É stato un piacere

480 49 5
                                    

Capitolo 5

- E' stato un piacere -

Camminiamo mentre lui mi stringe il polso, mi trascina letteralmente per il marciapiede mentre io terrorizzata cerco di capirci qualcosa, ma niente.

Ci sediamo al tavolino di un bar.

“Devi aver fame sei stata lì tutto il pomeriggio”

“Sì mi piace come suoni sei molto bravo”

“Grazie, anche tu canti bene”. Arrossisco e abbasso lo sguardo timidamente

“Che hai?”

“No niente” Sorrido.

“Sei italiana?”

“Sì lo sono, infatti non parlo Inglese molto bene, ma mi sembra che tu te la cavi. Di dove sei?”

“Mi chiamo Ni… ehm Nicholas, sono Irlandese -sorride, io mi perdo per un attimo nei suoi occhi, in quell’oceano profondissimo e blu che sono i suoi occhi, sto per piangere- sono qui ospite da mia zia, Ellen, lei abita qui”

“Ah capito, io mi chiamo Marta, piacere”

“Piacere di conoscerti, quanti anni hai?”

“Quindici te?"

“Venti, ma tra poco ventuno”

“Sì lo so il 13 di sett…-mi fermo un attimo a pensare.. sono un imbecille, mi sono rovinata con le mie stesse mani, lui non mi ha rivelato di essere Niall, indossa pure una sorta di parrucca sotto il berretto-  dicevo, il 13 di settembre anche Niall ne compie 21”

“Ah perciò sei una.... com’è che vi chiamate?”

Ok sta palesemente mentendo, ma perché? Decido di reggere il gioco. “Directioner. Tra tre giorni c’è il concerto a Milano”

“Emozionata?”

“Beh si.. giusto un po’, mi piacerebbe poterli incontrare, così, giusto per ringraziarli”

“Di cosa?”

“Loro sono, sono l’unica cosa di bella che ho, mi fanno sentire così… è difficile da spiegare, mi fanno star bene, sono sempre felice quando li ascolto, quando sono triste loro sono sempre lì per me, mi basta una sola nota e già tutto risplende, loro sono la musica per me, e la musica salva le persone, loro mi salvano”

I suoi occhi si sono illuminati, sorride mentre mi guarda

“Ti salvano da cosa di preciso?”, allunga le braccia e mi accarezza gli avambracci e i polsi, mi sento morire.

Ok ha sicuramente notato i miei tagli. “Babe you shouldn’t do this, look, you are so beautiful”

Inizio a piangere, lui mi prende la mano. “Tranquilla”.

Parliamo per circa un’ora finchè, in balia delle emozioni, non lo interrompo bruscamente: “Perché non me l’hai detto?”

“Volevo passare una giornata a fare cose da ragazzo normale, non pensavo mi riconoscessi, non pensavo che qualcuno si sarebbe fermato ad ascoltarmi. Non gridare, per favore”

“Certo, non griderò”

Si toglie la parrucca e il cappello, i miei occhi si illuminano d’immenso, immediatamente una guardia del corpo entra nel bar e lo trascina via, lui mi guarda e sembra dispiaciuto.“Mi dispiace, è stato un piacere”

Impietrita: “Anche per me”.

Where do broken hearts goDove le storie prendono vita. Scoprilo ora