8.2

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Dopo una cena che confermò senza riserve che al ranch Bar ZZ nessuno avrebbe mai dovuto cucinare, non finché Cookie eravivo e in gamba, perlomeno, Stiles decise che non poteva restare in una stanza con Derek nemmeno un minuto di più. Non senza desiderare di guardarlo, o senza avere voglia di toccarlo, di passargli le dita tra i capelli, di...

"Io vado a letto" annunciò. "Buonanotte a tutti."
"Vuoi che ti accompagni?" si offrì con garbo l'uomo dei suoi sogni.
Non le era sfuggita la gomitata che Slim gli aveva rifilato tra le costole prima che gli proponesse la sua scorta.
"No, non è necessario, ti ringrazio. So badare a me stesso. E poi, Basil verrà con me... bero, cagnone?"

Il cane si alzò, e insieme, con passo stanco, si avviarono alla porta.
Fece uno sforzo enorme per non chiedersi dove Derek avrebbe passato quella notte. Dopotutto non sono fatti tuoi, gli sussurò la voce della sua coscienza.
Basil lo accompagnò fino a casa, starnutendo tra volte lungo la strada, e quando arrivarono alla porta bStiles si rese conto che quel bagno nel lago aveva fatto più male al cane che al padrone. Perciò, pur sapendo che lui non avrebbe approvato, decise di lasciar entrare il San Bernardo al calduccio.

E fu un clamoroso errore.
Una volta entrato, Basil si precipitò nella stanza di Derek, si aprì col muso la porta accostata e si sdraiò comodamente sul letto.
"Scendi subito da lì" ordinò lui con tono di rimprovero. Il suo piano segreto era di rendersi antipatico al padrone di casa, certamente, ma quella mossa era davvero troppo.

Senza curarsi affatto delle sue parole, il cane si rotolò sul copriletto assolutamente felice, col risultato che nella piccola stanza si sentì ancora più forte l'odore di pelo bagnato, alghe marce e acqua stagnante.
"Vieni giù, ti ho detto" piagnucolò, tirandolo per il collare inutilmente, e costatando suo malgrado che sessanta chili di ragazzo, per quanto forte e deciso, non potevano assolutamente competere con più di ottanta chili di cane testardo e capoccione.

Basil si sprofondò fra le coperte, comodo e soddisfatto.
"La tua fortuna è che Derek probabilmente non verrà, questa sera" brontolò, ma proprio mentre pronunciava quelle parole sentì la porta sul retro che si chiudeva con un scatto secco, e il rumore di un paio di stiavli sui gradini di legno della scala.

Un attimo dopo Derek apparve sulla porta e li guardò severamente, prima il cane, poi lui, con le braccia incrociate sul petto.
I suoi occhi erano scuri e misteriosi, il suo corpo bello come quello di un dio greco, e l'unica cosa che Stiles avrebbe voluto in quel momento era di gettarsi fra le sue braccia... esattamente come avrebbe fatto volentieri altre nove persone su dieci, se solo avessero potuto.

"Che cosa ci fa quel cane, nel mio letto?"
"Oh..." gli rispose con tono smielato, "sono stato io, a dirgli di salire. Ha un raffreddore terribile. Non è vero, povero tesoro?"
Per un attimo pensò che non sarebbe mai riuscito ad arrivare fino in fondo.

Persino a lui veniva da ridere, nel sentire il tono disgustamente dolce della propria voce.
Ma poi si voltò verso Derek, e notò la sua espressione furibonda.
"Sei stato tu, a far salire quel cane nel mio letto? Tu, a far si che si infilasse sotto le mie coperte?"
"Sta male" spiegò semplicemente, dopo aver riflettutto che era un ottimo metodo per evitare di dire una bugia, e al tempo stesso aumentare la sua collera.

"Stiles Stilinski, tu sei un vero disastro, una disgrazia in carne e ossa."
"Grazie, mi sembra che tu me l'abbia già detto, in passato.  Be', ti auguro una buonanotte. Non dimenticare che domattina dobbiamo alzarci presto, se vuoi che ti sistemi i capelli per le prossime foto."
"Io non voglio affatto che mi sistemi i capelli. Non voglio propriopche li tocchi, i miei capelli. Stanno benissimo così. Se mi pettini tu, chissà cosa combini, con tutte le tue schiume, e quelle lacche. Alla fine avrei una faccia da idiota, e mi sentirei anche peggio."

"Ma io ho in mente un'acconciatura così carinaaa" obiettò Stiles con voce tutta miele.
Perfino una donna avrebbe trovato a dir poco snervante quella specie di cantilena zuccherata.
Derek lo stava studiando attentamente, e lui capì che forse aveva esagerato la sua parte, e rischiava di farlo insospettire.

"Ecco una cosa che proprio non mi interessa, anzi di cui non mi importa un fico secco. Essere considerato carino" lo informò asciutto.
"Be', allora gli dei sono stati davvero malvagi, a regalarti una cosa che ti piace così poco, anzi ti dà fastidio."

"Tu, credi? E a te, che cosa hanno dato?"
"Stai scherzando? Tutto! Non molto da mangiare, a quanto pare. Denti da coniglio. Per non parlare di una massa di capelli sempre arruffati e di un colore che non si capisce cosa sia."
"Io non vedo niente del genere, quando ti guardo" gli disse dolcemente.

"No?"
"No. L'unica cosa che vedo quando ti guardo sono... i tuoi occhi."
Stiles sapeva che era una bugia, perché il suo sguardo puntava decisamente altrove.
Alle sue labbra, per dirla tutta.
"I.. miei... occhi?"gli fece eco confuso, balbettando.
"Hanno un colore davvero straordinario. Unico. Sembrano castani, per un osservatore poco attento, ma con minuscole pagliuzze dorate, per chi li guarda meglio."

Possibile che lui li avesse guardati così bene? Doveva stare attento a non tradirsi, a non lasciarsi andare, altrimenti avrebbe rovinato il suo piano, e perso tutto il terreno guadagnato con la sua recitazione esasperata.
Per fortuna Derek si riprese quasi subito. Distolse lo sguardo e si voltò, ordinando al cane di scendere immediatamente dal suo letto.

Per tutta risposta quello serrò gli occhi e fece finta di dormire della grossa. Ma non bastò a commuov ere il padrone, che lo prese in braccio e lo posò a terra, sul tappeto.
"Questo bestione puzza" commentò, osservando il suo letto disfatto. "Maledizione! Adesso puzzerà tutto di cane umido, comprese le coperte e le lenzuola!" Appoggiò il naso alla trapunta, e fece un passo indietro disgustato. "Ho capito" sospirò rassegnato, "stasera si dorme sul divano."

Basil sbadigliò, si stiracchiò, e risal' sul letto allegramente come se niente fosse.
Derek uscì dalla stanza a grandi passi, e quando Stiles attraverso il salotto in punta di piedi, qualche minuto dopo, lo vide disteso sul divano, avvolto in una vecchia, morbda coperta, come un grosso salame.
"Hai bisogno di niente?" gli domandò, la gentilezza personificata.

Perché si sentiva tanto in colpa?
Dopotutto non era micca stato lui, a dire a Basil si infilarsi dentro al letto. E per di più sapeva già che avrebbe passato la notte in bianco , a girarsi e rigirarsi nel suo letto, prigioniero delle sue emozioni, della sua confusione.

Non era giusto che lui, invece, si sentisse tranquillo e soddisfatto. No, per niente.
"In effetti" gli rispose dopo un po', interropendo le sue riflessioni, "c'è qualcosa di cuo avrei bisogno. Qualcosa che vorrei. Vorrei riavere indietro la mia vita."
"Anch'io" sussurrò Stiles chiudendosi la porta della camera alle spalle. "Anch'io."

Una vacanza insolita - SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora