Capitolo 1

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La luce dorata del tramonto, in quella giornata di fine estate, filtrava dall'ingresso della tenda illuminando in modo naturale il piccolo ambiente lavorativo della guaritrice del villaggio e ciò, le consentiva di svolgere le proprie incombenze senza alcuna fatica.

La voce di uno dei guerrieri di suo padre la destò dai suoi pensieri, interrompendo anche il suo operato. "Kadlin, tuo padre vuole vederti."

"Vado subito" rispose guardandolo con diffidenza.

Da quando Amundi le aveva fatto notare che il rispetto che le mostravano era dovuto solo a lui, non riusciva più a essere gentile come un tempo.

Chiuse il sacchetto con le erbe curative, lo ripose con ordine di fianco agli altri e uscì lentamente per raggiungerlo.

Non appena scorse in lontananza la dimora paterna, la quale fungeva anche da fulcro per la vita del villaggio, non riuscì a trattenere il sospiro carico di sconforto che proruppe dalle sue labbra. Come tutte le altre abitazioni era costruita con la struttura e le pareti in legno, il tetto in paglia ed era senza finestre per gestire meglio la temperatura interna ma, a differenza, era molto più grande.

La giovane, diciassette anni appena, fece scorrere lo sguardo lungo le pareti spoglie fino a raggiungere la copertura superiore dalla quale fuoriusciva il fumo del fuoco accesso, prima di trarre un profondo respiro e di muovere gli ultimi passi fino alla porta d'accesso.

Bussò alla barriera socchiusa e attesa con resa, il permesso di entrare.

"Avanti" la voce di Amundi suonò sicura e potente alle sue orecchie.

Kadlin emise un ulteriore sospiro rassegnato e, con passo risoluto, fece il suo ingresso.

L'ambiente era come di consueto poco illuminato, ma riuscì ugualmente a distinguere i lineamenti dell'uomo che era di fianco al padre. Se ne stava seduto accanto al devastatore dei boschi* con le braccia incrociate sul petto ampio e le gambe distese in avanti. A una prima scorsa lo trovò di aspetto piacevole, con il suo fisico muscoloso, i capelli scuri e i lineamenti del volto decisi, ma quando ne incrociò lo sguardo, provò un tale e profondo fastidio, che si sentì gelare. I suoi occhi erano grandi, scuri e la stavano fissando in un modo che non le piacque.

"Padre, desideravi vedermi?" chiese rivolgendosi al genitore.

"Kadlin, voglio presentarti Edgar Vonghettson, capo vik di Libon" disse indicando l'uomo con un cenno della mano.

La giovane tornò a guardare il nuovo arrivato e, facendo appello all'autocontrollo, si costrinse a chinare il capo e a parlare.

"È un piacere vederti nella terra di mio padre."

L'uomo fece scivolare lo sguardo sulla di lei figura constatando, che tutte le notizie riportate sulla bellezza della figlia di Amundi, in quel momento, gli sembravano menzognere. Non potevano esistere parole per descrivere la perfezione che ella incarnava.

"È un piacere per me essere stato accolto" dichiarò lui con un sorriso a mezza bocca, che pareva quasi una smorfia maliziosa.

Kadlin spostò ancora lo sguardo sul padre, perché quegli occhi insistenti la stavano svestendo con lascivia fin quasi a farle male.

Amundi si alzò dallo scranno e si volse a guardare Edgar "Come sai, ci sono altri uomini interessati a unirsi a questa sippe, pertanto non deciderò oggi chi sarà il fortunato."

A quelle parole, un brivido corse lungo il filo della schiena della giovane.

Allora è tutto vero! Presto sarò la moglie di qualcuno!

"Credo che valga la attesa" replicò l'uomo facendo scorrere nuovamente lo sguardo sulla ragazza. "Suggellare un accordo con te e unire le nostre famiglie è il mio più grande desiderio" ammise con onestà.

"Immagino" asserì Amundi, contrariato.

Era infastidito per il modo in cui quel guerriero aveva guardato la giovane, ma non poteva dire niente, perché in fin dei conti era a lui che serviva un supporto e un protettore per la figlia, quindi, deglutì e lo anticipò sull'uscio, invitandolo poi a seguirlo.

Kadlin rimase con il capo chino aspettando che uscissero e, una volta sola, si ritrovò ad accasciarsi sullo scranno occupato poco prima da suo padre.

Come potrò sposare un uomo che mi guarda in quel modo? Pensò con un nodo in gola e continuò a tormentarsi, per molto tempo ancora.

Il giorno seguente, mentre il Sole si nascondeva nel lontano orlo del mare per fare posto alla Luna, la giovane Amundottir si trovava a passeggiare sulla costa con la mente pervasa da innumerevoli riflessione, ed era talmente assorta, da non sentire il rumore dei passi alle di lei spalle.

"Sei davvero incantevole, Kadlin!" una voce potente la costrinse a voltarsi.

"Edgar, cosa ci fai qui?" domandò guardandolo in tralice.

"Ti ho vista e seguita, volevo parlare da solo con te" spiegò il capo vik avvicinandosi.

"Non c'è niente che non potesse aspettare" lo redarguì indietreggiando di un passo.

Quell'uomo le dava i brividi e il suo sguardo le dava la nausea.

"Non sei stanca di essere valutata come una pecora? Non vorresti avere un marito per poter vivere tranquilla nella sua casa?" chiese prendendole i polsi. "Io saprei renderti una sposa felice e potrei difendere Helgö dagli attuali oppressori."

"Sposerò la scelta di mio padre" mentì liberandosi da quelle mani, avide.

"Potresti indurlo a scegliere me" suggerì lui avvicinandosi ancora. Sperando di circuirla e spingerla tra le sue braccia, in modo da diventare il capo del villaggio tanto desiderato e marito di una donna desiderabile.

Con le nocche le sfiorò la pelle del viso e lei si sentì ribollire dalla rabbia.

Le regole le imponevano di rispettare quegli uomini, ma quello che le era dinanzi stava esagerando.

Con un movimento stizzito gli allontanò la mano.

"Non devi toccarmi finché non sarò tua moglie" lo redarguì furente.

L'uomo scoppiò in una fragorosa risata. "Oseresti sfidarmi, Kadlin?"

"Non mettermi alla prova."

"Dovrei temere le minacce di una ragazzina?"

"Tu stammi lontano e non avrai di che temere" ribatté a muso duro.

Invéro, egli non aveva esagerato con le parole, ma la tracotanza che le permeava era palese e non lasciava presagire buone intenzioni.

"Sono quanto di meglio ti potrà capitare, Kadlin, quindi, bada bene a quel che dici e non osare mai più parlarmi in quel modo. Ricorda, che si inizia un attacco, solo se si è capaci di fare l'affondo" ringhiò, abbandonando l'atteggiamento da lusingatore.

"Oh, Edgar, tu non sai di cosa sono capace" lo avvertì con occhi fiammeggianti. Senza dargli modo di replicare, piroettò su se stessa e ritornò a casa.


*Devastatore dei boschi: era come i Vichinghi chiamavano il fuoco. 

*Mio spazietto*
Carissime, un altro capitolo è andato. :-D
A presto!

Il coraggio VichingoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora