Capitolo 2

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La voce del padre suonò con potenza nella tenda ancor prima che varcasse la soglia. "Si può sapere cosa è successo con Edgar?"

"Si è permesso di toccarmi, padre" lo informò sollevando lo sguardo, fiera e orgogliosa come non mai. "Gli ho solo ricordato, che finché non sarò sua moglie, non può permettersi certe libertà."

"Mi sembra corretto", ammise l'uomo emettendo uno sbuffo d'aria, "e dimmi, la tua scelta è ricaduta su qualcuno di loro."

La giovane spostò lo sguardo da lui alle erbe. "No, padre, nessuno di loro fa per me."

"Non posso rimandare in eterno, Kadlin! Lo capisci che il tempo è tiranno per noi. Stanno continuando le avvisaglie, presto o tardi faranno breccia nelle nostre difese, arriveranno entro i nostri confini e verremo sconfitti. Ho già perso troppi uomini" imprecò corrugando la fronte.

"Datemi solo qualche giorno ancora e prometto che vi darò un nome" bisbigliò con supplica.

"Tre giorni", acconsentì con malumore, "ma sappi che se non la farai tu, la mia scelta cadrà su Edgar."

"Vi darò un nome" promise stringendo la mano a pugno. Non capiva perché non potessero fare un altro tipo di accordo e lasciarla libera di agire indisturbata. La verità era che odiava proprio l'idea di unirsi in matrimonio, perché non desiderava che un altro, all'infuori del padre, disponesse della sua persona.

"Bene" sospirò stancamente e, scostando i lembi della tenda, uscì da quel luogo che odorava di boschi.

Lei rimase ferma a fissare la sagoma del padre e, una volta sola, si rilassò un poco passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi.

Devo scegliere un marito e devo farlo in fretta!

"Kadlin, posso parlarti?" chiese uno dei tanti uomini venuti per lei.

"Certo" assentì mostrando un sorriso fugace.

Di quell'uomo dall'aspetto massiccio, non ricordava neanche il nome.

"Ho sentito tuo padre dire, che tra tre giorni dirà il nome della sua scelta" iniziò l'uomo mostrando il suo sorriso annerito e poco dentato.

"Ne sono stata informata" chiarì, senza fargli capire che spettasse solo a lei la scelta.

"Posso offrire molti guerrieri, il mio campo è il più vicino e posso governare su entrambi i villaggi facendone uno unico", spiegò avvicinandosi alla giovane, "sono la scelta più giusta."

"Non sta a me dirlo. Parlane con mio padre, lui saprà di sicuro valutarti" chiarì.

L'uomo fece scivolare lo sguardo sulla figura della giovane con evidente apprezzamento.

Perché devono guardarmi in questo modo? Pensò con indignazione. Detestava essere valutata come un qualsiasi prodotto.

"Hai ragione", soffiò fuori con voce melliflua, "vado subito da lui, in fin dei conti, l'importanza di queste nozze è l'accordo che lo precede" asserì con un altro sorriso obliquo, prima di andarsene.

"Li odio tutti!" sibilò battendo un piede a terra. "Mi sembra di soffocare qua dentro!"

Con passo spedito si diresse all'uscita, ma qualcosa di solido le impedì di farlo.

"Per gli Dei!" sibilò portandosi una mano sulla fonte.

"Scusa" sentì dire al muro umano.

La giovane aprì gli occhi e li fissò sull'intruso, ma dovette tirare indietro la testa per guardarlo negli occhi.

Era molto più alto degli altri uomini che aveva visto fino a quel momento.

"Chi sei?" chiese, non avendolo mai visto prima.

"Sono Alrik Edgarson capo vik di Birka" si presentò con un lieve cenno del capo.

Lei annuì.

Eccone un altro!

"Sto cercando il capo vik Amundi Ingridson, mi hanno detto che l'avrei trovato qui."

"Credo che stia intrattenendo dei colloqui", spiegò indietreggiando di un passo, "dovresti andare nella sua dimora."

"Mi sai dire dove si trova?" chiese ancora l'uomo.

"È la prima volta che vieni qui?" domandò sorpresa.

"Sì, sono venuto appena ho saputo che il vostro villaggio è sotto attacco" rispose lui indietreggiando e tornando all'aria aperta, ma le tenne un lembo alzato per farla passare.

Lei lo seguì e si lasciò andare in una risata sentita. "Sei il primo straniero che mi fa piacere incontrare" ammise sollevata.

Finalmente qualcuno non era interessato a lei.

L'uomo la guardò inarcando un sopracciglio color miele.

"Scusami, non mi sono neanche presentata, sono Kadlin Amunddottir" disse, cominciando a camminare in direzione dell'abitazione paterna.

Il villaggio di Helgö era in fermento, molto più del solito, guerrieri diversi dai suoi si aggiravano tra i carri del cibo e della paglia, mentre le donne rincorrevano i figli e gli uomini parlavano di terreni e conquiste.

"Sono i tuoi, quegli uomini?" gli chiese indicando i combattenti.

"Sì, sono venuto con l'intenzione di aiutare" spiegò con orgoglio.

"Seguimi, ti accompagno da mio padre" si offrì con sollecitudine.

Nei momenti che seguirono, Alrik si ritrovò a fissare quella strana fanciulla con particolare interesse. C'era qualcosa nel suo incedere che gli ricordava tanto quello dei suoi uomini, con l'unica differenza, che le linee del suo corpo era chiaramente femminili e quei capelli biondi, lasciati liberi di ondeggiare a ogni passo intorno ai fianchi, erano un forte invito per lo sguardo.

Quel delizioso oscillare cessò quando la giovane bussò alla porta in attesa del consenso, il quale, non tardò ad arrivare.

"Kadlin, stavamo proprio parlando di te" la informò il padre con un sorriso.

"Sembra che non facciate altro" replicò lei, seccata.

Non amava essere al centro di tutte quelle attenzioni.

"È difficile non farlo in questo frangente" precisò Edgar con decisione, mentre le riversava addosso i suoi pozzi neri.

"Chi è l'uomo alle tue spalle?" domandò il padre, intromettendosi in quella che sarebbe diventata una sicura discussione. "Un altro pretendente?"

"Per sua fortuna, no", rispose quasi orgogliosa di quello straniero, "lui è il capo vik Alrik Edgarson di Birka", lo informò spostandosi per lasciarlo passare, "ed è venuto per aiutarci."

"Birka, dici?" borbottò Amundi avvicinandosi per scrutarlo meglio. "Sì, somigli molto a tuo padre" confermò con un'espressione benevola.

"Sono contento che ti ricordi di lui" asserì Alrik sorridendo. "Il suo ultimo volere è stato quello di prestarti soccorso."

"Edgar era un grande uomo" ammise l'altro con reale rispetto, perché in quelle terre gelide, vittime di conflitti, sangue e tradimenti, si creavano anche dei legami veri, che non potevano essere sciolti in alcun modo.

Si volse a guardare gli astanti, che erano seduti prima al suo fianco e disse: "Vi prego di scusarmi, ma vorrei parlare un po' con il mio amico."

"Certo" concordò Edgar annuendo e fu il primo a uscire, seguito dagli altri che, accanto ad Alrik, apparivano bassi e minuti.

"Anche tu, Kadlin" aggiunse il padre vedendo che la figlia era rimasta ferma nel suo punto.

Lei annuì con irritazione.

Se erano amici come sosteneva, perché non voleva farle ascoltare cosa avevano da raccontarsi?

Con una rapida piroetta uscì dalla dimora e, quasi correndo, andò nella sua abitazione in cerca di quiete perché, nonostante tutto, dovette ammettere che purtroppo era costantemente furente.

*Mio spazietto*
Ciao fanciulle! Come vi sembra stia procedendo la storia? 
A presto!

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