i sogni non sono acqua

77 8 0
                                    

Quando il sole entrò dalla piccola finestra io lo benedissi perché mi era sembrato di passare ore su quel letto, impaurita dalla mia stessa mente.
Mi alzai delicatamente senza tentando di non svegliare Albert. Andai in bagno e mi cambiai, evitato di guardare lo specchio per non ricordare i fatti della sera precedente.
Mi pettinati alla cieca e mi lavai.
Indossai gli stessi vestiti del giorno prima concordando sul fatto che dovessi andare a comprare altri cambi.
Uscita dal bagno pensai di essere riuscita nel mio intento di non svegliare Albert, ma mi sbagliavo.
Quando vidi il suo letto era vuoto, ceraci con lo sguardo il ragazzo, che si trovava difronte al suo armadio.
-Buon giorno.
Il ragazzo mi sorrise mentre lui prendeva i suoi vestiti puliti e prese il mio posto nel bagno. Il ragazzo sembrava fresco e riposato, al contrario di me, che continuavo ad udire quelle risate e vedere quelle chiazze nere ogni volta che battevo ciglio.
-Buon giorno.
Risposi avvicinandomi al mio letto e sedendomi i sopra.
-Dormito bene?
Non sapevo se mentirgli o meno. Alla fine decisi una mezza via.
-più o meno. Te?
-Nessun incubo questa notte.
Il ragazzo mi sorrise per poi chiudersi la porta alla spalle, sentì la chiave girare sulla serratura e io sospirai.
Mi buttai di schiena sul materasso fissando il soffitto come amagliata da qualcosa di inesistente.
Il ragazzo uscì poco dopo facendomi svegliare dal mio momento di dormi veglia.
-Andiamo a fare colazione?
Mi chiese il ragazzo buttando in una cesta la sua roba.
-Con molto piacere.
Uno accanto l'altro, distaccati da pochi centimetri usciamo nel corridoio, che è silenzioso come sempre.
Iniziano ad incamminarci nella stanza della sera prima, rimaniamo in silenzio ascoltando l'eco dei nostri passi sulerando tante porte ancora chiuse.
Continuano a cambiare fino a quando un suono dietro di noi non ci fecce voltare.
-Albert.
Ci voltammo in tempo per vedere una ragazza correre contro il ragazzo e sprofondare nelle sue braccia.
La ragazza aveva i capelli neri come la pece con delle sfumature blu, i suoi vestiti erano eleganti e facevano risaltare le sue forme, quando si staccò dal ragazzo vidi che aveva un ciondolo rosso intenso che contrastava con la pelle pallida e i suoi vestiti neri.
-Amy.
Il ragazzo parve felice di ritrovarsi la ragazza abbracciata a se.
Albert si scosse velocemente e mi presento alla ragazza.
-Amy lei è...
-Lucy... L'ho so, ti avevo già visto. Io sono Emily ma gli amici mi chiamano Amy.
La ragazza mi sorrise e mi porse la mano guantata, io la strinsi, guardando il strano tessuto che le fasciava le dita.
-o questi?
Disse la ragazza facendomi vedere anche l'altra mano inguantata.
-Servono per non farmi vedere cose strane quando tocco le persone.
La ragazza continuò a sorridermi, il volto era perfettamente truccato come se si fosse svegliata ore prima per prepararsi, i capelli erano lasciati liberi candendoli lungo la schiena.
-Noi stavano andando a fare colazione, ti unisci a noi?
Chiese Albert.
-Vengo monto volentieri.
La ragazza si mise fra me e lui, prendendo il braccio di lui ed iniziando a camminare.
-Allora, come sono andate le vacanze?
Albert tentò di rispondere ma appena aprì bocca la ragazza iniziò a parlare della sue vacanze, io guardai Albert che mi guardò a sua volta Coen se chiedesse scusa del comportamento della ragazza.
Nel tragitto verso la cucina ascoltai solo l'inizio delle vicende di quella estate di Amy, perché poi iniziai a perdermi nel flusso dei miei pensieri, orami avevo passato l'intera notte a pensare al sogno e cercando di sfuggire da esso.
Ma ora, con la voce lontana di una sconosciuta, la mia mente non riusciva a staccarsi dall'idea di quel sogno e dei suoi molteplici significati.
Sentì un formicolio nel basso ventre quando ripensai alle risate e a quel buio tetro che mi circondava e che mi fluisca nelle ossa.
Sentii qualcosa di oscuro nascere da quel dolore che iniziava ad diffondersi verso lo stomaco e i polmoni.
Qualcosa dentro mi stava opprimendo e io non capivo cosa fosse, sentii qualcosa di viscido nelle mani e quando le guardai vidi che il nero del sogno era ritornato, il liquido denso e caldo sembrava sangue nero sulla mia pelle. Fecci un sospiro profondo e volsi il mio sguardo verso il corridoio che era diventato un corridoio buio e senza via d'uscita, sentii urla e pianti da quel vuoto, tentai di fare un altro passo ma qualcosa mi bloccava. Quando guardai a terra verso i miei piedi il panico mi blocco. Delle mani, sporche del mio stesso catrame mi trattenevano le caviglie.
Tentai di urlare ma una voce mi penetro nelle orecchie.
-Perché se colei che controlla le paure altrui non riesce a controllare le proprie, sarà più facile distruggerli.
La voce svanì come era tornata, ed la visione con essa.
Accanto a me sentivo che era ritornata la presenza di Amy e di Albert, la sua voce schiullante risuonava per il corridoio che aveva preso la sua luce naturale. Raggiungemmo la sala pranzo, più confusa di prima.
La sala era tranquilla quella mattina, il tavolo, spoglio delle decorazioni della sera prima, ira era ricoperto da una semplice tovaglia bianca con sopra qualche tazza che qualcuno stava già occupando.
Solo poche parole si udirono nella stanza, ma quando entramo tutti alzarono il capo per guardare i nuovi arrivati.
-Hey ragazzi.
Una Hanna sorridente ci guardava da una lato del tavolo più isolato del resto del gruppo.
-Ci sono dei posti liberi da questa parte.
La ragazza continuò a sorriderce mentre noi ci avviciniamo a lei, Emy invece sembrava più scettica e decise di mettersi dal lato opposto trascinandosi dietro Albert.
Seduta difronte a lui notai che la ragazza le stava alquanto avvinghiata anche se nel volto di lui vedevo del disagio e quando i nostri sguardi si incrociavano vedevo un  urlò d'aiuto silenzioso. 
-Ciao Amy, vedo che sei arrivata prima del previsto.
Hanna si trattenne dal lanciarle dietro la tazza o qualcosa di peggio.
-Già, qualcosa mi diceva di arrivare prima.
Il suo sguardo si posò su di me e poi la sua mano si strinse ancora di più sul braccio di Albert, che decise di allentarla andando a recuperare dei biscotti, che poi la ragazza li rubò.
Questa scena mi parve così comica che mi sfugge un sorrisino facendomi dimenticare della visione che mi aveva turbato poco prima.
Le ragazze mi guardarono straniere ma poco dopo anche Hanna venne contagiata dalla risata.
La corvina mi guardò di sottecchi un'ultima volta prima di mostrare un sorriso divertito.
-Spero vi stiate divertendo.
Una figura dietro di me tossì richiamando l'attenzione su di sé.
Quando mi voltai visi il ragazzo dai capelli blu che mi guardava con aria indifferente.
-Tra mezz'ora arrivano gli ultimi, tra un'ora iniziano le lezioni.-
Il ragazzo stette per dire qualcosa ma una figura che comparve alle sue spalle lo bloccò.
-Su via Lucas, non infastidire le nuove reclute.
Un uomo che avrà avuto una trentina di anni aveva posato una mano sulla spalla del ragazzo che rispose serrando la mandibola e inrigidendo le braccia.
-Si... ciao ragazzi.
Il ragazzo si voltò ed uscì dalla stanza senza mai voltarsi indietro.
Pensai che c'era qualcosa di strano in quella sua camminata ma non potti
Investigare oltre che l'uomo si presentò, chiamando la mia attenzione.
-Tu devi essere Lucy, la nuova arrivata. Molto piacere.
L'uomo di diede la mano che io stretti pensando che in quel luogo tutti mi conoscevano, ma io non conoscevo neanche me stessa.
-Io sono Rafael, controllo chi esce e entra da questo posto. Sarà meglio che vada. Passate un bel ultimo giorno di vacanza allora.
L'uomo se ne andò prendendo una crostata, i capelli bianchi neve, particolari per la sua età, brillarono fino a quando non sparì da dietro la porta.
-Ottimo augurio.
Disse Amy che stava giocando con un cucchiaio abbastanza annoiata.
-immagino che tu non avrai perso neanche un giorno di vacanza.
Disse Hanna sorseggiando un po' del latte al cacao. La ragazza dall'altra parte del tavole li fecce una linguaccia.
Hanna si alzò di scatto dalla sua sedia, gli occhi sembravano sprigionare odio pure.
-Cosa hai detto?
La dolce voce della ragazza era stata rimpiazzata da una più dura.
-Tu mi hai...
Amy sembrò spaventata, che quasi si staccò da Albert per nascondersi con la sedia.
Hanna non mutava ne il suo sguardo ne la sua posa autorevole.
Io la guardava dal basso stupita e poi diedi uno sguardo ad Albert che sembrò spaventato anche lui, quando incrociò i miei occhi il suo sguardo mutò forma e sembrava rassicurarmi.
-Allora dillo ad alta voce se ne hai il coraggio.
Esordì Hanna.
-Io...io...
Emy stette per dire una cosa quando capito ciò che non avevo mai pensato.
La stanza entrò in un silenzio infernale, i volti dei ragazzi che stavano guardando la scena inquriositi sficarono.
Gli occhi di Emy diventarono bianchi, ma non era lo stesso bianco che avevo visto nello sguardo di Albert la sera prima.
Il suo sembrava un bianco di ghiaccio, aveva dei riflessi trasparenti che incutevano terrore e mistero.
Poi la ragazza iniziò a parlare.
-l'uomo bianco vorrà la
nostra sconfitta.
Un amico non verrà più chiamato tale.
Per il destino del passato, saremo spacciati o salvati.
La ragazza sbatte le palpebre un paio di volte rifacendo tornare i suoi occhi alla normalità.
Hanna si era bloccata, per poi calare lentamente sulla sua sedia.
Albert stava abbracciando Amy che era scossa da piccoli spasmi.
E quando guardai il mio riflesso su una bottiglia di vetro, i miei occhi erano diventati color pece.

Non volevo essere un supereroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora