Sesto capitolo

403 32 4
                                    

Mi immobilizzo e il bigliettino che poco prima avevo in mano, scivola lentamente verso il pavimento.

I miei occhi sono sbarrati e il respiro diventa irregolare.

Per un momento penso di star sognando, o di fare un incubo, a seconda dei punti di vista.

"Sarah!" entra in camera come un uragano, Lily "È tipo la quarta volta che ti chiamo: la cena è pronta!". Non appena si accorge che non reagisco al suo richiamo, segue il mio sguardo, il quale è ancora posato sul pezzetto di carta. Lo afferra e lo alza da terra. Lo gira dalla parte della scritta e vedo che sgrana gli occhi, i quali diventano sempre più enormi.

"Oh mio Dio", afferma senza aggiungere altro. Lei si siede sul suo letto che si trova di fornte al mio. "Quando te lo ha dato?" mi chiede.

Scuoto la testa e alzo lo sguardo da terra: "L'ho trovato dentro la mia borsa. Penso lo abbia messo quando sono svenuta davanti a lui, in mezzo alla folla."

Lei annuisce e per un momento nessuna delle due parla.

"Allora," spezza il silenzio lei, "cosa pensi di fare?".

Scuoto la testa e la fisso negli occhi. "Non lo so, davvero. Non so ancora se si tratta di un sogno o un incubo. Cioè, secondo te lo fa con tutte? O vuole solo prendermi in giro?", mi prendo il viso tra le mani, cercando di trovare qualche risposta. "Non so davvero cosa fare. Lo chiamo? Ma poi per dirgli cosa? Non lo conosco e lui non conosce me" aggiungo infine.

Lily mi guarda e diventa seria. "Secondo me dovresti chiamarlo. Okay, non vi conoscete, ma potrebbe essere un'opportunità per diventare anche solo amici, no? E magari poi vi scappa qualcosa dopo, oltre che la semplice amicizia", il suo sguardo si fa malizioso.

Sorrido, vedendo la sua buffa espressione in faccia e la spingo in modo scherzoso, "Che scema che sei!".

Lei mi sorride e continua: "Provaci, Sarah. Magari è la volta buona che dimentichi il tradimento di Austin!" esclama.

Forse ha ragione, Lily. Dovrei lasciarmi un po' andare, invece di pensare sempre al peggio.

"Avanti, ti prego!" mi supplica con gli occhi dolci.

Prendo a ridere e le sbatto il mio cuscino in faccia. Subito dopo prende anche lei a tirarmi cuscinate, dando vita così a una guerra.

E tra risate e battutine, finisce così la nostra giornata.

                              ***

La mattina seguente esco di casa presto, verso le cinque, per fare jogging. Attraverso gli incroci e presto arrivo al parco vicino a casa: Hide Park.

Mi fermo davanti ai cancelli e entro camminando, cercando di riprendere fiato. Noto che in giro a quell'ora non c'è nessuno e il parco è tutto per me.

Con passo regolare mi avvicino a una fontanella per bere e inclino la testa per permettere al flusso d'acqua di finirmi dritto in gola.

Dopo pochi secondi alzo lo sguardo e noto che il cielo è plumbeo. Pioverà presto, penso.

Continuando a correre attraverso la metà del parco - simboleggiata da un laghetto artificiale circolare molto simile a una grande fontana. Mi fermo nuovamente per guardare se ci sono delle papere a cui dare da mangiare i pezzettini di pane che avevamo avanzato in casa il giorno prima. Ma nessun animale vedo all'orizzonte.

Sbuffo. Uffa, dovrò tornare a casa con il pane vecchio.

"Cosa ci fai qui, tutta sola?" mormora una voce dietro di me.

Rabbrividisco e mi paralizzo. Lentamente mi volto, per vedere di chi si tratta.

"Uh, ma sei anche carina! Meglio per me!" riprende la voce.

Un uomo sulla quarantina mi sta davanti e noto che deve essere ubriaco fradicio poichè non riesce a camminare dritto.

"Ehm, devo andare" dico, evitando di incrociare il suo sguardo.

Riesco a fare due passi che mi trovo circondata da altri tre uomini. Il più giovane deve avere trentacinque anni.

Cerco di mantere la calma e di evitare di entrare in panico. Devo rimanere lucida se voglio fuggire.

"Ehi, ma ne hai trovata proprio una carina!" starnazza un uomo, a quello che mi aveva avvicinato.

"Eh già", afferma l'altro.

Aiuto.

"Per favore, voglio andare a casa" dico prendendo a tremare.

"No, non andrai a casa. Abbiamo appena cominciato."

"Vi prego, il mio ragazzo mi aspetta a casa" mento.

Tutti insieme ridono e pian piano si avvicinano sempre più, restringendo il cerchio nel quale mi hanno intrappolata.

"Per favore", la mia voce si spezza.

Due uomini mi si avvicinano e mi mettono le mani addosso, cercando di tenermi ferma. Prendo a lottare, ma un altro mi tira un pugno in pieno viso. Delle grosse lacrime cominciano a scendermi lungo il viso e la mia vista si annebbia.

"Lasciatela in pace!" esclama improvvisamente un'altra voce dietro di me.

Sento dei tonfi e dei colpi, come se qualcuno stesse lottando. Apro e chiudo gli occhi quando sento nessuna presenza sopra il mio corpo.

Mi alzo da terra grazie a un ragazzo che mi offre la mano. Sono ancora confusa e scossa a causa dell'episodio.

"Grazie mille" mormoro.

"Prego" risponde una voce.

"Sai come ti chiami? Te lo ricordi?" mi chiede.

"Sì, sono Sarah. Sarah Straub" mormoro prima di cadere nel buio.

SpotlightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora