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Quanto di più chiaro

[Marinette]





«Ti affiderei la mia stessa vita, l'ho già fatto. Questa volta però devi fidarti di me. So quel che dico».

E lei aveva acconsentito, per una volta senza fare storie. Glielo doveva, in fondo.

Si era già ritrovata in una situazione simile, la sera della battaglia, quando Chat le aveva proposto di avviarsi verso l'ospedale prima che i soccorsi arrivassero. Ovvio che Marinette fosse ancora della stessa opinione: non voleva far saltare sui tetti di tutta Parigi un ragazzo completamente cieco, con qualche ammaccatura di troppo e un abbastanza consistente peso morto a gravargli sulle spalle.

Tuttavia, aveva lasciato decidere lui. Non soltanto perché le mancavano le forze, ma soprattutto perché glielo doveva e la mente sembrava intenzionata a ripeterglielo all'infinito.

Perciò eccoli, un apparente duo molto mal assortito a spasso per la fortunatamente addormentata Ville Lumière.

Tikki, con la sua vocina appena percepibile, illustrava alla ragazza quale percorso avrebbero dovuto intraprendere per arrivare sin dal Maestro Fu; Marinette, a sua volta, dava indicazioni al giovane supereroe, comunicandogli quando fosse opportuno andar dritto, svoltare verso destra, verso sinistra, fermarsi.

Non si prospettava un viaggio facile, pareva ovvio a tutti men che meno a Nooroo, addormentato in una delle tasche della giacca che Marinette si era premurata d'indossare. Più e più volte erano costretti a fare pause non richiese, causa i pochi passanti a cui non potevano mostrarsi, la stanchezza, il dolore d'un tratto troppo persistente.

Fu proprio durante uno di quei momenti di stasi che la giovane iniziò ad illustrare al compagno quanto avesse scoperto, o meglio ipotizzato, riguardo gli ultimi avvenimenti.

Raccontò lui i fatti subito successivi alla perdita di coscienza, soffermandosi sulla trasformazione in Ladybug e sul kwami di Papillon. Quando tentò un accenno a Gabriel Agreste, tuttavia, Chat liquidò la questione, esprimendo l'intenzione di parlarne più ampiamente solo dopo essere arrivati dal Maestro. Marinette continuò il resoconto, convinta nel voler mantenere salda la voce come meglio potesse e nel riuscire a concentrarsi sugli indizi puramente logici che l'avevano portata alle conclusioni ancora ignote all'amico.

«Non avevo compreso», disse una volta ripreso il cammino, «come era possibile che, senza Tikki, fossi riuscita nella trasformazione. Non mi appariva chiaro nemmeno con quale criterio fossi tornata in vesti civili e neppure dove fosse finito il kwami subito dopo la trasformazione. Il mio cervello sembrava aver smesso di funzionare.

Lo stesso avrebbe dovuto essere per il corpo, eppure mi accorsi di non avvertire nulla più di una leggera debolezza. Ignorai la cosa: avevo intenzione riflettere meglio sulla questione in un secondo momento, con mente più lucida. La variante di colore del costume, però, assieme con la scomparsa di Nooroo, avevano fatto sì che avessi modo di ipotizzare quel che poi ritengo sia stato confermato. Nel momento in cui... Ecco, mentre io...».

Marinette tentennò, attardandosi nel ricordare cosa esattamente avesse fatto scattare in lei l'illuminazione. Lanciò un'occhiata al volto affaticato del ragazzo, soffermandosi sulle labbra schiuse.

Sarebbe stato il caso di confessare a Chat – proprio in quel momento, proprio in quel contesto – ciò che neanche lei era ancora riuscita ad accettare?

Quanto di più sbagliato [Miraculous Ladybug]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora