l'armadio non porta a narnia

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Finimmo di cenare e qualcuno si alzò.
-sapete chi dovrà sparecchiare oggi, gli altri possono andare a sistemare le proprie cose.
A parlare fu Lucas che fu il primo ad uscire dalla stanza seguito dai 3.
Molti ragazzi uscirono dalla porta, altri si diressero verso la cucina.
-Ora puoi toglierti la benda.
Mi ero perfino dimenticata dalla benda, la testa aveva smesso di pulsare e ora sentivo solo un leggero fastidio dove il tessuto incontrava la pelle.
Hanna mise apposto la sua sedia e mi condusse verso i corridoi ci trovammo davanti alla porta della stanza dove mi ero svegliata qualche ora prima.
Solo in quel momento mi accorsi che la stanza assomigliava di più ad una infermeria che ad una camera da letto.
Mi ritrovai davanti allo specchio a guardare di nuovo i miei lineamenti. Slegata la benda Hanna mi disse che potevo pure buttarla in un cestino che non avevo notato, quando lo fecci notai delle piccole erbe uscirne fuori.
La ragazza mi guardò un attimo.
-Era un impacco, mischiato con qualche altro nostro trucchetto, così ti sei svegliata più velocemente e anche la botta e guarita più in fretta.
Rispose lei alzando le spalle.
-Grazie.
Dissi sorridendole.
Mi ricondusse alla stanza dove avevo conosciuto Albert.
Senza di lei mi sarei già persa, i corridoi erano tutti uguali e temetti che non sarei mai riuscita a muovermi da sola in quel labirinto.
La porte era ancora aperta e dietro di essa Albert stava leggendo un libro sdraiato tranquillamente sul suo letto.
-Bhe ora vi lascerò socializzare, devo ancora mettere apposto un paio di cose. Buona notte ragazzi, ci si vede domani mattina.
Albert alzò lo sguardo dal libro e salutò Hanna che era già sparita dietro un corridoio.
Poi i suoi occhi si posarono su di me.
-Ben tornata Lucy.
Mi disse sorridendo.
-Ciao Albert.
Risposi io entrando nella stanza e dirigendomi verso la mia valigia.
Non mi preoccupai se il ragazzo mi guardasse mentre iniziai a posizionare le poche cose che possedevo.
-Sarà meglio farti un armadio.
Senza nemmeno sentirlo, Albert si era spostato dall'altra parte del letto, difronte al mio armadio vuoto.
-Intendo dire, hai poche cose quasi niente. Dovremmo procurarti dei vestiti.
Restai ancora un attimo accigliata ma non riesco a fermare un sorriso che mi sfugge.
Il ragazzo mi guarda e sorride a sua volta, forse credendo di essere stato troppo impacciato. 
-Domani chiederemo ad Hanna.
Dette queste semplici parole il ragazzo si ributto nel suo letto dell'altra parte della stanza.
 Rimasi a fissare il mio armadio vuoto, quando senza accorgermene mi trovai davanti a lui, iniziai a seguire con i polpastrelli la leggera decorazione di fiori che si trovava ai lati, il legno era liscio e gli spigoli ben levigati. Aprì meglio una delle due ante e ci trovai un pacchetto bianco legato da un cordino nero. Lo presi, il contenuto non sembrava pesante e sentivo che quella carta ruvida conteneva qualcosa di soffice.
-Credo sia in regalo dai grandi capi, puoi tenerlo insieme alla tuta.
Albert non alzò lo sguardo dal suo libro mentre io appoggiai delicatamente il pacco sul letto provocando una leggera pressione.
Rimasi a fissare l'involucro indecisa se aprirlo ma poi la mia curriosita ebbe il sopravvento.
Sciolsi il nodo e aprì il regalo.
Quello che vidi era qualcosa di simile ad un pigiama.
Aprendola di fronte a me la maglietta era bianca e candida, con una spirale blu dove si trovava il cuore. I pantaloni erano neri ed una seconda spirale si trovava su una delle caviglie, sentendoli con le mani quel tessuto sembrava morbido e resistente.
-Li se vuoi c'è un bagno.
Albert aveva messo via il libro per indicarmi una porta di legno dall'altra parte della stanza. Presi il nuovo pigiamo e entrai nella piccola stanza indicata dal ragazzo, ringraziandolo con un sorriso quando li passai accanto.
Mi cambiai velocemente e mi lavai il viso e le mani.
Fissai ancora la ragazza che ricambiava il mio sguardo nello specchio.
Alzai la mano verso di lei e inizia a percorrere i lineamenti riflessi.
-Io sono reale, io ci sono.
Quel movimento tanto famigliare mi sembrava scomodo in quel luogo che non conoscevo.
Continuavo a percorrere i lineamenti che era mia solito fare con una matita in mano, in quel momento mi sentivo reale come lo era il ragazzo nell'altra stanza.
Uno sconosciuto.
Di qui sapevo solo il nome.
Le preoccupazioni mi entrarono nella testa senza che io potessi fermarle, la paura, la tristezza. Entrarono senza bussare, e fu allora che notai una cosa. Una cosa che non avrei voluto notare.
I miei occhi cambiarono colore, le pupille iniziarono a dilatarsi a tal punto da coprire tutto il colore, in modo meno omogeneo iniziarono ad invadere anche il bianco.
Sembrava una macchia d'inchiostro su un foglio bianco.
Spaventata fecci un passo indietro e scaglia la spazzola contro il mio riflesso. Le mie urla si bloccarono in gola, l'unico suono era lo specchio che si infrangeva, la porta che si spalancava e Albert che chiamava il mio nome. 
Le mie gambe non riuscirono a reggere il mio peso e mi trovai inginocchiata a terra con le mani che coprivano i miei occhi.
Il ragazzo si inginocchiò accanto a me, sentì che prese i miei polsi e mi sussurò parole rassicuranti.
Io rimasi immobile mentre le miei mani si spostavano lentamente facendomi vedere il volto del mio salvatore.
-Segui il respiro.
Il ragazzo mi guardava, vedevo nel suo riflesso che i miei occhi stavano lentamente tornando alla normalità, troppo lentamente.
-Segui il respiro.
Questa volta il ragazzo usò un tono più duro, che non riconobbi nel suo sguardo gentile.
Stava per darmi un terzo ordine quando chiusi gli occhi per ascoltare il respiro.
Sentivo il polmoni muoversi, l'aria che entrava e usciva , piccoli dettagli che non avevo mai percepito.
Il ragazzo mi guardava ancora.
-Guardami.
Il ragazzo iniziò a sbatte le palpebre un paio di volte , e solo allora mi accorsi che anche i suoi occhi cambiavano colore.
Ma divennero bianchi. Il bianco iniziò a prendere lo spazio della sfera azzurra per poi interferire con la pupilla nera al centro, per rendere  l'occhio una sfera bianca latte .
-Vedi? È normale, è tutto ok.
Sentii delle sensazione di piacere invadermi il corpo, bei ricordi che avevo dimenticato mi riaffiorirono alla mente, i punti dove le sue mani sfioravano le mie si scaldarono e pizzicarono al tatto.
-Come?
-È il nostro potere, il bene e il male, la luce e l'oscurità.
-Ma perché i miei sono neri.
-Perché riesci a capire meglio la notte che il giorno.
Il ragazzo mi sollevò dai polsi e mi fecce tornare in piedi, quando guardai lo specchio vidi che si era rotto in piccoli pezzi.
-Questa si che porterà sfiga.
Albert mostro una breve risata.
-Mi sa che sarà meglio dormire. Avremo tempo più tardi di pensare alla sfiga.
Il ragazzo uscì dalla stanza e io li stetti dietro chiudendomi la porta alle spalle. Arrivai al mio letto e notai che il filo nero era caduto a terra lo raccolsi e lo misi sopra il comodino, riguardai l'armadio ancora aperto e ci diedi un'ultima occhiata, era vuoto e pieno di polvere, solo dove un tempo c'era il pacco  si vedeva il legno immacolato. Chiusi le ante e poi guardai Albert che era in piedi difronte al suo letto, lo guardai meglio e notai che aveva un pigiama simile al mio, forse se l'era messo quando non guardavo.
Gli sorrisi riconoscente dell'aiuto che mi stava dando.
-Grazie Albert.
-Sono qui apposta per aiutarti.
Il ragazzo mi sorrise e misi apposta qualcosa che si trovava nel suo comodino, che io non vidi avente il suo corpo che lo copriva.
Quando ci guardammo per l'ultima volta  i nostri sguardi erano tornati normali.
Entrambi ci sdraiarmi sui nostri letti lasciandoci cullare dalle lenzuole.
-Buona notte Lucy.
-Buona notte Albert.
Lasciamo che il silenzio accompagnasse quelle ultime parole, mentre la luce affievolita lentamente.

Il silenzio aveva pervaso la stanza, io mi trovavo nella mia nuova camera tagliata a metà, la zona dove si sarebbe dovuta trovare Albert era buia, e il mio sguardo non riusciva a vedere oltre due piastrelle dal mio letto.
La luce dominava la mia area quando mi voltai verso l'armadio le ante erano semi aperte.
Qualcosa mi disse che sarei dovuta tornare a letto e rifugiarmi nelle coperte, ma l'anta dell'armadio si aprì di colpo facendone fuori uscire una luce tenue che mi attraeva a se come le zanzare con le lampade. Dall'altra parte il silenzio non esisteva, ma non esisteva neanche il suono.
Sentivo qualcosa ma non sentivo niente, percepivo il freddo ma avevo caldo. Decisi di rivoltami per uscire dall'armadio, ma dietro di me c'era il nulla.
Iniziai ad urlare ma la luce si stava affievolendo insieme alla mia voce, poi un suono.
Qualcuno mi stava chiamando, qualcuno che poi iniziò a ridere.
Continuai a cercare l'armadio iniziando a correre verso nessuna direzzione. Quando mi imbattei in una pozza buia.
Quando guardai il fondo vidi morte e distruzione, ira e terrore, delusione e pentimento. Quando mi voltai altre pozze nere comparsero intorno a me.
Urlai l'unico nome che pensavo potesse sentirmi ma quando una figura comparve da uno dei pozzi neri, iniziò a ridere, ridere di me.
Caddi a terra inginocchia, mi presi lo stomaco con le mani e iniziai a piangere lacrime nere. Altre figure si elevarono dalle macchie nere e iniziarono a ridere fino ad diventare una risata singola.
Mi presi la testa con le mani, fino a quando le risa non diminuirono, la luce ritorno alla sua natura. E quando mi guardai le mani era sporche di nero.

Iniziai a respirare affannosamente e battere più volte le palpebre nel buio della mia camere, mi guardai le mani, ricordandomi del nero, come catrame, che le coprivano poco prima, ma sembravano fresche e pallide come sempre.
Rimasi in silenzio e sentì il respiro calmo di Albert.
Decisi di riappogiare la testa sul cuscino e ascoltare il mio battito.
Ma quella notte i sogni non tornarono a farmi visita.

Non volevo essere un supereroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora