Come un Pittore.

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Difficile trovar parole molto serie, 
tenterò di disegnare 
come un pittore, 
farò in modo di arrivare dritto al cuore 
con la forza del colore.



 

Due linee incrociate scure e due puntini.

Una treccia e un paio di occhi chiari.

Peeta lavorava a capo chino, un lieve sorriso ad accarezzargli le labbra. La mano minuta, da ragazzino, muoveva il pennello da dolci sul foglio, mentre l’altra reggeva il piattino dei colori.

“Che stai disegnando?” chiese un’incuriosita Delly, sbirciando oltre la sua spalla. Il suo, di foglio, era pieno di scarabocchi a ricciolo e pallini multi-colore che chiazzavano la superficie bianca in maniera casuale. Non era un granché, ma era ugualmente soddisfatta della sua opera:  le piaceva appollaiarsi di fianco ai gradini della panetteria con qualche pennello vecchio e i coloranti scaduti che il signor Mellark di tanto in tanto regalava a lei e a Peeta per dipingere.

Il ragazzino le sorrise e si spostò leggermente verso destra, per permettere all’amica di guardare il suo disegno.

“Una bambina del Giacimento” rispose,  ripassando con il pennello le linee rosa del volto. Delly ricambiò il sorriso, con un insolito luccichio divertito nello sguardo: era evidente dall’espressione concentrata del coetaneo e dalla cura con cui si stava occupando di quel disegno che il soggetto delle sue pennellate non fosse una bambina qualunque.

“È bellissimo, Peeta” dichiarò ammirata, prima di spostare lo sguardo verso gli altri fogli lasciati ad asciugare poco distante dai due ragazzini. “Secondo me le piacerebbero molto” aggiunse, indicandoli. Peeta arrossì. Il suo sguardo tornò ad accarezzare  le trecce nere e gli occhi chiari a cui stava lavorando. Giocare a dipingere era da sempre uno dei suoi passatempi preferiti: riusciva a farlo anche a scuola o mentre aiutava i genitori in panetteria, le volte in cui non aveva né fogli, né disegni o colori a disposizione. In quei momenti, Peeta ritoccava a mente molte delle cose che andavano cambiate. Osservava assorto i clienti sporadici del Giacimento e li ritraeva come un pittore fa con  i suoi soggetti, dando lorosfumature diverse e colori più vivaci. Colorava le guance pallide dei  bambini che sbirciavano dentro il negozio dai vetri con aria affamata e tratteggiava sorrisi rosso porpora sui volti stanchi dei lavoratori. Erano  tutti più belli, così:  più felici. Di conseguenza, in quei momenti, si sentiva più allegro anche lui. Eppure con  lei quel trucchetto non riusciva. Lei, la bambina con le trecce e gli occhi grigi, non cambiava nei suoi ritratti pennellati a mente. I bronci non venivano  trasformati in risa e le trecce sfatte restavano tali così come le labbra screpolate e l’espressione  diffidente. Eppure per lui era bella anche così, nei suoi abiti un po’ corti e, qualche volta, sporchi di carbone sulle maniche o sull’orlo dei pantaloni. E quando schiudeva le labbra per cantare lo  era ancora di più, anche se Peeta non aveva ancora trovato i colori adatti per poter dipingere la sua voce.

“Tu cosa stai disegnando?” chiese con gentilezza, allungando il collo per osservare il disegno di Delly. L’amica non gli rispose: lo tirò per la manica e indicò con l’indice due persone che stavano attraversando il vicolo di fronte alla panetteria. Erano una donna e una bambina: la ragazzina era magra e dallo sguardo vigile, due trecce nere a incorniciarle il volto pallido. Mentre Peeta la osservava il suo cuore aveva incominciato a picchiettare con forza nel petto, come un pennello sulla tavolozza di un pittore.

“Perché non glielo porti?” chiese Delly incoraggiante, accennando al disegno. Peeta arrossì di nuovo. Spostò lo sguardo ad analizzare il suo ritratto, indugiando sui puntini grigi degli occhi e scosse il capo. Non era l’imbarazzo a trattenerlo:  voleva dare a Katniss un disegno perfetto, uno di quelli che fanno brillare gli occhi al solo guardarli. Voleva dipingere un sorriso sul volto della bambina con le trecce di carta, ma per farlo aveva prima bisogno che  fosse quella in carne e ossa a sorridergli. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 15, 2014 ⏰

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