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Se c'era una sensazione che Derek detestava più d'ogni altra cosa al mondo era quella di perdere il controllo dei suoi nervi. E mentre rincorreva il cane si rendeva conto di trovarsi proprio in quello stato.

Un cane che lui aveva portato con sé.

Quel lui che doveva essere una lei.

Vanità maschile. Mah! Come se lui fosse un pavone messo lì per divertirlo.

Doveva ficcarselo in testa subito: Il ranch Bar ZZ era proprietà di Derek Hale, il suo regno indiscusso e lui aveva già deciso che non avrebbe modificato in alcun modo il suo stile di vita per venire incontro a quello stupido calendario.

Gli era stato promesso, dallo stesso Cringle e da suo fratello, che il suo modo di vivere non avrebbe subito disturbi o interruzioni.

Quel maledetto San Bernardo stava puntando dritto verso la mucca e la stalla dei vitelli.

Con un balzo Derek raggiunse la porta e ci saltò sopra, sperando di fermarlo a perlomeno di rallentarne la corsa col suo peso.

Il signor Tate, che lui non riusciva a chiamare Stil neppure nei suoi pensieri, gli gridò qualcosa, ma non riuscì a capirlo. I novantatré chili piombati sulla porta rallentarono la corsa del cane, almeno per il momento.

- Attento alla faccia - gli gridò Stiles, e lui capì che era ciò che gli aveva gridato prima.

Gli rivolse uno sguardo ostile prima di riuscire a staccare il guinzaglio dalla maniglia, poi saltò giù dalla porta, si alzò in piedi e tirò a sé Basil, che corse da lui tutto contento, scodinzolando con la lingua di fuori.

- Baciami e avrai i giorni contati - lo avvertì.

- Come ha detto, scusi? -

Sentì uno scatto, poi il rumore della pellicola che si avvolgeva nella macchina fotografica.

Si raddrizzò e lo guardò.

Stil abbassò la macchina e fece un cenno del capo, soddisfatto.

- Ero molto preoccupato per la sua faccia - gli spiegò. - Un occhio nero o un cicatrice potrebbero complicare le cose. -

- Come se non fosse già abbastanza complicate - brontolò lui, offeso di essere considerato come un oggetto. Però aveva una via di fuga, che teneva di riserva. Se lui avesse finito per esasperarlo, poteva sempre tentare di domare quel cavallo difficile e forse avrebbe aggiunto qualche altra cicatrice a quel suo viso tanto importante per quelle stupide foto.

Naturalmente, avrebbe dovuto farlo nel cuore della notte, altrimenti la sua umiliazione avrebbe potuto trovar posto sui calendari, a beneficio di tutto il mondo.

E' soltanto una settimana, continuava a ripetersi. Dodici fotografie, niente di più.

Poteva farcela. Doveva farcela. L'aveva promesso.

Certo, era vero che la promessa gli era stata estorta in un momento di debolezza, ma non importava.

E francamente, benché in quel momento non avesse una gran voglia di essere né onesto, né leale nei confronti di quell'illustre sconosciuto, non era colpa sua se Scott gli aveva appioppato il cane.

E anche la bellezza non era colpa sua. Quand'era sceso dall'auto, lui lo aveva osservato standosene all'ombra del granaio.

Lo aveva spiato mentre si stiracchiava, mentre metteva in mostra in suo fisico tendendo il tessuto dei vestiti, mentre scuoteva la testa e si passava le mani nei capelli .

Aveva pensato che si fosse perduto, ed era uscito dal granaio per indicargli la strada giusta. Ma un'occhiata all'orologio aveva confermato i suoi timori: doveva trattarsi del fotografo mandato da Francis Cringle.

Una vacanza insolita - SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora