Capitolo 8

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Sento una mano che sfiora il mio viso, di sicuro è un sogno perché sono rinchiusa in questa stanza da giorni ormai. Sento qualcosa che mi bagna il viso, come delle gocce. Lacrime.
Apro gli occhi e vedo mia madre che mi guarda mentre il suo viso è pieno di lacrime e mi sento sciogliere. Mi sento in colpa perché il suo viso è stanco e provato. Non dormirà da giorni, ha delle occhiaie enormi e scurissime.
<<Mamma perché piangi? Ti è successo qualcosa?>> domando alzandomi e le accarezzo piano il viso per paura di farle male. La vedo molto fragile come se bastasse un tocco per rompersi in mille pezzi.
<<Come stai? Scusami amore mio, non riesco mai a proteggerti. Tu sei rinchiusa qui dentro e io mi sento morire perché non posso fare niente per far sì che ciò cambi. Scusami.>> piange inconsolabilmente portandosi le mani su quel suo viso debole e affaticato. Quanto mi dispiace mamma! Penso.
<<Sto benissimo io qua mamma, non devi preoccuparti per me. Piuttosto come stai? Cerca di riposare. Come sei riuscita a entrare? Zeina che dice? Sta andando a scuola? Mangia? E Raja come sta?>>
<<Una domanda alla volta.>> mi proferisce facendo segno di fermarmi. Le sorrido chiedendole scusa e aspetto ansiosa le sue risposte, sperando che stiano tutte bene.
<<Mi ha aiutata Anisa a entrare, dandomi la chiave, ma non abbiamo molto tempo piccola mia. Zeina domanda sempre di te e sì, sta andando a scuola e mangia. Raja anche sta bene.>> mi racconta poi dei piccoli episodi successi in questo tempo. Precisamente dei guai che ha fatto la piccola Zeina e così ridiamo per tutto il tempo.
Non appena sentiamo la porta accanto chiudersi mia madre si alza dicendomi che è il segno di Anisa per uscire perché è tornato mio padre. Prima di andare mi dà un forte abbraccio e io mi ci perdo completamente dentro chiudendo gli occhi.
<<Piccola mia mi raccomando prega finché Allah possa ascoltare le tue preghiere.>> mi dice prima di sparire dietro la porta. Avrei voluto dirle che sto pregando, ma forse è impegnato in cose più importanti perché sembra che non mi ascolti.
Sposto la tenda per guardare il mio giardino, ma vedo di qualcosa di più importante, di più prezioso per me. Zeina. Corre insieme a Hashim. Mentre vedo alzare il visino mi nascondo dietro la tenda per non farmi vedere. Il cuore quasi mi esplode. Non posso farmi vedere altrimenti verrà qua e mio padre sicuramente la punirebbe.
Ritorno a guardare in giardino e vedo Hashim che guarda nella mia direzione e mi saluta con un piccolo gesto di testa. Gli sorrido e lui va via con la testa bassa.
Viene la cameriera nel portarmi il pranzo.
<<Mi scusi signorina, ma la piccola Zeina vi manda questa.>> si avvicina e caccia da dentro la manica della maglia qualcosa. Mi porge un figlio bianco piegato in tante parti così da poterlo nascondere e non farsi vedere da mio padre. Ha rischiato molto per me.
<<Mi chiamo Jelena e non signorina. Grazie.>> e mi avvento su di lei abbracciandola e continuando a ringraziarla. Si concede dicendo di non poter dileguarsi per non destare sospetti e va via.
Apro il figlio e non appena vedo il suo interno non riesco a trattenere le lacrime.
È un disegno di una bambina, lei, che tiene la mano a una donna, io, con le valigie in mano e una casa in lontananza. Siamo io e lei che andiamo lontano. Zeina non ho dimenticato la mia promessa, ti porterò via da qui un giorno. Penso con gli occhi un pò bagnati.
Aprono la porta. Entrano mio padre e mio fratello Adhan. Faccio qualche passo indietro perché confesso di avere un pò paura di come mi stanno guardando.
<<Ti sei arresa?>> domanda papà con un tono soddisfatto e sicuro di sé.
<<Io non mi sposo. Puoi tenermi rinchiusa qua dentro anche per tutta la vita, non cambierò idea.>> rispondo usando tutto l' odio e il risentimento cresciuto in questi giorni per lui.
<<Perché stai facendo diventare tutto così difficile? Non capisci che ti sposerai lo stesso o acconsenti o meno?>> domanda avanzando verso di me. Vorrei tanto indietreggiare, ma non posso, non voglio che percepisca il mio terrore. Lo guardo nei occhi senza distoglierlo dal suo che è minaccioso.
<<Io sono una bambina. Non voglio sposarmi e diventare già una mamma. Io voglio studiare, cosa che mi hai promesso anni fa papà. Bisogna mantenere le promesse, lo dicevi sempre. Soprattutto voglio sposare la persona che amo papà.>> dico tutto questo arrabbiata, sì arrabbiata con lui, con questa vita e con me che non riesco a fargli cambiare idea.
<<L'uomo che sposerai è un ottimo partito. Non potrai mai avere dei figli con lui. È sterile. La scuola ti ha fatta diventare così, perché la tua insegnante ti ha messo in testa queste stronzate sull'amore. Tu devi ubbidirmi e fare tutto ciò che ti dico.>> mi dà uno schiaffo in pieno viso facendomi perdere l'equilibrio e cadere a terra. Io voglio avere dei figli penso, non ora, ma voglio essere una madre. Mi alzo.
<<Io ora non voglio i figli, ma un domani sì. Voglio creare una famiglia papà. Non voglio sposarmi e soprattutto con un uomo sterile. Papà ti pre...>> mio fratello non mi dà il tempo di finire la frase che mi dà un pugno allo stomaco. Sento un dolore atroce, un dolore che mi fa piegare sulle ginocchia. Quasi non respiro.
<<Adhan...>> riesco solo a dire perché si avventa su di me come un animale selvaggio riempiendomi di schiaffi e pugni sul viso, sul tutto il corpo. Dove capita. Non so come faccia mio padre a guardare tutta questa scena con gli occhi peni di soddisfazione per suo figlio.
Sono a terra, con il sangue che mi esce dalla bocca e da un sopracciglio spaccato.
<<Tu non puoi infangare il nostro nome e il nostro onore. Farai ciò che diremo e senza opporti.>> dice alzandomi da terra con violenza.
<<Uccidimi se vuoi, ma non farò mai ciò che dite perché la vita è mia e non tua.>> lo guardò dritto negli occhi. Lui in tutta risposta sorride e mi sbatte con la schiena al muro. Io grido dal dolore mentre lui ride.
<<La tua vita? Tu non hai capito niente. Comandiamo noi la tua vita.>> mi dice mio padre avanzando verso di noi. Stavolta è lui a picchiarmi. Mi dà uno schiaffo facendomi battere con il viso sulla spalliera del letto. Mi esce il sangue sulla palpebra dell'occhio destro.
Mi trascina perso lo specchio tirandomi i capelli. Mi costringe a guardare la mia figura riflessa e dirmi che se non mi arrendo e ubbidirò a loro questo sarà solo un assaggio per ciò che mi faranno la prossima volta. Vorrei tanto rispondergli, ma non ho la forza di far uscire nemmeno un piccolo suono dalla mia bocca. Mio padre mi lascia facendomi cadere a terra come uno straccio.
Non appena escono dalla porta chiudendola a chiave cerco di alzarmi, ma non ci riesco.
Mi sveglio a terra accanto alla porta del bagno. Con tutta la forza mi alzo e piano faccio un bagno caldo per rilassarmi, ma inutilmente perché sento un dolore atroce su tutto il corpo. Metto i miei vestiti sporchi di sangue nella cesta e mi guardo allo specchio. Ho il labbro inferiore spaccato, le guance sono rosso fuoco e ho una ferita sull'occhio destro contornato da un colore viola. Vado verso il letto. Non riesco a sedermi dal dolore che provo alle costate, Sono stanchissima e ho sonno. Mi adagio sul letto e cercando di non pensare a niente e nessuno mi addormento.

Sono sveglia già da un pò guardando dalla finestra un uccellino che vola felice e libero, vola dove vuole senza che nessuno gli dica dove e come volare. Come vorrei tanto essere come quell'uccellino, lo invidio quasi, perché lui è libero mentre io sono prigioniera in questa stanza da più di una settimana, ormai.
<<Sì. Devo solo scappare da questa prigione ed essere libera.>> penso ad alta voce.
Prendo il disegno di Zeina mettendolo in tasca e facendo attenzione a non emettere nemmeno un minimo rumore esco dalla finestra.
Non riesco a correre, ma cammino con un passo abbastanza veloce. Mi guardo indietro sperando che mio padre e mio fratello non si accorgano di ciò che sto facendo. Mi ucciderebbero stavolta.
Mi fermo quando mi imbatto in qualcuno cadendo a terra. Non riesco ad aprire gli occhi per paura di vedere le due figure che in questo momento stanno torturando la mia mente è alimentando una paura assurda dentro me e stavolta mi uccideranno davvero.

Libera...di scegliere la mia vita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora