbastanza isolata dal resto della città.
Girai i tacchi pronta ad andarmene, quando sentii una presa ferrea attorno al mio polso.
«Non vieni?» i suoi occhi puntati nei miei.
«Vado a casa.» sbuffai contrariata, scostando i capelli bagnati dietro le orecchie.
Non avevo alcuna voglia di discutere.
«Dammi il tempo di cambiare i vestiti bagnati e ti accompagno io.» Non mi lasciò il tempo di fare alcuna replica che a grandi passi raggiunse l'ingresso di casa.
A malavoglia lo seguii. Accanto alla porta c'era un impianto d'allarme all'avanguardia, dove a lui bastò posare il dito perché si sbloccasse.
Riconoscimento ad impronta digitale.
La mia bocca doveva sembrare una gigantesca o in quel momento. Varcai la sogna, tentennando sui miei stessi passi, prima che richiudesse la porta alle mie spalle.
Mi guardai intorno meravigliata quando si accesero le luci. Un moderno open space si apriva davanti ai miei occhi.
Il salotto era grande quanto casa mia, con divani neri in pelle, un innumerevole quantità di cuscini, ed un televisore al plasma da far invidia ad un cinema.
La cucina sembrava non avere mai visto nemmeno un piatto di pasta. I banconi di quarzo erano lucidi, così come i fornelli.
Potevo quasi intravedere il mio riflesso contro lo sportello del forno.
Una scalinata in vetro portava al piano di sopra, dove immaginai un arredamento altrettanto lussuoso e chissà quante altre stanze.
«Quante persone ci vivono qui? È tipo tre volte casa mia.» sembrò infastidito dalla mia domanda, e si limitò a fare spallucce.
«Solo io.» andò verso il frigo e mi posò di fronte una bottiglietta d'acqua minerale. «Aspetta qui e non muoverti, torno subito.»
Mi sistemai meglio sullo sgabello della cucina e girai un paio di volte. Non avevo mai perso quel vizio di quando ero bambina. Qualsiasi tipo di sedia girevole diventava per me un gioco.
Accanto all'ingresso notai poi una porticina nascosta. La curiosità prese il sopravvento. Si, lo so, voi direte "La curiosità uccise il gatto", ma sapete cosa? Non me ne fregava niente. Ero fatta così.
La porta non era chiusa a chiave quindi fu sufficiente abbassare la maniglia.
Era una piccola stanza con le pareti insonorizzate. C'erano spartiti e fogli sparsi ovunque sulla scrivania nell'angolo.
Qualche strumento appeso alle pareti e una tastiera sul suo piedistallo.
Un diario dalla copertina sgualcita catturò la mia attenzione. Lo aprii e lasciai correre lo sguardo su alcune pagine.

"Tanto c'è chi non ci crede
E quando cedo, cedo
Faccio finta che stia bene
E quando parlo parlerò di te
E so che perdo tempo inutile."

Scorsi le dita sulla pagina, come ad accarezzare quelle parole impresse ad inchiostro nero sulla carta.
«Che stai facendo?!» mi voltai di scatto incontrando un Riccardo piuttosto furioso sulla porta. «Non ti avevo detto di aspettarmi di lá?» mi raggiunse a grandi falcate e mi strappò violentemente il diario dalle mani. «Vattene.» il suo sguardo oscuro, il tono minaccioso mi impedirono di protestare, per cui a passo svelto me ne andai.
Tornai verso lo sgabello su cui ero seduta prima e cercai di recuperare un briciolo di dignità.
«Scusa! Non pensavo fosse vietato leggere ciò che scrivi! Tu l'hai pure fatto con me. Però io sono solo... io, giusto?»
Mostrò una smorfia, poi si voltò afferrando alcuni vestiti e lanciandomeli.
«Cambiati.»
«È un ordine?» Rimbeccai acida.
«Si, se vuoi che ti riporti a casa.» strinsi gli occhi a due fessure, immaginando di poterlo ridurre in cenere. Sbuffai e strinsi ciò che mi aveva dato.
«Posso cambiarmi in bagno?» domandai interrogativa. Sia mai che chiamasse la polizia perché avevo osato usare il suo bagno senza permesso! Idiota.
«Sicura di non voler curiosare un altro po'?» Assurdo! Ci mancavano le frecciatine adesso.
Sbuffai. «Certo! Magari farò qualche foto in giro per casa, o ruberò un paio di boxer e me li rivenderò su internet... non hai idea di quanti fessi li comprerebbero. Oppure potrei rubarti la carta igienica e dire che l'hai toccata tu, o ti ci sei soffiato il naso... ci farei una fortuna!» ridacchiai ironica, battendo un piede a terra.
«Ah ah simpatica.» scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.
«Si può sapere per chi mi hai preso?»
Evitò accuratamente di rispondere alla domanda. «Il bagno è di sopra. Seconda porta a destra, oppure prima porta nel corridoio di sinistra.»
Feci il saluto militare ridendo di sottecchi e iniziai a salire le scale. In bagno tolsi il vestito bagnato abbandonandolo sulla lavatrice, e infilai i pantaloni della tuta e la felpa che mi aveva prestato.
Dovetti fare parecchi risvoltini ai pantaloni a causa della nostra differenza di altezza, ma tutto sommato non erano così male.
Davanti allo specchio sistemai i capelli in una coda alta prima di tornare di sotto.
Riccardo mi fece cenno di seguirlo. Scendemmo un'altra scala, ritrovandoci poi di fronte ad un cancello argentato.
Il lucchetto scattò non appena lui inserì il codice.
Dei lunghi lampadari occupavano il soffitto illuminando il garage.
Con le pareti bianche e le luci che si riflettevano sul linoleum grigio cenere poteva benissimo sembrare un autosalone.
Parcheggiati a lisca di pesce c'erano una decina di auto sportive, dalle più costose a quelle più economiche.
Tre Audi di modelli diversi, una Mini Cooper, una BMW, una Maserati e altre marche a me sconosciute.
Prese un mazzo di chiavi dalla parete e si avvicinò alla Mini. Mi aprí lo sportello perché vi salissi, ma non lo feci.
Mi avvicinai invece alla Maserati blu oceano poco piú in lá. Non ero mai salita su una macchina tanto costosa e mi sarebbe piaciuto tantissimo farlo.
«Possiamo prendere questa?» gli occhi mi luccicano, pieni di speranza.
«No.»
«Perchè?» l'entusiasmo di poco prima si sgonfiò come un palloncino bucato.
«Perché non è esattamente una macchina con cui si passa inosservati.» Si rabbuiò. «Sali oppure no?»
Annuii e acconsentii alla Mini per evitare di discutere ulteriormente.
Il viaggio fu estremamente silenzioso, tralasciando i momenti in cui contestavo il suo modo di guidare borbottando silenziosamente, anche se sapevo riusciva a sentirmi bene, e quelli in cui cercavo di dargli le indicazioni per raggiungere casa mia.
Quando l'auto si fermò, dire che tirai un sospiro di sollievo fu un eufemismo.
Prima che potessi anche solo mettere un piede fuori, mi bloccò.
«Non dire una parola di ciò che è successo stasera, e soprattutto non far sapere in giro dove abito. Almeno a casa vorrei stare tranquillo...» mi sembrò di sentirlo sospirare, ma non dissi nulla.
Annuii.
Scesi, e lui diede subito gas schizzando via. Non mi aveva lasciato neppure il tempo di ringraziarlo.

#SpazioMe

Ciaooo!
Ancora Stellardo per questo capitolo! Vi stanno piacendo come coppia?
Sono un po' la coppia che scoppia ahaha
Comunque sto cercando di aggiornare più frequentemente così che riesca a coinvolgervi di più nella storia, quindi spero apprezziate ❤️

Soprattutto perché questo capitolo l'ho scritto per metá in treno ahaha

A presto con il prossimo! 😘







•BEHIND THIS HAZEL EYES• [Riccardo Marcuzzo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora