Capitolo 6

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Jane ha convocato nel suo ufficio lo psicologo Dave Lottan e lo sta aspettando da ben dieci minuti.
John è impaziente per 'proprietà transitiva' dato che Jane è nervosa poiché pretende che tutti arrivino sempre in orario, odia i ritardatari. Lottan in generale non arriva in ritardo, ma questa volta ha avuto, diciamo, un contrattempo. In pratica ha avuto le emorroidi e ha cercato di fare il più presto possibile per arrivare in tempo all'appuntamento con la procuratrice, ma non ce l'ha fatta.
Lottan riesce a varcare la porta dell'ufficio solo una mezz'ora dopo l'orario previsto per l'incontro. Si prepara già alla ramanzina che le farà a breve Jane. Tutti sanno che lei odia chi arriva in ritardo. Infatti appena lo psicologo apre la porta dell'ufficio, Jane si alza in piedi e con voce irritata dice: "Alla buon'ora signor Lottan... è da mezz'ora che la aspettiamo e lei non si è nemmeno degnato di avvisare che sarebbe arrivato in ritardo. Questo è tempo perso e non giova mai dato che questo è un caso particolarmente ostico. Inoltre le ricordo che sono io a doverlo portare avanti e quindi mi serve tutto il più presto possibile. Non tollererò un altro suo ritardo o mi rivolgerò a un altro psicologo. Per questa volta le va bene perché è la prima che lei arriva in ritardo. Si ricordi le mie parole"
Poi Jane si siede e riprende il discorso: "Bene ora cominciamo... ho bisogno che lei tracci il profilo dell'assassino in modo più preciso rispetto al primo rapporto che lei ha stilato. Poi deve organizzare qualche seduta con il signor Deper e scrivere in un rapporto tutto, ma proprio tutto, ciò che lei ravvisa in lui. Soprattutto tratti della sua personalità che corrispondono con il profilo dell'omicida. È assolutamente necessario che lei faccia tutto nel migliore dei modi perché non voglio dover chiamare un altro psicologo per confermare ciò che lei ha scritto. Inoltre non faccia le cose di fretta, rifletta il giusto su ciò che metterà nei rapporti e faccia una descrizione dettagliata in entrambi i casi. Ha qualche obiezione in proposito?"
John è stato per tutto il tempo a fissare la faccia accaldata di Lottan. Sorride e guarda lo psicologo che cerca di riprendersi dalla corsa mattutina che non è abituato a fare. Lottan respira profondamente e inizia a parlare: "No, non ho problemi. Mi metto subito a stilare il rapporto e a prenotare gli incontri con il signor Deper. Quanti ne devo fare?"
"Ne faccia almeno cinque che durino ciascuno almeno due ore. Lo metta a confronto con diversi temi..."
Lottan la interrompe: "So come devo fare il mio lavoro signorina Deal, non si preoccupi"
Jane lo guarda male, oltre a odiare i ritardatari, non sopporta chi la interrompe. Mentre Lottan non può soffrire chi mette in discussione il suo lavoro o vuole insegnargli come si conduce la sua professione. Per questo è intervenuto. Così Jane prende la parola stizzita: "Bene. Allora si metta al lavoro che c'è molto da fare qua"
Lottan si alza dalla sedia situata davanti alla scrivania della procuratrice Jane Deal. Apre la porta dello studio e se ne va richiudendola dietro di sè.
Jane è parecchio infastidita, ma scuote la testa e ritorna ad occuparsi del caso. John invece esteriormente è rimasto impassibile per tutto il tempo, mentre interiormente si stava divertendo tantissimo a vedere la scena di Jane arrabbiata e lo psicologo scosso da ciò che gli veniva detto. Appena la porta viene chiusa John prende in mano il telefono fisso che si trova su un tavolino vicino alla scrivania. Esegue ciò che Jane gli ordina mentalmente. A volta ai colleghi sembrano telepatici, anche se non è ovviamente così. Più che altro loro si conoscono abbastanza bene, oltre al fatto che sono abituati ad avere la loro routine lavorativa, da prevedere ciò che l'altro voglia fare. Perciò John inizia a fare delle telefonate. Prima chiama le due amiche più intime della vittima. Si rendono entrambe disponibili per testimoniare e per un incontro con la procuratrice prima della loro apparizione al processo. Poi John telefona alla signora Deper. Lei risponde, ma alla richiesta di presentarsi in un'aula di tribunale tace. John pone un'altra volta la sua domanda il più dolcemente possibile. Angelica tenta di dire qualcosa: "N-non c-credo di r-riuscirci... n-non potrei m-mai t-testimoniare c-contro mio ma-ma-marito"
Poi si sente un respiro profondo, come se avesse corso per molto tempo. Angelica non ce la fa. E John lo capisce. Allora lascia stare e chiude la telefonata salutando la donna che si trova dall'altra parte della cornetta. Riferisce a Jane il risultato delle sue telefonate e lei si mette una mano tra i capelli dicendo che dovranno andare a parlare alla signora Deper di persona.

Anche un'altra persona ha preso in mano il telefono, questa volta però è il cellulare. Lo tiene spento da ore. Non ne ha bisogno, anche se se lo rigira tra le mani. Lo guarda per bene. Che oggetto futile. Pensa adesso. Tempo fa non sarebbe stato così.
Nella stanza c'è solo una lucina accessa davanti a un calendario su cui sono segnate delle date. A chi ha cerchiato quei numeri piace avere tutto organizzato. Tocca il foglio e con l'indice segna il contorno di quelle linee che aveva tracciato precedentemente con l'evidenziatore.
C'è un silenzio di tomba in quella stanza in cui c'è un letto, una sedia, un comodino e uno spazio per cucinare. Vive lì ormai, quella è diventata la sua dimora. Guarda nel vuoto e a volte sente la solitudine tutta attorno. Ed è come se si sentisse ancora il sangue addosso. Eppure ha lavato le mani parecchie volte. Ma niente, quella sensazione è rimasta. Anche se ormai non importa. Ormai è fatta. Ormai ha deciso. E porterà a termine il suo progetto. Non può e non vuole arrendersi. Non ora che tutto è appena iniziato.

Il giorno dopo John viene a prendere Jane in macchina perché devono andare insieme a casa della signora Deper. Quest'ultima si sente come se le fosse stato portato via tutto ciò che aveva: prima la figlia che amava e desiderava avere a fianco per più tempo, e poi il marito. Non poteva concepire che proprio lui fosse colpevole di un così efferato delitto. Lei non era neanche riuscita ad andare all'obitorio per riconoscere sua figlia, voleva ricordarla come era in vita e non da corpo morto violentemente deturpato. Evan invece non aveva fatto una piega quando, una volta andato all'obitorio, gli avevano descritto il modo in cui era stata uccisa sua figlia. Non si era impressionato. Era rimasto impassibile. Come in tutte le altre cose d'altronde. Non si scomponeva mai. Certe volte Angelica lo ammirava per la sua freddezza, altre volte invece le faceva paura. Era proprio questo suo essere di ghiaccio che le faceva dubitare dell'innocenza di suo marito. Anche durante i litigi tra lui e Leslie, i quali nell'ultimo periodo erano diventati più frequenti, rimaneva indifferente alle parole della figlia e non cambiava la sua idea. Era maledettamente testardo. E quest'ultima cosa aumentava i sospetti che aveva Angelica su suo marito. É solo che non poteva, non riusciva ad ammettere a se stessa che il suo Evan fosse colpevole.
Jane come al solito è vestita di tutto punto, anche perché lo richiede la sua professione, ma non solo, dato che si veste sempre in modo elegante. John la sta aspettando davanti alla porta. Non che lei sia in ritardo, anzi è lui a essere in anticipo. Ormai è diventata un'abitudine per lui. Appena si appoggia alla macchina, Jane apre la porta ed esce di casa. John sorride e si ripete mentalmente che fa bene ad arrivare sempre prima dell'orario prefissato da Jane. Come al solito è John ad aprirle la portiera e Jane gli sorride. Sono quelle piccole cose che costruiscono un rapporto duraturo, d'amicizia o d'amore dipende dalle due persone coinvolte. John accende il motore e partono. Sembra l'inizio di un lungo viaggio, uno di quelli che fanno le coppie quando non hanno figli. Ma non è propriamente così. La meta è una casa sì, ma quasi vuota.
Quando John e Jane arrivano sul posto bussano alla porta, quasi contemporaneamente. Si guardano e sorridono. Angelica apre poco e li vede. Sta per richiudere la porta, ma John la ferma. Angelica lo guarda a lungo. Lui percepisce la tristezza negli occhi di quella donna che, alla fine, decide di aprire.

Scusate se è da un pezzo che non aggiorno, ma ho avuto due settimane decisamente piene😅
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo e grazie a tutti quelli che leggono le mie storieee!!!

L'ultima VittimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora